STUDIO E CLIMA CONVERSAZIONALE


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percorso educativo e didattico sullo stare insieme
e lo stile di studio e d'apprendimento

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di Gianluca Giunchiglia

"Un senso o valore si può credere, accettare come luce orientatrice per la propria vita se lo si è trovato e non se è inventato".

Martin Buber

"Lo stile di apprendimento e quello d'insegnamento si devono incontrare, conoscere, riconoscere e modificare, tessendosi insieme nell'atto educativo" (Perticari P., 1996).
Il problema degli stili di apprendimento individuali, chiamando direttamente in causa le procedure dell'insegnamento/apprendimento , si è tramutato via via nel tempo in una riconsiderazione delle modalità di relazione e di reciprocità degli uni con gli altri.
Primo requisito, la "reciprocità" che è caratteristica del riconoscimento. Non certo con una "veste" unilaterale che può essere definita una volta per tutte, bensì con una modalità capace di farsi scrupolo, ad ogni incontro, di quel che accade proprio nel momento in cui accade. Questo ci permette di capire meglio i diversi comportamenti effettivi di ognuno durante un incontro. La parola "incontro", contrapposta a "disincontro", può essere vista nella relazione "Io-Tu", nel rapporto che guida l'esaltazione degli istanti del tempo banale con ciò che è determinabile e oggettivo.
L'esistenza del singolo, il suo particolare agire con gli altri nel mondo e nel tempo, la sua ricerca di significato nella concreta operatività di ogni ora, scaturiscono da ciò che l'uomo è ontologicamente ed essenzialmente (Milan G., 2002). L'esistenza si pone nel rapporto con l'essere in cui essa consiste (N. Abbagnano, 1942). Un essere, che la filosofia esistenzialista di Nicola Abbagnano ci ben descrive in questi termini: "Ma questo essere che è mio, che è, anzi, quanto di più mio, perché mi definisce in ciò che veramente sono e debbo essere, in quanto mi definisce trascendendomi, non è più soltanto mio. Esso diviene la zona d'incontro e di comunicazione di me come uomo con l'altro uomo col quale coesisto. Esso esprime la possibilità ed il fondamento della coesistenza, così come esprime la possibilità ed il fondamento delle individualità coesistenti. Un essere che mi appartenesse isolandomi mi annullerebbe come individualità; ma l'essere che mi definisce nella mia individualità mi apre alla coesistenza e determina una sfera infinita nella quale sussistono possibilità infinite d'incontro, cioè di intelligenza e di comprensione, fra me e l'altro" (N. Abbagnano, 1942, p.26).
Partendo dal concetto di "esistenza autentica" di Abbagnano, in cui il rapporto tra questa e l'essere è consolidato, si può andare verso "l'etica viva" di Buber, nella quale tale confronto viene vissuto come relazione, come apertura che si compie qui ed ora per mezzo del processo autoeducativo ed educativo.
È, infatti, attraverso la dimensione "Io-Tu" di Martin Buber che si perviene ad un'autentica e piena relazione e si raggiungono alti livelli di reciprocità. In essa l'Io si educa e si costituisce come esistenza autentica, in quanto vale la legge: "Io mi faccio nel Tu, e facendomi dico Tu". Così, è cogliendo la radicale apertura e trascendenza verso l'altro, e quindi la presenza assoluta del Tu, che l'Io raggiunge la consapevolezza della libertà e della responsabilità (Buber M., 1954-56).
L'uomo deve prendere coscienza di se stesso nel rapporto con l'altro e, interpellato e chiamato all'impegno nella relazione, mettere in gioco la totalità del proprio essere (Milan G., 2002).

Il riconoscimento reciproco che deve essere creato a scuola, agisce direttamente sul clima emotivo e relazionale. Infatti, è da qui che sono recuperate le potenzialità delle diverse intelligenze, che non possono essere separate dal "clima conversazionale" (linguaggio più emozione), legato al vivere insieme. È dall'intreccio tra linguaggio ed emozioni che emergono le conversazioni.
In altre parole, la conversazione è un girare e rigirare nel linguaggio umano e nelle emozioni insieme. Dunque, tutte le attività umane accadono in una conversazione.
Le emozioni che si hanno in quel momento provocano effetti diversi sull'intelligenza, dove per quest'ultima s'intende la partecipazione a un dominio di coerenza in relazione ad altri dominii in una dinamica di coordinazione consensuale.
Occorre pertanto, ai fini del nostro studio, una pragmatica della conversazione che consenta di gestire e valutare come vengono compresi i contenuti del linguaggio usato. Qui ci viene in aiuto un illustre studioso della teoria della conversazione (Pask G., 1976), il quale ci offre alcune tecniche e mediazioni che consentono di gestire il dialogo, su cosa è stato compreso, come per esempio, domandarsi in quale modo abbiamo appreso, perché, come si potrebbe dire con altre parole, attraverso quali metafore, in quali contesti, in rapporto a quali storie.

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Bibliografia:

  1. Abbagnano N., Introduzione all'esistenzialismo, (1942), Milano, Il Saggiatore, 2001.
  2. Buber M., L'io e il tu. Il principio dialogico (1923), Milano, Comunità, 1958.

  3. Buber M., Between Man and Man , Boston, Beacon Paperbacks, 1955.

  4. Canevaro e Berlini, Potenziali individuali di apprendimento , Firenze, La Nuova Italia, 1996.

  5. Francescato D., Putton A., Cudini S., Star bene insieme a scuola , Roma, Carocci, 1986.

  6. Milan G., Educare all'incontro. La pedagogia di Martin Buber , Roma, Città Nuova, 2002.

  7. Paoletti G., Saper studiare , Roma, Carocci, 2001.

  8. Pask G., Conversation Theory , 1976.

  9. Perticari P. Attesi imprevisti , Torino, Bollati Boringhieri, 1996.

  10. Polito M., Il metodo , Roma, Editori Riuniti, 2002.

  11. Polito M., Le tecniche , Roma, Editori Riuniti, 2002.

  12. Vopel K.W., Giochi di interazione per adolescenti e giovani , Vol. 1, Torino, Elle Di Ci, 1991.

 

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Per approfondire:

LA NARRAZIONE COME STRUMENTO DI FORMAZIONE

L'insegnante, l'ascolto e la narrazione: l'imparare tra imprevisto e sorpresa


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