Burnout |
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BurnoutIl burnout è un disturbo conseguente allo stress accumulato a contatto professionale, protratto ed esagerato col pubblico (i clinici parlano di sindrome psichiatrica di burnot). Il termine: Il termine “burnout” è stato preso a prestito impropriamente dal linguaggio spicciolo inglese per definire un uomo “fuso”, “bruciato”, quasi fosse cotto dalle droghe, ma bisogna informare gli studenti e gli altri lettori che già negli anni sessanta, nell'era della industrializzazione, nelle fabbriche di automobili e dei tessuti e nell'edilizia e nella navigazione commerciale, alcuni docenti di psicologia dell'università di Torino cominciano, tra i primi in Europa, a studiare una nuova patologia psichica che colpisce gli operai, chiamata “morbilità psichica”, che comporta una sintomatologia da soggetto stanco, chiuso, turbato, intrattabile e lento nel rendimento, simile alla patologia che oggi definiamo burnout. Per informazione storica, bisogna dire che, i dirigenti delle grande industria meccanica, già negli anni 60, sono molto attenti a questi studi (assumono sperimentalmente come consulenti, tra l'altro, anche docenti di psicologia) e provvedono tempestivamente, a modo loro, ad arginare e combattere il diffondersi della patologia detta “morbilità psichica” migliorando l'ambiente lavorativo, ma soprattutto fornendo alcuni benefici alle famiglie degli operai, con borse di studio ai figli, vacanze nelle colonie estive, sconti sull'acquisto aziendale di beni di consumo, che servissero verosimilmente anche a creare un clima sociale di consenso e di accettazione della vita di fabbrica. Attualmente la comunità scientifica italiana, in generale si sofferma molto sulla posizione psicologica dell'individuo come soggetto dell'attività lavorativa e non trova prove certe per esprimersi su responsabilità esterne all'individuo, che sottendano un discorso di causa-effetto imperniato sulla responsabilità organizzativa del lavoro. Infatti sia quando si affronta l'analisi di un soggetto affetto dal morbo di burnout, sia quando se ne ricerca la terapia clinica, si tende oggi a scavare nel comportamento personale dell'individuo, più che a ricercare problematiche esterne, per accertare le cause scatenanti della patologia e per organizzare una terapia. Per queste ragioni, poco o niente può dirsi sulla rilevazione e sulla quantizzazione del danno psicologico del morbo di burnout attribuibile a terzi. Non a caso il burnout è generalmente definito “morbo”, assumendo la terminologia delle malattie endogene degenerative. Infine bisogna considerare che oggi lo stesso concetto di morbo di burnout e la sua allocazione nella nomenclatura delle patologie psicologiche e psichiatriche non è per niente pacifica: non tutti gli specialisti e non tutti i consessi scientifici concordano sulla relativa diagnosi/prognosi/terapia. Gli individui colpiti dalla sindrome di “burnout”, anche a prima vista, appaiono “cotti”, svogliati, stanchi, incapaci, logorati, frustrati, riottosi, intrattabili perché: 1. non sono capaci di smaltire gli stress dipendenti dal lavoro quotidiano col riposo ordinario; 2. presentano il danneggiamento di alcuni comportamenti vitali (risveglio, alimentazione, studio, lavoro, rapporti con il mondo esterno); 3. non hanno più la gioia, l'entusiasmo e le emozioni che li hanno portati a scegliere il proprio lavoro; 4. non gradiscono l'incontro con i colleghi di lavoro, con i dirigenti od i rappresentanti dell'organizzazione lavorativa, né con il pubblico; 5. sul posto di lavoro pretendono di svolgere arbitrariamente soltanto determinati ruoli e secondo tempi e ritmi auto determinati; 6. reagiscono in maniera sconcia, abnorme, minacciosa, se richiamati dai superiori; 7. nei confronti dei dipendenti o del pubblico agiscono in maniera inopportuna e spesso offensiva; 8. tentano di sfuggire agli obblighi lavorativi con assenze continue e protratte oltre il necessario; 9. non desiderano incontrare parenti ed amici; non coltivano le relazioni professionali e sociali; 10. non nutrono interessi per la lettura, lo spettacolo; non coltivano interessi scientifici, ludici, spirituali, artistici; 11. non curano la propria persona fisica (abbigliamento, alimentazione, estetica corporea, igiene respiratoria, prevenzione delle malattie), pertanto incorrono frequentemente in gravi alterazioni pressorie e comunque in disfunzioni organiche generali; 12. non curano il loro ambiente vitale (arredamento, giardinaggio, rivestimenti degli immobili); 13. non effettuano spostamenti, escursioni, viaggi; 14. non investono le risorse economiche; 15. si dichiarano distrutti dal lavoro, non adeguatamente apprezzati e sfruttati; 16. desiderano riparare gli errori con una superprestazione lavorativa (che rimane un sogno), e nei casi più gravi fantasticano cattiverie e ritorsioni, per cui soffrono anche di claustrofobia e di sensi di colpa. Sono individui a rischio burnout quelli che a fine giornata incontrano vistose difficoltà a smaltire attraverso il riposo ordinario gli stress dipendenti dal lavoro e ricorrono ormai sistematicamente ad alcol e sedativi per risolvere il disagio. Le categorie a maggiore rischio sono rappresentate da: 1. lavoratori subalterni addetti a compiti di lavoro generici, 2. operai alla catena di montaggio, 3. venditori ambulanti, 4. camerieri, 5. infermieri, 6. operatori ospedalieri, 7. operatori del volontariato, 8. ausiliari comunali, 9. ausiliari scolastici, 10. ausiliari del culto, 11. cassieri, 12. bigliettai, 13. autisti del trasporto pubblico, 14. istitutori, 15. educatori, 16. secondini, 17. vigili del fuoco, 18. docenti delle materne (scuola dell'infanzia), 19. docenti della secondaria di secondo grado. Per prevenire il morbo di burnout si consiglia di: 1. Calibrare/ridurre orario/ritmo/carico lavorativo; 2. adattarsi con prudenza al lavoro; 3. non affrontare con superficialità gli stress anche se legati agli svaghi; 4. non scegliersi un secondo lavoro od un passatempo con carichi di lavoro eccessivi e più stressanti del lavoro principale; 5. aiutare gli altri (alunni, clienti, pazienti, dipendenti,)ma comportandosi possibilmente “in maniera empatica” (senza iperattività emozionale e senza cedere a simpatie ed antipatie ); 6. attenzione agli 'entusiasmi, enfasi e deliri di onnipotenza che si spengono rovinosamente davanti al mancato apprezzamento da parte degli altri; 7. attenzione alla ricerca parossistica di un modello perfetto; 8. non abusare di fumo, alcool; 9. non usare droghe o psicofarmaci come automedicazione; 10. attenzione alle sfide per essere all'altezza del compito; 11. attenzione nel riporre le speranze di successo nell'astuzia, nel caso e nel gioco; 12. curare l'incontro con parenti ed amici; coltivare le relazioni professionali e sociali; 13. pensare, anche se limitatamente, alla lettura, all'arte, allo spettacolo, alle scienze, allo spirito; 14. curare nelle linee fondamentali l'aspetto e le funzioni fisiche (abbigliamento, alimentazione, estetica corporea, igiene respiratoria, prevenzione delle malattie), 15. curare, per esempio, un poco l' ambiente vitale (arredamento, giardinaggio, rivestimenti degli immobili); 16. riservare anche un po' di tempo ad eventuali spostamenti, escursioni, viaggi. --------------------------------------------------- Prof. Gennaro IASEVOLI, docente di Psicologia giuridica - Facoltà di Giurisprudenza - Università di Napoli - Parthenope. Visita il sito del Prof. Iasevoli (Voce gentilmente proposta dallo stesso Prof. Gennaro Iasevoli) |