PSICOPATOLOGIA DELL'ETA' EVOLUTIVA


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PSICOPATOLOGIA DELL'ETA' EVOLUTIVA

 I) Quando, per una causa qualsiasi, si determina uno squilibrio tra il progredire dell'età anagrafica e lo sviluppo dell'attività intellettiva, operativa o comportamentale, si possono usare due termini per indicare tale squilibrio:

1)     immaturità, se c'è un rallentamento globale dello sviluppo (qui si parla anche di disadattamento o disturbo della personalità);

2)     insufficienza o deficit (intellettivo, motorio, sensoriale), se c'è un "blocco", prevalentemente di ordine biologico e neurologico.

 II) L'handicap è da considerarsi una disabilità di natura fisica, psichica o intellettiva, clinicamente accertabile. Lo svantaggio è una condizione più propriamente legata a carenze familiari-affettive, a situazioni di disagio socio-economico, a deficienze culturali e linguistiche (scarse stimolazioni intellettuali). L'handicappato è anche uno svantaggiato, mentre il contrario non è vero, anche se alcuni casi di deprivati affettivi si comportano come handicappati. Può anche accadere che condizioni di handicap motorio, percettivo o sensoriale, malamente affrontate, portino a forme più o meno acute di disadattamento (scolastico), o che forme di disadattamento familiare influiscano sul profitto scolastico, anche se il soggetto proviene da una famiglia socialmente elevata.

 III) Anomalie dello sviluppo psicomotorio. C'è una complessa interdipendenza tra componente fisiologica e psicologica: lo sviluppo motorio facilita quello mentale e viceversa. Il bambino motuleso presenta anomalie riguardanti: arti, equilibrio posturale, deambulazione, uso di braccia e mani, articolazione del linguaggio (con deformazioni congenite), poliomielite, paralisi spastica, epilessia, distrofie muscolari progressive...

 IV) Le alterazioni della motricità, in sintesi, possono essere di 3 tipi:

1.     per difetto: paralisi (perdita della capacità motoria), paresi (diminuzione della capacità);

2.     per eccesso: spasmi, tic, tremori, convulsioni, ecc.;

3.     per incoordinazione: mancanza di coordinazione dei movimenti, incapacità di eseguire una sequenza di movimenti in successione, ecc.

·       Un es. concreto: la sindrome epilettica. La crisi epilettica è uno stato transitorio di ipereccitazione cerebrale. Vi sono diverse forme di epilessia. Le manifestazioni più comuni: improvvisi attacchi convulsivi in condizioni di apparente benessere; vissuti psichici di angoscia, paura, estraneità, allucinazioni...; l'inizio è contrassegnato da un grido rauco e improvviso; segue il pallore e la perdita di coscienza; a volte il soggetto tenta di procurarsi contusioni o ferite; irrigidimento di tutta la muscolatura, scatti e tremore generalizzato con rotazione dei bulbi oculari; protensione della lingua e difficoltà-arresto della respirazione; perdita di saliva e sudorazione.

 V) Un caso particolare: il mancinismo. L'uso più agevole e sicuro di una metà del corpo rispetto all'altra (prevalenza laterale) è legata alla dominanza laterale (asimmetria funzionale) di un emisfero cerebrale rispetto all'altro. Dopo circa il 9o mese di età comincia a manifestarsi la dominanza laterale, che nel 75% circa degli individui porta a una prevalenza laterale destra spontanea e completa. In questo caso l'emisfero dominante è quello sinistro, poiché le vie anatomiche della motricità che scendono dall'encefalo per raggiungere i rispettivi muscoli sono incrociate. Il mancinismo è più frequente nei maschi.

 VI) I bambini con deficit sensoriali. Si dividono in tre grandi gruppi:

1.     Difetti visivi (presbiopia, miopia, astigmatismo). È possibile individuarli prestando attenzione a certa sintomatologia, prima ancora di sottoporre il bambino a esami oculistici: in classe, segni di stanchezza, insofferenza, disattenzione eccessive, errori di trascrizione o interpretazione (dal libro o dalla lavagna).

2.     Non-vedente: va educato al movimento, perché recuperi fiducia nel proprio corpo; va sviluppata l'educazione senso-percettiva (tatto, odorato, udito) perché stabilisca il rapporto con l'ambiente. Anche se la memoria può essere molto ricca e vivace, il soggetto non ha vissuto nell'infanzia delle fasi dell'esperienza umana molto importanti: rappresentazione mentale, imitazione, movimento esplorativo, ecc. Se non educato alla valorizzazione di sé, il soggetto può facilmente chiudersi in se stesso (dondolio, tic, atteggiamenti posturali anomali, fasi iniziali di autismo). Il sistema Braille può aiutarlo a seguire le lezioni e a scrivere.

3.     Non-udente, muto, sordomuto: bisogna intervenire il più presto possibile, con esercizi di articolazione e fonazione, con lettura labiale, altrimenti il soggetto tenderà a isolarsi (più del non-vedente) o a comunicare solo in modo molto approssimativo o solo con altri come lui. Sarebbe opportuno che la scuola insegnasse anche questo tipo di linguaggio ai soggetti normali.

·       I mutismi possono essere da mancato sviluppo o da regressione (quest'ultimi sono in genere frutto di nevrosi). La sordità che si manifesta prima dei 6-7 anni può portare al mutismo se non s'interviene in tempo. Il mutismo psicogeno può essere considerato anche come un atteggiamento di difesa nei confronti di certi ambienti.

VII) Le anomalie del linguaggio. Le più importanti sono cinque:

1.     dislalia (difetto di conformazione organica che porta ad alterazione dell'organizzazione dei suoni e delle lettere che compongono la parola: può essere connessa a sordomutismo, balbuzie, blesità, ecc.);

2.     disgrafia (alterazione dell'esecuzione del linguaggio scritto);

3.     dislessia (alterazione della lettura del linguaggio scritto, nel senso di trasposizione-sostituzione-omissione di lettere, però il soggetto può leggere-capire singole parole);

4.     disfasia (alterazione del linguaggio -nel senso di incapacità a ordinare le parole- dovuta a lesione dei centri cerebrali. Afasia se il linguaggio è del tutto assente);

5.     dislogia (alterazione del contenuto del discorso. Connessa alla psicosi).

 VIII) Vari difetti di pronuncia:

1.     balbuzie. In genere compare tra i 3 e i 7 anni. Consiste in uno squilibrio tra velocità di ideazione e di verbalizzazione. L'origine è spesso ambientale-familiare o emozionale-nevrotica. Ma sulle cause i pareri sono molto discordi: nei balbuzienti si osservano timidezza, insicurezza, oppositività...;

2.     blesità. Pronuncia difettosa di singoli suoni per soppressione o sostituzione di consonanti (L-R-G-Z...);

3.     disartria. Interruzione, omissione, sostituzione di sillabe.

 IX) Anomalie dello sviluppo intellettivo. Quali sono le cause che possono comportare una lesione più o meno generalizzata del sistema nervoso centrale, con conseguente compromissione dello sviluppo intellettivo?

1.     Cause preconcezionali: condizioni morbose esistenti nei genitori prima del concepimento (malattie infettive: sifilide o AIDS; intossicazioni come alcolismo, tabagismo, tossicomanie...; carenze alimentari; neuropsicopatie: nevrosi, psicosi...; anomalie genetiche);

2.     cause concezionali: consanguineità, incompatibilità del fattore RH (se la madre non lo possiede e il padre sì, il feto lo eredita, ma il sangue materno produce anticorpi che distruggono i globuli rossi del feto. La gravidanza s'interrompe o il feto nasce cerebroleso);

3.     cause gravidiche: durante la gravidanza, i traumi psichici, fisici, le infezioni e intossicazioni, malattie del metabolismo (specie il diabete);

4.     cause natali: durante la nascita, i traumatismi ostetrici (forcipe, ventosa...) e asfissia;

5.     cause post-natali: durante la vita, le malattia del sistema nervoso centrale (lesioni traumatiche, vascolari, tossiche, infettive...), ma anche ipoalimentazione, rachitismo, carenze vitaminiche, ecc.

 

X) Una classificazione molto diffusa delle anomalie intellettive fa riferimento al Quoziente Intellettivo:

·       normale (110-90),

·       deficit lieve (90-80),

·       deficit medio (80-60),

·       deficit grave (60 e livelli inferiori).

 

II

 Nevrosi e Psicosi. Sono questi i due gruppi principali di malattie psicologiche. A differenza di quanto avviene nelle psicosi, nelle nevrosi il contatto con la realtà non è perduto, anche se è vissuto in maniera distorta e sofferta. Il nevrotico è consapevole del suo stato e vorrebbe liberarsi della sua malattia, e può anche farlo se non raggiunge lo stadio psicotico.

 I) Nevrosi ansiosa: ansietà diffusa, generalizzata, permanente, slegata da oggetti particolari, ricca di dubbi e incertezze rivolti al passato-presente-futuro. Sintomi: irritabilità, tremori, insonnia... curati spesso con tranquillanti-sedativi. Quando quest'ansia s'indirizza verso un oggetto o situazione (che appaiono minacciosi), la nevrosi diventa fobica, ossessiva, isterica.

1.     Nevrosi fobica: mentre la paura è motivata da una causa oggettiva e proporzionata, la fobia invece è una paura simbolica, perché è passata da un oggetto originario (rimosso nell'inconscio) ad un altro oggetto di per sé innocuo o comunque inadeguato a suscitare una nevrosi. L'oggetto esterno è l'equivalente simbolico di un pericolo interno. Sintomi: timore dello spazio aperto o di attraversare una piazza (agorafobia), timore di rimanere chiuso in un ambiente ristretto-soffocante (claustrofobia), timore della folla, del buio, di certi animali...

2.     Nevrosi ossessiva: il soggetto ha dubbi insistenti su aspetti relativamente marginali dell'esistenza (chiudere il gas, la porta, le luci...); certi dubbi condizionano pesantemente il suo comportamento (l'ordine, la puntualità, la simmetria, la pulizia). Il rituale ossessivo si esprime anche nell'esigenza di ripetere determinate frasi o di contare oggetti, figure, persone o di compiere gesti particolari (di tipo superstizioso e scaramantico).

3.     Nevrosi isterica: il soggetto si presenta come persona suggestionabile, mitomane, che vive tutte le sue esperienze in modo esagerato e poco consistente, che ama esibire i suoi sintomi di fronte agli altri, che nega molti aspetti della sua esistenza. Sintomi: convulsioni, urla, semincoscienza, verbalizzazioni confusionali, eccessi di riso o pianto, di starnuti o singhiozzi...

 

II) Malattie psicosomatiche. Non sono malattie mentali, ma dell'organismo fisico, che risentono però di una conflittualità psicologica di ordine emotivo (ad es. ulcera, asma, ipertensione, colite...). L'organo fisico malato assume un valore simbolico del conflitto emotivo.

III) Psicopatie. Viene detto psicopatico chi assume comportamenti chiaramente anti-sociali, in quanto non tollera frustrazioni e ostacoli, esitazioni e rimorsi. I suoi conflitti interiori sono molto primitivi, inconsci e simili a quelli psicotici. Sintomi: atteggiamenti provocatori, capacità di manipolare gli altri e di far ricadere la colpa su di loro, rifiuto di ogni intervento terapeutico... 

IV) Nevrosi infantile. È espressione di un conflitto tra le pulsioni affettive e le capacità di controllarle ed esprimerle in modo socialmente accettabile. Esiste quindi un'esperienza affettiva traumatica, cioè una situazione emotiva inadeguata per la personalità del bambino. Naturalmente l'esperienza può essere vissuta dal bambino in maniera angosciante, senza che effettivamente lo sia. In genere la N.I. esprime una nevrosi familiare. Nei primi tre anni di vita possono insorgere conflitti affettivi nel rapporto madre-figlio (ad es. pianto ansioso e incontrollabile, rifiuto del cibo, vomito, diarrea, colite, disturbi del sonno...). Spesso è la sensazione d'impotenza che porta il bambino alla N.I. Durante i 4-5 anni le N.I. dipendono molto all'incapacità a distinguere la realtà dalla fantasia.

 V) Psicosi. Nelle psicosi il soggetto è incapace di comprendere gli stimoli della realtà, di valutare le situazioni, di rendersi
  conto della malattia. Lo psicotico è preso da fantasie irrazionali, allucinazioni, deliri, ed è incapace di comunicare con gli altri.

1) Schizofrenia: caratteristica fondamentale: dissociazione nella formazione delle idee, distruzione dell'unità dell'io e dell'immagine del corpo (percepito come frammentato-disgregato). Si distingue in tre forme:

a)     ebefrenica (turbe del linguaggio, con giochi di parole, parole nuove e incomprensibili),

b)    paronoide (manifestazioni deliranti a contenuto persecutorio),

c)     catatonica (catalessia, mutismo, assenza di affettività...). L'origine della schizofrenia è sconosciuta. È la più difficile da guarire.

2)     Paranoia: tratti dominanti: continuo sospetto, autoritarismo, intolleranza, falsità del giudizio. Le idee dipendono da una convinzione iniziale distorta, con cui si cerca di rimodellare tutta la realtà. Il delirio paranoico, pur non avendo alcun rapporto con la realtà, è logico, perché interpreta il reale in modo verosimile, per cui è condivisibile dall'ambiente, ed è vissuto in piena lucidità. I deliri sono di persecuzione, gelosia, megalomania...

3)     Psicosi maniaco-depressiva: i momenti di eccitamento maniacale (euforia, facilità ideativa, logorrea, espansione affettiva, psicomotoria) si succedono ciclicamente a quelli di abbattimento depressivo (rallentamento ideativo e psicomotorio, autosvalutazione e sfiducia, senso di inadeguatezza, disperazione). Il malato può tentare il suicidio. Le forme depressive sono più frequenti di quelle maniacali. Le rappresentazioni della realtà sono assurde (deliri).

VI) Psicosi infantile. La più frequente, in età evolutiva, è la schizofrenia. Il bambino tende a vivere in un mondo isolato, distaccato dalla realtà (percepita come minacciosa). È l'apatia. Egli è incapace di distinguere il tutto dalle parti, il costante dal mutevole, la realtà dalla fantasia, il vivente dall'inanimato... Può avere: manifestazioni di aggressività distruttiva, incoerenza di pensiero e di linguaggio (ad es. usa la terza persona invece della prima nella verbalizzazione, può usare un linguaggio apparentemente simile a quello adulto, con molte espressioni tecniche: bambini psicotici che non sanno leggere né scrivere riempiono quaderni con calcoli privi di senso), incoerenza di comportamento (rapporti affettivi inadeguati con persone e oggetti, che non devono mai presentarsi in modo diverso da quello abituale). Nelle fasi acute: prevalenza dei comportamenti autoerotici (succhiamento, masturbazione, canto solitario, dondolio...), incapacità a riconoscere il pericolo per sé e per gli altri, negazione totale della realtà...

  VII) Comportamento antisociale di adolescenti in gruppo.

·       La sua origine sta nella difficoltà che gli adolescenti hanno d'identificarsi con gli adulti. Di qui la tendenza a isolarsi, anche in gruppo, e alla marginalità, con sviluppo di tendenze oppositive verso i valori, le norme, le abitudini degli adulti. Il gruppo diventa la difesa di un conflitto irrisolto, è una rassicurazione emotiva e anche l'occasione per sfogare la reattività anti-sociale. I comportamenti vanno da quelli puramente evasivi-ludici a quelli vandalico-aggressivi (sfruttando manifestazioni sportive, spettacoli...). Altri gruppi usano violenza e soprusi (furti, scippi, estorsioni...) verso altri gruppi o altri cittadini. Non si possono comunque esaminare le cause di questi comportamenti al di fuori del contesto socio-culturale in cui si sviluppano.

·       Questi atteggiamenti collettivi servono a difendere l'identità deviante o addirittura criminale del gruppo (hanno un valore coesivo). Vengono esaltati come modello di vita. Tant'è che esiste nel gruppo una costante azione intimidatrice per evitare cedimenti-ripensamenti. Più il gruppo si chiude e più è forte l'omertà. Il gruppo rifiuta tutti i sentimenti cosiddetti di "debolezza": paura, pietà, rimorso; ostenta piuttosto la durezza-spregiudicatezza. Di qui il conformismo, che si esprime anche attraverso rituali, espressioni gergali, abbigliamenti comuni, abitudini.

·       L'ostracismo è netto verso che si allontana dal conformismo. In particolare il gruppo disprezza quelle attività sociali che dagli adulti vengono proposte come alternative alle attività devianti: lavoro, sport, cultura. Esso disprezza anche ordine-puntualità-educazione. Afferma inoltre che tutta la società è disonesta-ipocrita-corrotta. In effetti, spesso molti di questi comportamenti deviati sono causati, seppure non in maniera diretta, da disvalori presenti nella società degli adulti.

·       Tuttavia, esistono anche atteggiamenti altruistici nei confronti dei familiari o amici dei componenti della banda; un ragazzo può considerare la propria madre o sorella come modello di virtù; un altro può impedire al fratello minore di seguire la sua strada, ecc.

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