La nuova didattica multimediale
Roma, 29/02/96
Intervista a Roberto Maragliano
INTERVISTA
Domanda 1
Chiediamo al professor Maragliano cosa si intende per multimedialità?
Risposta
Ma, si intendono diverse cose, e io credo che bisogna stare attenti a
non operare una sorta di corto circuito tra multimedialità e computer,
perché questo sarebbe molto penalizzante per quanto riguarda l'aspetto
culturale. Esiste una multimedialità che deve essere assolutamente
pensata, che deve essere valutata, che deve essere apprezzata, che ha
a che fare con l'incrocio tra i diversi media che veicolano variamente
dei messaggi. Se io penso all'edicola, vi trovo una gran quantità
di prodotti "misti", dove il fascicolo si associa alla videocassetta,
il giornale si associa all'audio cassetta o al "floppy disk":
questa è una multimedialità di tipo fisico. E' importante
pensare questa multimedialità perché bisogna rendersi conto
che l'utente non ha dei percorsi d'uso definiti dei vari mezzi. Non avviene
come dentro un ambiente monomediale, ad esempio il libro, dove già
esiste un'indicazione di percorso, c'è una struttura di tipo lineare.
Lì invece non c'è una struttura di tipo lineare. L'utente
può iniziare da un mezzo, proseguire con un altro, incrociare elementi
con elementi dell'altro. Praticamente l'utente sta al centro delle operazioni
di uso, è il regista dell'uso. Solo se si parte da questa idea
più ampia di multimedialità, entro la quale confluiscono
gli incroci tra i diversi linguaggi, tra i diversi temi, tra i diversi
media, allora si può capire cosa potrà essere e che cosa
in parte è la multimedialità di tipo elettronico, quella
veicolata dai computer, quella che troviamo nei CD ROM o, talvolta e con
qualche difficoltà, in Internet. E' appunto un incrocio tra diversi
linguaggi, tra diversi media in senso culturale. La natura di questo incrocio
è ancora tutta da valutare, ancora tutta da pensare. Noi abbiamo
una deformazione di tipo gutenbergiano, basata appunto sulla nostra formazione
libresca, che ci porta a proiettare quel tipo di struttura e di conoscenza,
nell'ambiente multimediale. Così facendo sbagliamo, perché
l'ambiente multimediale va pensato con categorie diverse da quelle tradizionali.
Uno dei rischi che si corre a questo proposito è quello di trasferire
la logica del libro, la logica della conoscenza, basata sui meccanismi
della lingua scritta, una logica di tipo analitico, di tipo sistematico,
di tipo lineare, dentro il contesto multimediale. Allora faremmo veramente
un grande pasticcio. Di fatto molti lo stanno facendo e sono gli stessi
che si sforzano di non capire cosa sia la televisione. Io credo che sia
molto importante arrivare alla multimedialità avendo comunque provvisoriamente
risolto il problema di cosa sia la televisione. Disgraziatamente questo
è un problema aperto proprio per il fatto che molti ci proiettano
dentro l'impianto della propria cultura libresca. La televisione è
qualche cosa di completamente diverso da un libro. Per essere apprezzata,
per essere conosciuta, per essere usata, ha bisogno di categorie, di forme
di partecipazione completamente diverse da quelle della comunicazione
scritta. Solo se si riesce a superare questo scoglio, che è ancora
enorme, io credo che si possa arrivare positivamente a valutare nelle
sue immense potenzialità la multimedialità. In altri termini,
credo che non si possa assolutamente passare dal libro alla multimedialità:
in mezzo c'è l'audiovisivo, ossia una cultura la cui fattura, la
cui articolazione, la cui forma è completamente diversa da quella
esclusivamente visiva del libro.
Domanda 2
Cosa offrono attualmente i supporti multimediali all'insegnamento?
Risposta
Provocatoriamente posso affermare che offrono l'occasione affinché
la scuola possa ridefinire il suo impianto culturale, la sua forma di
insegnamento, le sue modalità di interazione. La multimedialità
non è semplicemente un nuovo supporto entro il quale far veicolare
i vecchi contenuti di conoscenza. E' qualche cosa di più, è
qualche cosa di radicalmente diverso: è la revisione di questi
contenuti, la revisione di questi impianti; è la mobilitazione
di energie e di creatività in direzioni assolutamente nuove per
la scuola. Ne risulta allora l'esigenza, per una scuola che effettivamente
voglia prendere sul serio la multimedialità, di ripensare la propria
identità, ridefinendo i propri ambiti di sapere e il proprio rapporto
con i giovani.
Domanda 3
Con l'uso del PC, come cambia l'apprendimento per i bambini e, comunque,
l'apprendimento in genere?
Risposta
Cambia in direzioni che ancora non conosciamo, ma che sono comunque reali,
che sono certamente molto importanti e che attendono ancora una adeguata
valutazione. Cambia il rapporto diretto che si stabilisce con la fonte
di conoscenza: c'è un incremento di fisiologia e di psicologia
nell'apprendimento multimediale, cioè partecipa tutto il corpo.
Il corpo stesso, e non solo l'intelligenza e la mente, diventa un soggetto
di apprendimento. C'è un elemento manuale, caratteristico della
interattività, che non va per nulla trascurato; c'è una
dimensione di immersione, con tutto ciò che questo comporta al
livello di proiezioni, processi di identificazione, che aprono all'universo
e dell'affettività dell'apprendimento, secondo modalità
decisamente nuove.
Domanda 4
Alcuni dei profeti della rivoluzione informatica ed elettronica parlano
del bambino di fronte al computer addirittura come insegnante rispetto
all'adulto, perché le sue strutture mentali lo rendono naturalmente
più capace di apprendere il funzionamento del medium elettronico.
E' vero tutto questo e cosa comporta per l'insegnante e per il bambino?
Risposta
E' assolutamente vero. Il bambino, oggi in particolare, è un essere
naturalmente multimediale, cioè che si serve di tutti gli elementi,
di tutti gli strumenti, per entrare in rapporto con il mondo e con se
stesso. Non è ancora un adulto, vincolato dal controllo tipico
della comunicazione scritta. E' appunto un essere in formazione, che accoglie
tutti gli elementi utili a lui per porsi in rapporto con il mondo. Ecco,
questa ottica bambina, questo essere multimediali in modo naturale è
una caratteristica che non bisogna assolutamente reprimere o trascurare;
al contrario, è un qualcosa che va assolutamente coltivato e, a
mio avviso, deve diventare anche una caratteristica del nuovo docente.
Cioè il nuovo docente, per mantenere la sua identità di
adulto che forma, deve comunque diventare bambino, cioè deve comunque
trovare il modo di entrare in sintonia con questo essere multimediale,
diventando anch'egli un essere multimediale. Solo facendosi bambino, e
quindi entrando in comunicazione con quel bambino storico, può
mantenere e sviluppare la sua identità di adulto che forma.
Domanda 5
E chi ha formato questi docenti, per poter insegnare ai bambini di
oggi?
Risposta
Li dovrebbe formare l'università. E' un po' difficile che questo
avvenga, perché viviamo in un Paese dove i sacri principi vengono
fissati una volta per tutte e poi difficilmente vengono attuati. Ancora
oggi buona parte della formazione degli insegnanti non avviene nell'università
e quanto avviene dentro l'università non ha una caratterizzazione
professionale, ma una caratterizzazione culturale. Facciamo finta che,
a breve, si risolva questo problema. Non avremmo superato l'aspetto strategico,
ossia come formare i nuovi docenti senza investire nel profondo l'identità
dell'università: anch'essa dovrà trasformarsi, dovrà
modificare i suoi assetti, ridefinire l'enciclopedia delle sue conoscenze,
le articolazioni dei suoi saperi, per entrare in un logica più
fluida, più aperta al nuovo.
Domanda 6
A cosa porterà l'introduzione dell'informatica nella didattica?
Siamo preparati a questo cambiamento?
Risposta
Attenzione, io non parlerei tanto di introduzione dell'informatica dentro
la didattica. Io parlerei invece dell'introduzione delle macchine, dei
computer, anche del televisore dentro la didattica. Bisogna considerare
queste macchine non come strumenti più o meno neutri finalizzati
a trasmettere blocchi di conoscenze, ma come ambienti generali entro i
quali organizzare le forme della conoscenza. Una scelta di questo tipo
comporterebbe una trasformazione radicale dell'identità della scuola
e quindi anche dell'identità dei saperi scolastici. Risulta infatti
evidente che lavorare dentro il computer, giocare dentro il computer,
significa cambiare la cifra dell'insegnamento e dell'apprendimento, vuol
dire accettare che ci possa essere una modalità di piacere nell'apprendimento.
Noi veniamo da una tradizione pedagogica che invece associa apprendimento
a punizione, a pena, a disagio, a sforzo. Al contrario, tutto l'apprendimento
che avviene entro la multimedialità, è un apprendimento
che si avvantaggia della risorsa, della compartecipazione, del piacere,
della piacevolezza. Già questo scompaginerebbe l'articolazione
pedagogica, didattica della scuola. Ma poi ulteriori effetti si avrebbero
nell'organizzazione delle conoscenze. Quando io opero dentro il computer,
attraverso e incrocio tutte le forme di conoscenza. C'è un elemento
tecnico che è comunque importante dominare; ma, nel momento stesso
in cui tocco una tematica, mettiamo di tipo geografico, la tocco secondo
dimensioni che mettono in gioco anche altri aspetti, caratteristiche che
riguardano il sonoro, il visivo, le dimensioni musicali, le dimensioni
della scrittura. Cioè in un CD ROM, anche se tematico, io trovo
un incrocio di tutti questi aspetti. Allora questo vuol dire che se porto
quel CD ROM dentro la scuola e lo utilizzo come ambiente per l'apprendimento,
in quel momento non faccio più soltanto quella materia, ma metto
in gioco tutte le forme di conoscenza.
Domanda 7
Di che natura sono le resistenze a questo cambiamento?
Risposta
Ovviamente ci sono moltissime resistenze. Ci sono molte argomentate posizioni
contrarie all'introduzione del computer nella scuola, resistenze che hanno
a che fare, con argomentazioni di tipo economico, di tipo professionale,
di tipo culturale. Quelle economiche e quelle professionali, tecniche,
credo che siano delle false argomentazioni, cioè problemi che possono
- in linea di principio - essere risolti. Il vero argomento contrario
è quello culturale, cioè la paura che la scuola, accogliendo
questa realtà, poco conosciuta e così inquietante, debba
mettersi in gioco, debba trasformarsi, debba trasfigurarsi. Questa paura
è assolutamente giustificata. Però se questa paura diventa
un blocco che impedisce la trasformazione, allora non ci sono possibilità
di uscita: tanto vale tenerci la scuola come è oggi. Se, invece,
siamo desiderosi di cambiare e vogliamo effettivamente trasformare l'identità
della scuola, non possiamo non metterci in gioco e non mettere dentro
il gioco appunto il contributo che viene dai media.
Domanda 8
Si stanno diffondendo alcune scuole per insegnare ai bambini l'uso
del PC. La scuola pubblica perderà anche questa sfida?
Risposta
Io credo che non sia corretto parlare di insegnamento del computer. E'
più corretto invece parlare di formazione, di insegnamento, di
apprendimento, dentro l'ambiente computer. Il computer per un bambino
è un essere, cioè non è una macchina; è un
qualche cosa di intermedio tra una macchina e un animale, cioè
tra una realtà tecnologica e una realtà biologica. Cosa
c'è in mezzo tra la meccanica e la biologia? C'è appunto
la psicologia. Non a caso i bambini e i veri utenti di computer considerano
il computer un altro io, cioè un altro soggetto, un interlocutore,
un individuo che ha tutte le bizze, tutte le caratteristiche, tutti i
tratti di un altro individuo, di un altro essere. Allora questo vuol dire
che lavorare con il computer, vuol dire entrare in una logica di dialogo,
appunto di interazione. La scuola pubblica è in grado di accogliere
questa provocazione, questo impulso alla trasformazione? In linea di principio,
sì; poi è evidente che occorrono delle coraggiose scelte
di ordine politico, delle coraggiose scelte di ordine economico, e tutta
una serie di condizioni di tipo legislativo, non ultima l'autonomia di
tutti gli elementi che possono creare una base per un positivo accoglimento
di questi elementi di novità.
Domanda 9
Come si presenta la situazione dal punto di vista legislativo?
Risposta
A livello legislativo siamo abbastanza indietro. Siamo abbastanza indietro
perché abbiamo ancora una mentalità burocratica, cioè
il considerare la scuola come un ufficio regolamentato da una serie di
misure che vengono definite centralisticamente. Entrare invece in una
diversa impostazione e pensare alla scuola come luogo autonomo di elaborazione
e trasmissione della conoscenza, dell'esperienza, del sapere, vuol dire
appunto ridefinire, anche legislativamente, l'impianto della scuola. Vuol
dire pensare a delle leggi estremamente sintetiche che diano degli indirizzi
generali, ma che poi lascino libertà, alle singole situazioni,
di muoversi, di esplorare, di avere rapporti diretti col mondo circostante.
Mi auguro che presto si arrivi a una filosofia legislativa di questo tipo,
abbandonando una tradizione, tipicamente ottocentesca, della assoluta
regolamentazione di tutti i tratti e di tutti gli elementi di funzionamento
della scuola.
Domanda 10
Internet, i CD ROM, la didattica a distanza via TV: tutto questo sta
portando alla "fine del maestro reale" e alla "comparsa
del maestro virtuale": questo, ad esempio, comporta la perdita di
tutti i tratti paralinguistici: gesti, distanza, tono della voce, della
comunicazione. Cosa c'è di positivo e cosa di negativo, in tutto
questo?
Risposta
Non sono in grado di dire cosa ci sarà di positivo e cosa ci sarà
di negativo, perché sospetto che, nel fare questa tavola del bene
e del male, utilizziamo categorie vecchie, cioè abbiamo dei sistemi
di riferimento che appartengono ad un altro mondo che proiettiamo inevitabilmente
sul nuovo mondo. Il nuovo mondo va invece pensato con categorie adeguate,
coerenti con la sua natura. Allora credo che, in primo luogo, sia importante
non contrapporre in modo secco virtualità a realtà. Il virtuale
non è qualche cosa che si viene a sostituire al reale, ma è
una amplificazione delle possibilità di interpretazione e di uso
del reale. Se non ci fosse il sogno, se non ci fosse la fantasia, se non
ci fosse l'immaginazione noi saremmo in balìa delle cose, noi saremmo
in balìa del reale. Fortunatamente queste cose ci sono e sono le
cose che ci rendono esseri umani. Bene la virtualità si colloca
esattamente a quel livello. E' un ampliamento degli spazi, delle categorie,
delle forme, entro le quali ridefinire contrattare una nuova idea di realtà.
Domanda 11
Un esperimento, condotto in Francia alcuni fa, mostrò come la
telecamera potesse giovare ai ragazzi per migliorare il rapporto col sé
o col mondo esterno. Il computer può avere una funzione simile?
Può aprire spazi comunicativi ad individui da formare o ad individui
con difficoltà nell'aprirsi al mondo esterno?
Risposta
Io credo che tutti i soggetti che si trovano oggi dentro questa scuola
hanno, ciascuno a modo suo, delle difficoltà. Ovviamente ci sono
casi in cui le difficoltà, per una varietà di ragioni, diventano
conclamate ed eclatanti. Però mediamente ogni bambino che sta dentro
la scuola presenta un elemento, un fattore, un'area di difficoltà.
In buona parte questa difficoltà dipende appunto dalla struttura
antiquata, luttuosa della scuola. Un bambino o un ragazzo, che vive un
rapporto piacevole, di forte identificazione con il mondo, attraverso
i media, nel momento in cui entrano dentro la scuola, trovano un mondo
in bianco e nero, piatto, rigido, ostile, freddo. Da qui nasce la difficoltà:
paradossalmente la macchina introduce un elemento di colore e di calore
e quindi consente di ridisegnare il volto della scuola e l'ambiente fisico
nel momento in cui si fa scuola. In particolare si avvantaggeranno di
queste risorse i soggetti che hanno in modo più conclamato dei
problemi. Interagire con un computer è certamente meno drammatico
che interagire con una persona. C'è un minor numero di variabili,
ci sono meno fattori in gioco quando si interagisce con una macchina come
il computer. Però, esattamente come avviene nel rapporto con una
persona, il soggetto si trova ad avere di fronte a sé e a fianco
a sé un essere che lo ascolta, cioè che ascolta le sue istruzioni,
che dà risposta alle sue domande, che lo accompagna nel visitare
il suo mondo. Per questo i soggetti in difficoltà trovano un rapporto
positivo con le macchine. Però rendiamoci conto: dobbiamo cambiare
drasticamente le nostre categorie di interpretazione. Laddove siamo abituati
a pensare che le macchine come il computer o la televisione sono fredde,
invece dobbiamo renderci conto che sono macchine calde, cioè che
sono macchine fisiologiche, che entrano direttamente in rapporto con l'interezza
dell'individuo. E quindi portarle a scuola vuol dire riscaldare l'ambiente
culturale della scuola, vuol dire coinvolgere tutti i soggetti, vuol dire
rivoluzionare l'assetto generale del sapere.
Domanda 12
Recentemente una rivista del settore, "Tutto scuola", ha
pubblicato un dischetto per conoscere l'Unione Europea. Pensa che iniziative
didattiche di questo tipo siano efficaci?
Risposta
Io penso che iniziative come quella siano particolarmente efficaci, se
non altro per un aspetto che mi preme mettere in evidenza. Nel dischetto
di cui stiamo parlando, io trovo scritto che è consentita la riproduzione.
Cioè io posso prendere quel dischetto, riprodurlo nel mio computer
e dare la copia ai miei amici. Questo significa aprire uno spazio completamente
nuovo, anche per il mercato del sapere, cioè una base di conoscenza
libera, scollegata così dalle caratteristiche del mercato economico.
In altre parole, è un sapere gratuito. Questa affermazione è
rivoluzionaria. Dante fa parte di questo ambito, cioè "La
Divina Commedia" fa parte dell'ambito del sapere gratuito. Io posso
collegarmi in Internet e scaricare sul mio computer tutta "La Divina
Commedia". Perciò chiunque può accedere a quella forma
di sapere, a quel modo, a quel contenuto di sapere gratuito. Tuttavia
penso che un commento aggiornato di Dante, fatto intelligentemente, debba
entrare nel mercato, senza diventare parte dell'area del sapere gratuito,
pur rimanendo all'interno di una zona vastissima di sapere alla portata
di tutti.
Domanda 13
Sempre sulla stessa rivista, si parla di scuola "online",
di Internet in classe. E' un sogno o una realtà?
Risposta
Per diventare realtà non occorre fare operazioni molto sofisticate,
dal punto di vista tecnico né dal punto di vista economico. Occorre
invece fare delle operazioni, molto molto dolorose, per ciò che
attiene la strutturazione dei tempi e delle modalità di insegnamento.
Entrare in rete vuol dire entrare in uno spazio infinito o con confini
illimitati: vuol dire avere davanti a sé dei tempi tendenzialmente
illimitati, vuol dire aprirsi a forme di ragionamento che richiedono appunto
spazi e tempi adeguati. Vuol dire, come dicevo, ristrutturare l'organizzazione
della scuola. Però io credo che sia molto importante lavorare anche
"off line", cioè riuscire a controllare il proprio rapporto
con il computer. In certe occasioni, si andrà "online",
ci si immergerà nell'oceano delle informazioni virtuali, ma avendo
una mappa di riferimento, avendo un qualche cosa da ricercare. Io non
credo che sia giusto andare a scuola e poi stare quattro ore dentro Internet.
Credo che sia più giusto andare a scuola, lavorare con tutte le
macchine, ivi compreso il libro, che è, comunque, una macchina
di insegnamento, di formazione, di apprendimento centrale; soltanto in
determinate occasioni, si potrebbe accedere a Internet: in alcuni casi
si potrebbe andare a cercare sapendo si vuole trovare; in altri casi,
si potrebbe girare, gironzolare, guadagnare e contemporaneamente perder
tempo.
Domanda 14
Esistono, in Italia e all'estero, degli esperimenti interessanti, nel
settore?
Risposta
Ci sono molte realtà in movimento. Quello che fa difficoltà
a muoversi è proprio la scuola nel suo complesso. Più volte
ho incontrato situazioni sia di scuole elementari sia di scuole secondarie
superiori dove le macchine vengono utilizzate per il verso giusto, in
modo intelligente, creativo, senza le paure che sono tipiche invece di
un certo impianto pedagogico fortemente punitivo nei confronti dei media,
dove la cultura multimediale di provenienza dei giovani viene valorizzata,
o dove i prodotti non vengono tassonomizzati e classificati secondo le
tradizionali categorie scolastiche. Realtà di questo tipo ce ne
sono. Il problema è che la realtà nel suo complesso non
si sta trasformando. Una qualche fiducia la potremmo avere nell'operazione
che si sta adesso tentando a livello di Ministero della Pubblica Istruzione,
con il varo di un impegnativo programma di sperimentazione, riguardante
l'introduzione della cultura della multimedialità, cioè
di una formazione, di una didattica multimediale, in 140 scuole di ogni
ordine e grado, dalla materna alla superiore, in tutta Italia. Saranno
scuole collegate in rete tra di loro, godranno del supporto di Istituti
universitari e di ricerca, come il CNR, e potranno diventare delle vetrine,
ossia potranno diventare dei punti di riferimento per le scuole che successivamente
intenderanno muoversi in questa direzione.
Domanda 15
Nella sua Università Lei dirige un laboratorio multimediale:
un'esperienza abbastanza rara in Italia, soprattutto per una facoltà
di tipo umanistico.
Risposta
Penso proprio di sì, perché generalmente in ambito umanistico,
si ha come sistema di riferimento, concettuale e operativo, la scrittura,
il libro. Quindi la monomedialità. Aprirsi alla multimedialità
e, quindi, aprirsi agli incroci di saperi nuovi per l'università,
nuovi per il tessuto accademico, è stata un'impresa nuova per la
tradizione accademica, ma che ha dato dei frutti importanti e interessanti.
Questo laboratorio è un laboratorio di ricerca, ma anche un laboratorio
di produzione, dove si realizzano prototipi di materiali multimediali
per la formazione, dove praticamente vengono costruiti e a volte anche
realizzati dei progetti multimediali. E questa è un'ulteriore novità
per la tradizione accademica. Siamo senza sistemi e senza punti di riferimento
definiti, né dal punto di vista delle discipline, né dal
punto di vista amministrativo e dell'organizzazione. Lavoriamo giorno
per giorno, ma qualche cosa l'abbiamo ottenuto, ossia essere riuscito
a formare una generazione di giovani che fanno multimedialità,
che già sono in grado di pensare la formazione e anche la realizzazione
di modelli per la formazione, dentro una logica multimediale. E sono giovani
che hanno un orientamento generale di tipo pedagogico, ma sanno usare
le macchine, conoscono la musica, sono in grado poi di scrivere testi:
proprio perché sanno fare questo, sono in grado anche di realizzare
ipertesti.
Domanda 16
Ci può parlare della sua recente attività di autore e
del suo ultimo libro?
Risposta
Il testo si inserisce nella nuova collana, di cui io sono direttore, "Libro
più" della Nuova Italia. In questa collana vengono affrontati
temi, anche tradizionali, della cultura dei media, ma in modo avanzato,
spostando le frontiere della elaborazione, con un nuovo modo di argomentare,
di partecipare e far partecipare il problema. Sono testi scritti e impaginati
secondo impianti nuovi, che li rendono forse più simili alla tradizione
della pubblicistica, di edicola, dei periodici. Inoltre questi libri hanno
un'ulteriore caratteristica, quella di nascondere nella terza di copertina,
una sacchetta dentro la quale sono dati all'utente dei "floppy disk",
realizzati parallelamente al libro. E i primi tre titoli di questa collana
sono: "Tele di Penelope", di Ornella Martini, dedicato ai temi
della pubblicità, "Storia di un ipertesto" di Stefano
Penge, dedicato appunto al tema generale della filosofia ipertestuale,
e il mio volume "Esseri multimediali". Qui il riferimento è
esplicito al titolo del libro di Negroponte. Negroponte si riferisce all'impossibilità,
per ciascuno di noi, di non essere un individuo multimediale. La tesi
sostenuta appunto da Negroponte è che, lo vogliamo o no, siamo
oggi esseri digitali. Il titolo del mio volumetto riduce lo spazio di
quell'impianto, che comunque condivido, e ai bambini. La tesi che sostengo
in questo volume è che per entrare in rapporto con questi esseri
l'adulto deve farsi bambino, cioè deve coltivare la sua parte bambina,
deve riuscire a sintonizzarsi con questi linguaggi, con queste modalità,
deve insomma riuscire a investire, diciamo, risorse psicologiche, affettive,
mentali, in questa sorta di rigenerazione. Noi siamo circondati da una
cultura luttuosa, per ciò che attiene il rapporto bambino-macchina.
Dobbiamo rompere con questa cultura luttuosa, non è più
possibile accettare visioni così catastrofiche sul rapporto bambino-televisione,
bambino-computer. Rendiamoci conto che la logica dei catastrofisti è
una logica che esprime un disagio personale di coloro i quali sentono
di perdere il controllo della situazione. Credo appunto che occorra un
incremento di orgoglio per riuscire a mantener ferma l'idea che come adulti
dobbiamo trasformarci per ripatteggiare il controllo delle situazioni,
ridefinire il nostro impianto di conoscenza del reale. In questa operazione
il bambino ci diventa modello. Cioè noi non possiamo più
interporci tra il bambino e la macchina. E' il bambino che ci insegna
l'uso giusto della macchina, perché lui non ha le deformazioni
mentali, psicologiche, tipiche della nostra cultura monomediale. Lui è
appunto un essere multimediale. Stiamo dietro le spalle del bambino, cerchiamo
di aiutarlo certamente, ma cerchiamo, tramite lui, anche di aiutarci.
Questa è la tesi pedagogica del volume, a cui si accompagna un
"software" che consente all'utente di visitare gli spazi e l'organizzazione
degli spazi di una stanza, la stanza del tesoro appunto, cioè la
stanza del bambino di oggi.
Domanda 17
Per secoli nell'Occidente cristiano è stata predicata la separazione
della mente dal corpo, attribuendo alla mente gli aspetti positivi che
il corpo limitava. Questa liberazione sembra possibile attraverso la realtà
digitale. E' possibile pensare che la rete sia un'esaltazione proprio
della liberazione della corporeità e, un esito estremo di un certo
tipo di religiosità tutta mentale, che nel "cyber spazio"
trova il suo pieno compimento?
Risposta
Diventare esseri digitali vorrebbe dire, secondo questa logica, diventare
degli angeli, diventare puro spirito. Credo che questa dimensione sia
una dimensione reale, ma parziale. Cioè non è una rappresentazione
esaustiva del rapporto che l'individuo stabilisce con la macchina e con
il mondo. Credo che una dimensione fisiologica sia comunque presente nel
rapporto con la macchina, molto più di quanto è presente
nel rapporto con il libro. E questa dimensione fisiologica, che è
esaltata dall'interazione che il bambino stabilisce con la macchina quando
fa il videogioco, rappresenta, comunque, un contatto importantissimo con
il nostro corpo, costituendo un fattore di ricomposizione e non di scomposizione,
di associazione e non di dissociazione.
Domanda 18
In un libro giapponese, viene descritta l'ultima generazione nipponica,
affascinata dal computer si tratta di una sorta di ultima fase della simbiosi
uomo-macchina. In un brano di questo romanzo si legge: "Nel computer
non esistono regole, solo giochi. Io gioco per guadagnarmi da vivere,
cosa c'è di male?". Secondo lei esiste una regola del gioco?
E' possibile crearla? Chi sarà in grado di farla rispettare?
Risposta
Le regole del gioco vengono stabilite dentro il gioco, dentro le modalità
e le forme di partecipazione al gioco. E' evidente, da queste annotazioni,
che sono in gioco due culture: è in gioco il conflitto tra due
modi di pensare il mondo. Il modo di pensare il mondo, che è tipico
di queste nuove generazioni "digitali", è un modo che
crea disagio, inquietudine nell'adulto. Quindi quest'ultimo si arrocca
dentro i suoi saperi forti. Ma è vero che poi sono forti questi
saperi? Da quanti decenni, da quanti secoli stiamo discutendo i principi
della morale? C'è una morale incontrovertibile, un principio assoluto?
Perché vogliamo che sia il giovane il responsabile di questa messa
in discussione dei principi, quando la messa in discussione dei principi
della morale appartiene ad una tradizione filosofica millenaria? Semplicemente
il giovane è l'ultimo anello di una lunga catena storica.
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