I DISTURBI DEL CALCOLO


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I DISTURBI DEL CALCOLO

Lo sviluppo delle abilità di calcolo dai tre ai sei anni e i suoi disturbi.

di Roberto Iozzino

Affronteremo lo studio dello sviluppo delle abilità di calcolo cercando di posizionarci nell'ottica di un bambino che cresce; ci sforzeremo di percorrere con il bambino quella lunga strada che lo porta, in tre anni di storia naturale ad esser pronto all'ingresso nella scuola elementare. Il nostro tentativo è di cercare di riunificare le conoscenze, di sintetizzare ipotesi, ricerche e teorie a volte differenti tra di loro ma che hanno un unico "oggetto" di studio e di elaborazione.

Senza diminuire il rigore teorico dell'esposizione cercherò di fornire una "chiave interpretativa" direttamente fruibile dal lettore e rapidamente trasformabile in una griglia osservativa e in schede operative per l'intervento.In questo percorso ci faremo accompagnare da Marco, che è il nostro ipotetico bambino medio delle statistiche, quello cioè che interpreta e riassume la normalità. E' un bambino ovviamente inesistente ma che ci permetterà di capire meglio ciscun singolo bambino di ciascuna specifica classe della scuola materna.

Partiamo allora dal giorno in cui Marco, inaspettatamente, si è messo a contare, ha pronunciato le parole uno, due, tre, cinque. Come mai si è messo a contare, quale energia interiore lo ha spinto a sperimentarsi in questo modo? E' riuscito a dire tre numeri in fila, poi ha sbagliato. Ci riprova, sbaglia di nuovo e di nuovo riprova ed ancora sbaglia. La mamma o il papà gli ridiranno, soddisfatti, la serie corretta, uno, due, tre, quattro e cinque e gli faranno notare che ha dimenticato di dire il numero quattro. Marco ancora non riesce a far corrispondere a quei numeri degli oggetti, a fare una corrispondenza tra serie dei numeri naturali e caramelle che ha sul tavolo; sa se sono poche o tante, non sa quante sono.Come procederà nella sua scoperta del mondo dei numeri? Quando arriverà a padroneggiare la conta delle sue caramelle e ad accorgersi se suo fratello ne ha presa una?

I bambini molto piccoli sono in grado di discriminare piccoli numeri: se vengono addestrati a vedere per molte volte una figura con tre oggetti si mostreranno molto stupiti quando viene loro presentata una figura con solo due oggetti; sono stati cioè in grado di riconoscere il numero di oggetti presenti nella figura mostrata.Come fa il bambino ad emettere un giudizio di numerosità? Come fa Marco, che ormai ha tre anni a decidere che una quantità è diversa da un'altra?

Karen Wynn (1992), che ha studiato a lungo il problema, pensa che i bambini adoperino lo stesso meccanismo di alcune altre specie animali: nella mente di ogni individuo agisce un meccanismo a contatore che emette dei battiti ad intervalli costanti; i battiti così emessi vengono passati ad un accumulatore ogni volta che una nuova entità deve essere contata. La percezione della numerosità corrisponde alla numerazione alla quale è arrivato il contatore. Il meccanismo a contatore non ha nulla a che vedere con il nome del numero (uno, due, tre ...) il quale deve essere appreso e, in qualche modo, associato al contatore. E' necessario perciò un adeguato periodo di tempo per coordinare tra loro la rappresentazione del numero (sia essa verbale o grafica) e il contatore interno. Solo dopo aver fatto questo apprendimento il bambino sarà in grado di contare in modo automatico utilizzando l'output verbale. Ovviamente ancora non è in grado di utilizzare l'output grafico in quanto ancora non sa scrivere i numeri.Si noti che, fin'ora, abbiamo introdotto due elementi: un meccanismo a contatore interno, quasi innato, che mette dei battiti automatici, un sistema ad accumulatore che permette di utilizzare il contatore e un sistema di output che permette la comunicazione all'esterno del risultato dell'accumulatore; vedremo successivamente un modello neurposicologico che riprende e sistematizza in modo dettagliato gli elementi fin'ora introdotti.

Una volta appreso il conteggio automatico Marco, ormai ha superato i tre anni, deve poter contare degli oggetti, deve cioè sapere che ad ogni oggetto corrisponde uno step del suo contatore e deve far corrispondere una parola specifica relativa al suo sistema di conteggio (ad esempio uno, due o one, two ecc). Ora è in grado di eseguire questa difficile operazione per piccole quantità di oggetti (2 o 3); è un'operazione difficile che può fallire per molti motivi: anzitutto deve essere in grado, come abbiamo detto, di far funzionare il contatore e di associare correttamente le parole ad ogni battito dello stesso; deve poi saper distinguere gli oggetti, ad esempio delle caramelle, come individualità discrete e separabili; deve poi percepire che ad ogni parola corrisponde una sola caramella e deve ricordarsi visivamente le caramelle toccate per non toccarle due volte

L'osservazione dei bambini evidenzia la seguente tipologia di errori:

1) Non esegue correttamente la serie (ad es. dice 1, 2, 3, 5..)
2) Esegue più o meno correttamente la serie facendo una pseudoassociazione degli oggetti al contatore (recita la serie e fa finta di contare gli oggetti)
3) Salta le caramelle nel contarle per cui il risultato finale è inferiore al numero di caramelle
4) Non si ricorda le caramelle toccate per cui tocca due volte una stessa caramella; in questo caso il risultato del conteggio è superiore al numero delle caramelle.
Nei casi considerati l'aiuto didattico deve essere ovviamente diverso. Nel primo caso bisogna aiutare il formarsi del contatore con esercizi di conta con le filastrocche o con l'aiuto del battere le mani; negli altri casi si devono potenziare le abilità di associazione e quelle di discriminazione (ad esempio caramelle molto diverse per aiutare il ricordo, o molto distanziate per evitare la sovrapposizione) ecc. Sarebbe utile che alcuni insegnanti si prendessero il compito (con la tesina) di pensare e sperimentare esercizi per il potenziamento di queste abilità in modo da poter produrre delle schede operative da far circolare nelle scuole interessate.

Marco ormai è cresciuto; ora ha 4 anni ed è già in grado di fare dei semplici calcoli non verbali. Le ricerche ci dicono che i bambini di 4 anni sono in grado di eseguire con grande accuratezza compiti non verbali con piccole quantità di oggetti; sono in grado di capire e di eseguire semplici operazioni di addizione e sottrazione non verbale.

Per calcoli non verbali s'intende l'esecuzione di operazioni in cui la componente linguistica è quasi assente. Levine, Jordan e Huttenlocher, (1992) presentavano ai bambini una serie di oggetti che poi venivano coperti. Successivamente si aggiungevano o toglievano un certo numero di elementi facendoli vedere chiaramente al bambino, al quale, però, non veniva mostrato il risultato finale delle trasformazioni. Il compito del bambino consisteva nel ricostruire una fila che contenesse una quantità di oggetti pari a quelli della serie finale.Con questa metodologia si vede che il bambino riesce a eseguire semplici addizioni e sottrazioni ma ancora non riesce nei compiti verbali, nei compiti nei quali deve esprimere il risultato con il suo linguaggio e deve capire le istruzioni attraverso il codice linguistico.

A 5 anni, finalmente, Marco esegue semplici operazioni verbali; utilizza però solamente la strategia story problems, mentre per lui è ancora troppo difficile la strategia number facts.La strategia story problems è essenzialmente basata sulla rappresentazione verbale di storie con elementi aritmetici all'interno.

Esempi di questa strategia sono i seguenti: - Maria ha 4 caramelle; sua mamma gliene da ancora 2; quante caramelle ha in tutto Maria?- Carlo ha 5 caramelle e ne da 2 a Giorgio; quante caramelle rimangono a Carlo?Solo dopo i 5-6 anni Marco sarà in grado di risolvere con un buon grado di correttezza i compiti number facts, cioè i compiti del tipo: Quanto fa 3+2?Apparentemente le strategie del tipo "story problems" sembrano più difficili di quelle "number facts". Ciò è valido con i bambini più grandi, con problemi di apprendimento secondari a ritardo del linguaggio o problemi legati alla comprensione del testo o alla limitata capacità della memoria fonologica. Capire le storie ed eseguire delle trasformazioni sulle storie presentate significa padroneggiare il meccanismo aritmetico mentre, a volte, le abilità di calcolo di tipo semplice possono essere insegnate, apprese ed eseguite in modo meccanico, come nei bambini con ridotte prestazioni intellettive.

Le ricerche ci dimostrano che le abilità matematiche di base non dipendono, non sono sensibili al livello socioculturale di riferimento; vari studiosi hanno evidenziato che i bambini appartenenti a classi sociali disagiate sono in grado di eseguire con successo i calcoli di tipo non verbale così come i loro coetanei di classi sociali superiori ma evidenziano difficoltà nell'eseguire operazioni di tipo verbale. Le abilità linguistiche, quindi, incidono molto precocemente sulle abilità di calcolo di tipo convenzionale (quindi verbale) ma non influenzano le abilità logico-matematiche nel suo complesso. Di questo bisogna tener conto nei bambini con ritardo delle acquisizione del linguaggio: con essi si devono potenziare gli elementi di calcolo non verbale in attesa del miglioramente delle abilità linguistiche complessive.

Marco è arrivato a 5/6 anni e ormai sta per entrare nella scuola elementare. E' un bambino italiano e sviluppa le sue abilità matematiche come gli altri bambini italiani; se fosse stato un bambino giapponese probabilmente sarebbe stato più bravo nelle abilità di calcolo perchè i bambini giapponesi fanno più esercizi di calcolo rispetto ai bambini italiani, dato che in Giappone si tiene molto di più alla matematica che non alla lingua. Inoltre il giapponese ha parole regolari e sistematiche per i numeri dal 10 al 20 (ad esempio 11 si dice dieci-uno, 12 si dice dieci-due ecc.) e i in giappone è permesso e privilegiato l'uso dell'abaco con la sualogica che si basa su un modello di conteggio che privilegia i raggruppamenti e può facilitare il calcolo mentale.

Abbiamo detto che Marco è in grado di fare semplici operazioni non verbali e, a partire dai 5 anni, semplici operazioni verbali; ma come effettua i suoi calcoli mentali? Quali sistemi usa?

Carpenter e Moser (1982) hanno individuato le strategie usate dai bambini prima dell'ingresso a scuola. Videoregistrando durante alcune sedute fatte con i bambini hanno trovato tre strategie:

1) strategie basate sull'uso delle dita o di oggetti;
2) strategie basate sull'uso di sequenze di conteggio;
3) strategie basate sul recupero in memoria del risultato.
Nella prima rientra la strategia chiamata "conteggio totale con il modello"; le dita o gli oggetti vengono usati per rappresentare visivamente gli addendi.Per le strategie basate sull'uso di sequenze di conteggio la più facile è quella di conteggio totale a partire dal primo addendo: si conta sulle dita a partire dal primo addendo e si aggiunge successivamente il secondo addendo.Successivamente, a partire dalla fine del primo anno di scuola i bambini possono tentare di recuperare in memoria direttamente la risposta; se non riecono nel recupero, allora usano la strategia del counting on, cioè quella di contare in avanti a partire da un determinato numero.

A questo livello il bambino ancora non è in grado di fare la trasformazione automatica dell'addendo maggiore: contano a partire dal primo addendo indifferentemente se il rpimo termine è maggiore o minore del secondo. Ad esempio se devono fare 3 + 8 contano a partire da tre e vanno avanti per otto posizioni nella scala dei numeri naturali.Solo alla fine del primo anno di scuola elementare e spesso dietro un insegnamento formale sono in grado di effettuare l'inversione e contare a partire dall'addendo maggiore.

A 5/6 anni ancora è molto difficile il conteggio regressivo entro il 10; sanno effettuare delle semplici sottrazioni mentali basandosi su una strategia non verbale o anche su una strategia verbale del tipo story problems ma ancora non riescono nel conteggio regressivo: non sono ancora in grado di avere una rappresentazione mentale della retta dei numeri e non sono in grado di controllare contemporaneamente tutte le numerose variabili in gioco.Già sono in grado di recuperare in memoria i risultati di alcune semplici operazioni e, se sono abbastanza sicuri, di fronte a un problema di calcolo cercano prima il recupero della risposta dalla memoria e successivamente, quando fallisce il recupero nel senso che non sono abbastanza certi di dare la risposta giusta, applicano la procedura del conteggio secondo i modeli già descritti.Il recupero in memoria dei risultati è già abbastanza efficiente; sono in grado di recuperare anche una combinazione di risultati memorizzati per giungere alla soluzione; recuperano facilmente i raddoppi e possono usarli per risolvere problemi del tipo 5+7=12 in quanto 6+6=12.

Marco ora, alla fine della prima elementare, comincia a cimentarsi con le operazioni mentali più complesse e proseguirà la sua evoluzione del pensiero matematico in modo lineare e coerente, se le condizioni scolastiche e le sue esperienze emotive glielo permetteranno.A questo punto dobbiamo cercare di esaminare alcuni altri aspetti dell'apprendimento della matematica e vedere come alcuni ricercatori hanno elaborato dei modelli che sono in grado di spiegare le abilità di calcolo e i suoi disturbi.

Un aspetto importante, ancora non esaminato in dettaglio riguarda un modello neuropsicologico che prende in esame varie componenti del "sistema di calcolo". Sappiamo che possiamo rappresentare i numeri in modo diverso: numeri arabi (1, 2, 3 ecc.), numeri romani (I, II, III ecc.), numeri scritti in lingua (uno, due, tre ecc), numeri percepiti attraverso l'udito e così via. Sappiamo che possiamo produrre il risultato delle operazioni mentali attraverso gli stessi sistemi di codificazione che abbiamo appena descritto. Sappiamo, inoltre, che non è la stessa cosa leggere i numeri se questi sono scritti in lettere o se invece sono scritti con le cifre; non è nemmeno la stessa cosa scriverli in lettere o in cifre. Abbiamo anche detto che alcuni sistemi di transcodifica dei numeri sono diversi da cultura a cultura: in giapponese 11, 12, 13 si dicono dieci-uno, dieci-due, dieci-tre; in francese 80 si dice quatre-vent, 81 si dice quatre-vent-une ecc. Ogni sistema di transcodifica presuppone (o genera) un sistema mentale di elaborazione dei numeri che a volte può essere diverso.

McCloskey ha cercato di spiegare tutto questo attraverso l'elaborazione di un modello modulare sui meccanismi del calcolo. Il modello presuppone tre sottosistemi: il sistema della comprensione, il sistema del calcolo e il sistema della produzione.Il sistema di comprensione prevede un modulo per la comprensione verbale, un modulo per la comprensione dello scritto con sottomoduli per la comprensione delle cifre arabiche, del testo o dei numeri romani.Il sistema di produzione è analogo al sistema di comprensione con l'ovvia differenza che la comprensione verbale diventa produzione verbale e la lettura diventa scrittura.Il sistema di calcolo prevede la memorizzazione delle operazioni, cioè un sistema per il recupero in memoria dei risultati dei calcoli, nel caso sia possibile e l'applicazione delle procedure di calcolo precedentemente apprese.Le conoscenze delle procedure di calcolo prendono il nome di "conoscenze procedurali" mentre le conoscenze che si recuperano direttamente in memoria sono le "conoscenze dichiarative". I bambini usano sia le conoscenze dichiarative che quelle procedurali per arrivare a rispondere correttamente ad un quesito di calcolo.Fin'ora ci siamo interessati del calcolo in senso stretto; ma per eseguire delle semplici operazione è necessaro che il bambino capisca cosa gli viene chiesto e traduca quanto richiesto in una rappresentazione semantica con la quale deve essere in grado di applicare le procedure descritte. Una volta applicate le procedure e trovato il risultato il bambino deve essere in grado di trasformare quanto prodotto in un output fatto in modo che possa essere interpretato dagli altri ai quali viene comunicato.McCloskey ha ipotizzato un modello neuropsicologico che tiene conto di quanto detto: nel suo modello il sistema per la comprensione dei fatti numerici è deputato a tradurre l'input in una rappresentazione semantica astratta la quale viene poi di nuovo tradotta, dal sistema per la produzione in un output direttamente interpretabile da tutti

 


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