APPRENDIMENTO


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APPRENDIMENTO

G. Cerini

I più recenti apporti degli studi sull'apprendimento evidenziano almeno 4 caratteristiche dell'apprendimento scolastico: il suo essere interattivo (quindi "promosso" da una situazione di scambio sociale), situato (cioè collocato in un contesto fortemente connotato di segni culturali), costruttivo (perché il soggetto interviene attivamente) e strategico (e quindi "guidato" dalla capacità di regolare i processi, in un certo senso di farsi "carico" dell'apprendimento stesso). 

Sono aggettivi che i cognitivisti utilizzano a piene mani, anche per ricordarci gli obblighi della scuola che, per dettato "ministeriale", si definisce nei documenti ufficiali "ambiente di apprendimento e di relazione" e quindi di comunicazione. 

Le scienze cognitive ci richiamano dunque a qualificare l'ambientazione didattica degli apprendimenti, anche per tener conto delle nuove prospettive offerte dalle tecnologie multimediali. Come segnala D.Parisi, in un recente saggio su "Il Mulino", diventerà sempre più necessario per la scuola (ma esisterà ancora una scuola ?) misurarsi con le potenzialità dei nuovi linguaggi multimediali. 

La dimensione del visivo e del non verbale in genere, proprio in virtù dei nuovi supporti tecnologici, non è infatti più confinabile in una dimensione "infantile" della conoscenza. La multimedialità offre ormai la possibilità di rovesciare la logica verticale dei testi scritti, per entrare in una logica "orizzontale" che rimette nelle mani del fruitore (non più solo tale) le strategie di comprensione e interpretazione del testo, di costruzione dei significati e delle connessioni, con la possibilità di scegliersi il proprio metodo/canale di apprendimento (visivo, sonoro, scritto, ecc.) e di avvalersi a piene mani della plasticità virtuale del software informatico (ad esempio con il controllo di simulazioni grafiche, ecc.).

Le suggestioni delle nuove tecnologia e quelle delle scienze cognitive sembrano convergere verso la comune meta della metaconoscenza, cioè dell'apprendere ad apprendere. Ma cosa significa metaconoscenza ? Proviamo a tradurre il termine in "competenza". Possiamo ritenere che si è competenti quando si sa usare la risorsa apprendimento. Quando capisco che di fronte ad un problema posso ricorrere ad una pluralità di strategie, di memorie, di percezioni, di informazioni; quando ho la voglia, l'atteggiamento di curiosità, la spinta ad andare oltre. 

Alcuni bambini hanno questa competenza, altri no... In alcuni si manifesta una maggiore dipendenza dal campo percettivo, in altri si presentano dominanze differenziate (ovvero una pluralità di intelligenze); in taluni soggetti ci sono marcate difficoltà ad astrarre, a trattare flessibilmente i dati dell'esperienza, a pescare nella memoria, a combinare con creatività le immagini mentali.

La sfida di una buona scuola è quella di favorire una capacità metacognitiva di "monitoraggio della propria risorsa apprendimento", di trasferimento di conoscenze in nuove situazioni, di uso flessibile e "generalista" di abilità in contesti diversi. Questa sfida per essere vinta deve partire dalle piccole strategie quotidiane. Con i bambini in difficoltà occorre partire da loro, dalle parole che si ricordano ("non capivo le parole..."), dalle "loro" parole chiave, dalle loro sottolineature, dai loro esempi, dalle loro immagini, certamente per andare "oltre", ma valorizzando i loro saperi quotidiani. 

Si va oltre se si utilizzano molti esempi, quando si sollecitano paragoni, forme più ricche di linguaggio. Si può partire con piccole pratiche quotidiane: sottolineare, evidenziare, scalettare, prendere appunti, studiare con la matita in mano. E' vero che si scrive poco e male -come denunciano i 44 saggi nei loro documenti- e forse si dovrebbe scrivere di più. Ma non per scrivere lunghi testi, come il tema, ma scrivere più brevemente, un "mordi e fuggi" di performance diverse, caratterizzate dalla brevità, dalla rapidità della scrittura, dalla leggerezza come categoria calviniana.

In fondo un buon programma di metacognizione potrebbe essere racchiuso tutto nel solo indicatore "comprendere, produrre, rielaborare testi di vario genere", da interpretarsi però con un ricco supporto di appigli didattici, cioè di strategie di autoregolazione, con un insegnante attento osservatore dei processi cognitivi ed affettivi, degli stili di apprendimento. 

Le strategie metacognitive implicano la conoscenza di una zona dell'iceberg-apprendimento assai difficile da esplorare, anche per i grandi psicologi clinici. Noi, tra l'altro, non possiamo trasformare la scuola in una clinica della formazione. La metacognizione non è un "affare" che riguardi solo gli psicologi, o tutt'al più i pedagogisti (gli psicopedagogisti), ma coinvolge direttamente i "disciplinaristi". Gli approfondimenti più efficaci in materia ci provengono proprio da coloro che si avvicinano alle discipline con occhio "gnoseologico" (e non solo "epistemologico"), cioè da quegli studiosi che non mirano solo alla struttura concettuale della disciplina, ma la guardano come ad una possibile mappa di funzionamento della mente (e dunque alla disciplina come "veicolo", "medium" di conoscenze qualitative, procedurali, immaginative e non solo dichiarative).

Tutto questo ha una precisa ricaduta sul piano della qualità dell'ambiente didattico, della varietà delle mediazioni e dei mediatori didattici.

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