Ascolto


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L'elogio dell'ascolto

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlarti; concedimi solamente qualche istante. Accetta quello che vivo, quello che sento, senza reticenza,senza giudicare.

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare; non bombardarmi di domande, consigli, idee. Non sentirti obbligato a risolvere le mie difficoltà, mancheresti tu di fiducia nelle mie capacità?

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare;non cercare di distrarmi o prendermi in giro, penserei che tu non comprenda l'importanza di quello che c'è dentro di me.

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare; non sentirti obbligato ad approvare: se ho bisogno di raccontarmi è semplicemente per sfogarmi.

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare; non interpretare e non cercare di analizzare. Mi sentirò incompreso e manipolato.

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare; non interrompere per fare domande. Non cercare di forzare il mio io nascosto, io so fin dove posso e voglio andare.

Ascoltami, per favore, ho bisogno di parlare; rispetta i silenzi che mi fanno camminare. Guardati bene dal frantumarli: è da essi assai spesso che sono illuminato.

Adesso, che mi hai ascoltato per bene ti prego puoi parlare; con attenzione e disponibilità a mia volta, io ti ascolterò.

Anonimo

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L'arte di ascoltare di J. Samuel Bois


Educazione all'ascolto. Cos'è l'ascolto?

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Cos'è l'ascolto?

Ascoltare vuol dire, secondo il dizionario della lingua italiana:

“Trattenersi di proposito a udire attentamente”. Ascoltare vuol dire, quindi, sospendere le nostre attività per dedicarci ad un'altra persona con un atto volontario.

Ascoltare vuol dire udire attentamente, dunque, sottolinea il fatto che siamo coinvolti, che c'è un impegno da parte nostra, altrimenti potremmo solamente sentire l'altro che parla come se fosse un rumore di sottofondo.

Vuol dire anche che ci interessa tutto ciò che viene detto, che prima di tutto viene l'atto di ascoltare e che questo atto non prevede di per sé l'espressione dell'interpretazione o del giudizio e nessuna azione verso chi parla diversa dall'ascoltare.

L'Ascolto è una relazione fondamentale degli esseri umani che permette l'Incontro e la Crescita di tutti!


L'ascolto che mi piace ricevere

Durante le lezioni del mini laboratorio teatrale svolto con i bimbi, abbiamo parlato dell'importanza dell' ascoltare e dell'essere ascoltati. Con il metodo delle simulate i bambini hanno imparato ad ascoltarsi e a definire quale ascolto preferiscono, quale ascolto li aiuta e li fa star bene.

Durante "le messe in scena"ogni bambino ha avuto la possibilità di aumentare la propria competenza nell'ascoltare gli altri, iniziando col porsi nel ruolo di chi è ascoltato. Hanno iniziato ad imparare a riconoscere e a definire con maggiore chiarezza cosa gli fa apprezzare l'ascolto che ricevono, per così iniziare a chiedersi come fare ad ottenerlo.

Questa esperienza ha avuto due ruoli: quello divertente dell'improvvisarsi qualcunaltro e quello più "umano"; la partecipazione attiva bambini ha fatto si che si creasse un luogo dove è possibile dire i propri problemi emotivi, dando nello stesso tempo aiuto e sostegno agli altri.

Le regole fondamentali che riguardano l'ascolto e le relazioni all'interno del gruppo

Durante le lezioni del mini laboratorio teatrale svolto con i bimbi, abbiamo parlato dell'importanza dell' ascoltare e dell'essere ascoltati.

Con il metodo delle simulate i bambini hanno imparato ad ascoltarsi e a definire quale ascolto preferiscono, quale ascolto li aiuta e li fa star bene. Durante "le messe in scena"ogni bambino ha avuto la possibilità di aumentare la propria competenza nell'ascoltare gli altri, iniziando col porsi nel ruolo di chi è ascoltato. Hanno iniziato ad imparare a riconoscere e a definire con maggiore chiarezza cosa gli fa apprezzare l'ascolto che ricevono, per così iniziare a chiedersi come fare ad ottenerlo.

Questa esperienza ha avuto due ruoli: quello divertente dell'improvvisarsi qualcunaltro e quello più "umano"; la partecipazione attiva bambini ha fatto si che si creasse un luogo dove è possibile dire i propri problemi emotivi, dando nello stesso tempo aiuto e sostegno agli altri


velia gentile
email: vmediacult@gmail.com

da didaweb: http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=1799


Progetto Pedagogia dell'ascolto a scuola

RIFLESSIONI SU UNA PEDAGOGIA PARTECIPAZIONISTICA (Elisabetta Galuppi)

 

 


L'Educazione all'ascolto

L'Educazione all'ascolto ® è un complesso di modelli e di strumenti didattici che ha come scopo quello di insegnare ad un pubblico indifferenziato, e non solo quindi agli addetti ai lavori, come divenire consapevoli dei propri bisogni comunicativi e come migliorare le proprie capacità di ascoltare ed ottenere l'ascolto desiderato.

Per questo ha uno scopo più ampio che riguarda il benessere emotivo e relazionale delle persone e la prevenzione nel campo della salute mentale.


Cos'è l'ascolto?

Ascoltare vuol dire, secondo il dizionario della lingua italiana Devoto - Oli: “Trattenersi di proposito a udire attentamente”.

Ascoltare vuol dire, quindi, sospendere le nostre attività per dedicarci ad un'altra persona con un atto volontario, per esempio spegnendo la televisione o chiudendo il libro o il giornale.

“A udire attentamente” sottolinea il fatto che siamo coinvolti, che c'è un impegno da parte nostra, altrimenti potremmo solamente sentire l'altro che parla come se fosse un rumore di sottofondo.

Vuol dire anche che ci interessa tutto ciò che viene detto, che prima di tutto viene l'atto di ascoltare e che questo atto non prevede di per sé l'espressione dell'interpretazione o del giudizio e nessuna azione verso chi parla diversa dall'ascoltare.



Le tre esperienze

Quando parliamo dell'ascolto ascolto parliamo in fondo di tre parti o aspetti: mi ascolto, sono ascoltato e ascolto un'altra persona.

In un dialogo o in una conversazione noi ci sperimentiamo in tutte e tre queste parti, quindi ci ascoltiamo, siamo ascoltati, ascoltiamo un'altra persona.

Nei Corsi queste tre parti sono come divise, nel senso che ricevono attenzione e sono affrontate in tempi diversi, salvo poi essere riunite al momento della condivisione a coppie e in gruppo, quando le persone hanno l'occasione di scambiare le proprie impressioni ed esperienze.



L'ascolto che mi piace ricevere

Normalmente l'attenzione è focalizzata sulla capacità di ascoltare, quando siamo invitati ad ascoltare i figli, gli alunni, il malato, la persona in difficoltà, ecc.

Lo scopo centrale della nostra azione non è prima di tutto quello di insegnare come si fa ad ascoltare gli altri.

Ci interessa invece che i partecipanti ai Corsi imparino ad ascoltarsi e a definire quale ascolto preferiscono, quale ascolto li aiuta e li fa star bene.

Durante il Corso ogni partecipante ha la possibilità di aumentare la propria competenza nell'ascoltare gli altri, iniziando però col porsi nel ruolo di chi è ascoltato.

Riconoscendo e definendo con maggiore chiarezza cosa gli fa apprezzare l'ascolto che riceve, può così domandarsi come fare ad ottenerlo.

Svilupperà anche la riflessione sull'ascolto che dà a se stesso in situazioni e relazioni diverse, sia quando è ascoltato, sia quando invece dà la sua attenzione ad una persona che sta parlando di sé.

Il nostro scopo è infatti affermare il diritto di ciascuno ad avere il controllo sull'ascolto che riceve e fornirgli, per quanto possibile, gli strumenti per ottenere quello che desidera.

Affermiamo il diritto di ciascuno ad essere ascoltato, quando parla di se stesso.

E' un diritto poco riconosciuto e spesso neppure rivendicato per molti motivi.

L'ascolto è un bene prezioso e quando finalmente lo si ottiene, spesso lo si accetta per come vien dato, per paura che nel futuro non ci sia per noi la stessa disponibilità, anche se lacunosa e non completamente soddisfacente.

E' inoltre diffusa l'idea che l'ascolto debba avere altri scopi oltre l'ascolto stesso.


E' chiaro che vi sono momenti e circostanze in cui qualcuno chiede di essere ascoltato perché le sue parole e la sua esperienza siano valutati e giudicati da chi, secondo lui, ha la competenza per farlo, perché possano così emergere cause, errori, decisioni.

Questo tipo di ascolto è certamente importante e spesso decisivo nell'aiutare una persona a risolvere gravi difficoltà, ma è ugualmente necessario che ciascuno recuperi il proprio diritto a definire, e quindi a chiedere, l'ascolto che desidera nelle forme e quantità che desidera.

Alla fine ci sembra di poter dire che anche da qui passa l'advocacy, cioè il riprendere nelle nostre mani ciò che abbiamo delegato ad altri in un momento di bisogno o di crisi o di dipendenza culturale e morale.


Dato che l'argomento del Corso è una competenza di cui tutti, in misura maggiore o minore, sono forniti, la maggior parte del tempo nel Corso viene impiegato in attività pratiche guidate, con la creazione di piccoli gruppi, che permetteranno ai partecipanti, confrontandosi con gli altri, di comprendere il proprio stile di ascoltare e comunicare.

La partecipazione attiva dei corsisti permette di creare un luogo dove è anche possibile dire i propri problemi emotivi, dando nello stesso tempo aiuto e sostegno agli altri.



I principi e le regole dell'ascolto

I Corsi, come i Gruppi di ascolto e tutte le attività della Associazione, sono guidati da alcuni principi che si traducono in regole che vengono costantemente ricordate e il cui rispetto permette ai partecipanti di fare esperienza di loro stessi e degli altri in sicurezza e libertà.

Rifacendoci a Maurice Bellet pensiamo che l'ascolto sia una relazione fondamentale degli esseri umani, che permette l'incontro e la crescita di tutti.



Il principio della cortesia

Fondamentale è il rispetto del principio della cortesia, senza il quale in effetti gran parte delle regole di protezione e di funzionamento rischiano di perdere significato.

Il principio della cortesia dice che si deve tener conto della immagine di sé che una persona vuole offrire al gruppo e rispettarla.

Un clima accogliente e rispettoso può permettere di entrare con decisione nelle emozioni e nell'intimità di una persona, aiutandola a mostrare anche ciò che normalmente tiene per sé, tuttavia ci interessa affermare con decisione che ci è ignota l'esperienza di un'altra persona (R.D.Laing).

Io ho esperienza di me con te, ma non posso conoscere la tua esperienza di te stesso quando sei con me.

Da questo principio deriva la convinzione che la verifica della bontà ed efficacia dell'azione verso un altro stia solo nella dichiarazione dell'altro.


Le quattro regole di protezione:

Vi sono quattro regole fondamentali che riguardano l'ascolto e le relazioni all'interno del gruppo.



NON INTERROMPERE

La prima regola è quella di non interrompere chi parla, quando parla di sé, perché una interruzione, di qualunque tipo, può bloccare il fluire del suo discorso e dei suoi pensieri.

NON GIUDICARE

Nessuno può giudicare ciò che un'altra persona sta dicendo, quando parla di se stessa; la sua esperienza, la veridicità del suo racconto e il significato di ciò che è detto non sono posti in discussione. l'interpretazione è considerata una forma di giudizio.

LA LIBERTA'

La regola della libertà è la regola fondamentale del Corso, che non può mai essere violata, e stabilisce che chiunque è libero di partecipare o non partecipare alle attività proposte, di parlare o non parlare durante la condivisione di gruppo.

Nessuno ha il diritto di pretendere che un altro si comporti in un modo o in un altro.

Questa regola è importante anche perché permette alle persone di esercitare quella parte dell'ascolto, per noi fondamentale, che riguarda il'mi ascolto”: ascoltare ciò che succede a livello mentale e corporeo e rispettare le proprie emozioni e i propri bisogni, senza farsi schiacciare dal conformismo di gruppo e dalle attese proprie e altrui.


LA PROTEZIONE DI CIO' CHE E' PRIVATO

Tutto quello che una persona dice, sia in una relazione a due, sia nel gruppo, non deve essere detto né all'interno né all'esterno del gruppo. Riaffermiamo la totale proprietà della persona che parla su ciò che dice e quindi l'impossibilità per chiunque di dire o utilizzare in qualche modo ciò che ha udito senza l'autorizzazione del proprietario.



Il modello soggetto - accompagnatore

Possiamo comprendere meglio l'importanza e il significato delle regole quando le colleghiamo al modello di relazione che il Corso propone per tutte le attività e che è il modello del soggetto e dell'accompagnatore, che riprendiamo da Jerome Liss e dalla tradizione del co - counseling.

Il soggetto è colui che fa l'esperienza; nel caso della condivisione in coppia o in gruppo il soggetto è colui che parla di se stesso.

La particolarità del suo ruolo è quella di essere il'padrone del tempo” di tutti.

E' il soggetto che decide come portare avanti la sua esperienza, rispettando i propri tempi e le proprie esigenze.

Durante la condivisione, per esempio, può decidere di sospendere per se stesso la validità delle regole e può chiedere quindi di essere interrotto, di ricevere interpretazioni o suggerimenti, può autorizzare la persona con la quale ha parlato a dire al gruppo cosa ha raccontato, ecc..

L'accompagnatore è colui che, appunto, accompagna il soggetto dentro l'esperienza che sta vivendo.

E' un compito complesso e impegnativo, perché non è facile astenersi e trattenersi dal voler guidare l'esperienza di un'altra persona, anche se con le migliori intenzioni.

Nella situazione di condivisione l'accompagnatore è colui che ascolta e che ha l'obbligo di rispettare le regole, mentre il soggetto, come abbiamo detto, può decidere quali sono le condizioni necessarie per sentirsi ben ascoltato.

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dal sito: http://www.ascolto.it/educazione/page2.html della "Società dell'Ascolto".

"La Società dell'Ascolto è un'associazione nata con l'obiettivo di promuovere una riflessione collettiva sull'ascolto che considera la parte della comunicazione che è necessario potenziare e uno strumento fondamentale per promuovere l'incontro e l'aiuto reciproco tra le persone.
........................
Promuove Corsi di Educazione all'Ascolto ®, gratuiti e aperti a tutti, per diffondere una maggiore comprensione dell'importanza dell'ascolto nella comunicazione.
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Il nostro Metodo è l'Educazione all'ascolto ® .
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I Corsi di Educazione all'Ascolto® vogliono risolvere la difficoltà ad offrire, chiedere e ottenere solidarietà e sostegno emotivo."

da "chi siamo": http://www.ascolto.it/chi/page1.html

Associazione Società dell'Ascolto
Via Campolmi, 5 - 59100 PRATO
tel. e fax 0574 580943

 


ASCOLTO NELLA RELAZIONE EDUCATIVA

di Laura Alberico

“ L'ascolto dona a chi è ascoltato la possibilità di ascoltarsi” – M. Bellet

Il filosofo greco Zenone ( V sec. A.C.) diceva che l'uomo ha due orecchie e una sola bocca, per ascoltare di più e parlare di meno. Fin dai tempi antichi, quindi, le varie scuole di pensiero filosofico attribuivano all'ascolto una valenza educativa di primaria importanza. Il linguaggio umano è nato come linguaggio orale; anche il bambino impara, nei primi anni di vita a parlare prima che a scrivere. Si impara spontaneamente ad ascoltare e a parlare e sia l'uno che l'altro aspetto della comunicazione sono legati da uno stesso rapporto. Chi parla non deve mai dimenticare chi ascolta e deve dare all'altro il modo di esprimersi, rispettando il suo punto di vista, stimolandolo anche con eventuali domande, ecc. Esiste, perciò una stretta reciprocità tra parola e ascolto.
Nella comunicazione il monologo, basandosi sull'individualismo, è prevalentemente incentrato sulla propria persona, non esiste un feed-back e si evidenzia nella trasmissione del messaggio una insita volontà di condizionamento e persuasione. Il dialogo, invece, si basa sulla relazione comunicativa e pone le basi per uno scambio paritetico di informazioni; inoltre mira a una disponibilità al cambiamento e a una parità di “potere” comunicativo tra gli interlocutori. Mentre nel monologo la comunicazione diventa un cerchio chiuso, nel dialogo, poiché non si instaurano barriere o pregiudizi, la comunicazione si arricchisce, diventando una relazione educativa dinamica.
Una comunicazione efficace non è mai a senso unico. Chi ascolta deve essere disponibile e interessato; l'ascolto, quindi, diventa attivo e partecipativo. Mentre il sentire è un'azione fisiologica, l'ascolto comporta un coinvolgimento emotivo e cognitivo. Dagli studi statistici è stato rilevato che nei processi di comunicazione la maggior parte del tempo viene dedicato all'ascolto. Spesso, tuttavia, l'ascolto si rivela un atteggiamento di tipo passivo come dimostrano le ricerche della Società Italiana di Pediatria. Attualmente circa l'86% del tempo libero dei bambini è dedicato alla televisione e sul campione di intervistati il 58% afferma che “non ha nient'altro da fare”; in media il tempo che trascorrono davanti alla TV raggiunge le tre ore giornaliere (spesso essi mangiano o si addormentano guardandola). La televisione non è certamente un interlocutore ma un apparecchio che trasmette messaggi spesso non idonei sul piano educativo. Un'altra indagine riportata dall'Osservatorio sui Diritti dei Minori ci riferisce che i genitori italiani dedicano 18 minuti al giorno per dialogare con i figli, meno di quanto lo facciano altri paesi europei. Questi dati ci dimostrano che il tempo dedicato all'ascolto attivo e alla comunicazione efficace risultano molto limitati. Gli studi sulla comunicazione hanno portato Thomas Gordon a sviluppare con un approccio integrato la psicologia rogersiana. Egli scrisse un programma per i genitori e per gli insegnanti (“Genitori efficaci” e “ Insegnanti efficaci”) evidenziando una delle condizioni necessarie per lo sviluppo integrale della persona, cioè l'attitudine all'ascolto. Circa cinquanta anni fa Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra francese, fece una serie di studi che poi portarono allo sviluppo del metodo che da lui prese il nome. Nel grembo materno l'orecchio è il primo organo ad essere del tutto funzionale quando il feto ha soltanto quattro mesi di vita e questo testimonia che l'attività uditiva è il primo anello che lega l'individuo all'ambiente esterno e alle sue sollecitazioni. L'audiopsicofonologia e i suoi metodi trova numerose applicazioni in ambito scolastico con alunni che manifestano problemi cognitivi e comportamentali come la dislessia, deficit di attenzione o iperattività. Il metodo Tomatis sviluppa la pedagogia dell'ascolto allo scopo di liberare le potenzialità della persona risvegliando in essa il desiderio di ascoltare prima di tutto se stessa. Una specie di “regressione” per imparare a seguire il flusso di una efficace comunicazione e favorire un migliore adattamento dell'individuo all'ambiente sociale in cui vive. E forse, non a caso, osservando la forma rannicchiata di un feto riusciamo a cogliere l'analogia con la particolare struttura dell'orecchio umano. L'ascolto attivo si basa sull'empatia e sull'accettazione ed è un processo strettamente collegato con la consapevolezza di sé e degli altri poiché riguarda la metacomunicazione, cioè gli aspetti psicologici e personali che possono valorizzare il semplice trasferimento di informazioni. L'ascolto non è attivo quando:
  • si ascolta ciò che si vuole sentire

  • si pensa a cosa si dirà, non concentrandosi su ciò che sta dicendo l'interlocutore

  • si riferisce tutto quanto si ascolta alla propria esperienza

  • si snobba o si accantona quanto viene detto perché ritenuto di poca importanza

  • si esprime accordo accettando passivamente ogni cosa che viene detta

  • si cambia troppo rapidamente argomento mostrando disinteresse.

Nell'ambito scolastico la comunicazione deve necessariamente seguire delle regole che permettano all'insegnante e agli alunni un proficuo scambio di informazioni. Anche le espressioni del volto e i gesti trasmettono e amplificano il messaggio educativo, e per questo guardare chi parla è un segno di disponibilità e di apertura che richiedono tuttavia anche un controllo emotivo tale da frenare gli atteggiamenti istintivi e creare un clima sereno in cui gli alunni possano trovare lo spazio necessario per esprimere le proprie opinioni senza sentirsi esclusi dalla relazione educativa. Non esistono genitori e insegnanti ideali e perfetti ma un primo passo che ognuno può fare è quello di valorizzare l'ascolto di se stessi per poi imparare ad ascoltare gli altri instaurando un rapporto di empatia e di accettazione. (24 febbraio 2007 )

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dal sito: http://www.rivistadidattica.com/pedagogia/pedagogia_44.htm


 

La comunicazione: saper ascoltare... anche le critiche
 di G. Bassi, R. Zamburlin

 

Tutti hanno bisogno di comunicare, ovviamente, tutte le persone vanno considerate come esseri umani e non come pedine del proprio gioco. Questa è una verità che consideriamo preziosa, tanto è importante tenerla presente, quanto è normale vederla ignorata. Inoltre la differenza fra gli animali e gli esseri umani sta proprio nella comunicazione. Le persone non vanno trattate strumentalmente, ma con rispetto. Purtroppo a volte sono trattati meglio gli animali che le persone.

E' triste avere dei pensieri da comunicare e non avere nessuno a cui dirli. In questo modo questi pensieri si ingrandiscono fino a darti la sensazione di soffocarti e ti senti solo e incompreso. Di fatto la solitudine e l'incomprensione sono diventate le “malattie” dell'uomo d'oggi. Siamo una folla di storie solitarie incomunicate e incomunicabili.

Certo è utile scrivere i propri pensieri sul proprio diario analitico, ma è altrettanto utile avere delle persone con cui condividerli. Il problema è che molti vogliono parlare, ma pochi sono disposti ad ascoltare. Sono maggiori le persone disposte a dare idee, piuttosto che le persone disposte a riceverne. Il più delle volte mentre si ascolta l'interlocutore, si concentra l'attenzione molto meno su quanto sta dicendo lui e molto più su quanto ci prepariamo interiormente a dire noi.

E tuttavia se non comunichiamo non ci sviluppiamo. Così recita il dizionario di psicologia ( 1994 ):

“A fare della comunicazione il fondamento dello sviluppo psicologico dell'individuo è S.E. Asch per il quale il fattore psicologico decisivo del problema dei rapporti dell'uomo con la società, è la capacità dei singoli di comprendere e di reagire alle azioni e alle esperienze altrui. Questo fatto, che permette ai singoli di porsi in reciproco rapporto, diviene lo sfondo di ogni processo sociale e dei più decisivi cambiamenti che si verificano nella persona. Esso rende possibile l'introiezione nel singolo dei pensieri, delle emozioni e dei propositi degli altri, che estendono il suo mondo ben oltre ciò che un suo sforzo senza aiuto potrebbe raggiungere. Permette anche vasti rapporti di interdipendenza, condizione prima del suo sviluppo personale… Viene così modificato l'ambiente psicologico di ognuno, perché vivere in società significa mettere in efficace rapporto l'esperienza pubblica con quella privata. E ciò in modo irrevocabile, poiché una volta entrati nella società, noi entriamo in un cerchio di relazioni che non si possono disfare”.

Il rapporto fra la persona e gli altri è inevitabile, ma se questo rapporto non permette la crescita lo si può trasformare, appunto, attraverso la comunicazione, esprimendo nuovi pensieri, nuovi sentimenti, nuovi valori, nuovi modi d'agire e nuovi progetti.

Chiedi a te stesso e agli altri come comunicate: dite ciò che va detto e nel modo migliore? Esprimete chiaramente le vostre idee e i vostri vissuti? O siete “respingenti”? Gli occhi, lo sguardo e il volto sono sereni e morbidi o duri e freddi? Siete in grado di ascoltare veramente e profondamente? Siete capaci di farvi critiche costruttive?

E' necessario essere attenti alle parole che si dicono: le parole possono essere “pietre”, possono aprire, sostenere e facilitare oppure chiudere, aggredire e negativizzare un rapporto o una situazione. Anche il detto popolare dice che la lingua può ferire più di una spada. Per quanto l'interlocutore possa sembrare negativo, se si sciolgono le difese, i preconcetti e le diagnosi, può essere fantastico: siamo tutti belli dentro… Non è il caso di giudicare gli altri e neanche fare diagnosi di personalità. Piuttosto se volete migliorare la comunicazione, chiedete a chi vi vuole bene, di farvi da specchio in modo da individuare i vostri lati positivi ed esserne contenti e di comprendere i vostri lati negativi per trasformarli, se è possibile e senza colpevolizzarsi. Sappi che comunichi sempre: con le parole, coi gesti del corpo, con la tua presenza o con la tua assenza, come ti vesti, quanto ti avvicini e quanto ti allontani.

Sappiate comunicare empatia, cioè sentire quello che sente l'altro, presenza attenta, fiducia-fede, coraggio, speranza, entusiasmo, crescita, umorismo, espansività. In certi momenti critici potete e dovete scuotervi. Evitate le persone cronicamente lamentose: chi semina lamentazione raccoglie depressione. Non siete un cestino dei rifiuti emotivi…

Ascoltare

E' opportuno riconoscere che una relazione sana e maturante è caratterizzata dal dire in modo equilibrato e, soprattutto, dall'ascoltare autentico e profondo. Se non si ascolta le parole scivolano e non entrano nel mondo interno. La disponibilità ad ascoltare è il metro che misura la disponibilità al vero incontro interpersonale. Ascoltare è un gesto di affetto, è un regalo molto prezioso. Parlare addosso agli altri è un segno d'ansia e, se non si ascolta l'interlocutore, di eccessivo controllo. L'ascolto vero, proprio per il fatto che entra nelle profondità, rinnova la propria vita.

Se si vuole fare della comunicazione un momento di apprendimento, e nella situazione sociale attuale è utilissimo apprendere velocemente soprattutto nei momenti critici della propria vita, allora il momento dell'ascolto deve ampliarsi al massimo per concedere a colui che parla lo spazio interiore più esteso possibile.

Molti credono che ascoltare sia un atteggiamento passivo: niente di più falso. Il vero ascolto è attivo, in quanto richiede un'attenta presenza di sé alle parole dell'altro. E' un investimento di energie emotive e mentali in ciò che si sta compiendo in modo da vivere e offrire la migliore presenza psicofisica. Ascoltare profondamente è faticosissimo, soprattutto quando c'è un forte coinvolgimento emotivo o addirittura aggressività e rabbia.

Ascoltare significa, anche, sciogliere il narcisismo, cioè l'eccessiva preoccupazione di se stessi, della propria immagine, significa fare spazio all'altro, esserci per l'altro, essere a disposizione dell'altro, essere libero per l'altro, mettere a disposizione il proprio mondo interno per l'altro. L'ascolto vero non ha bisogno di difese e di reazioni emotive negative: si risponde nel merito rispettando il punto di vista dell'interlocutore.

Non è il caso di confondere sentire con ascoltare. Una persona può sentire tutto con gli organi di senso, ma non ascoltare profondamente. Il sentire superficiale può essere passivo. Nel sentire superficiale l'interiorità rimane estranea. Nell'ascolto, invece, si va verso l'interlocutore, lo accogliamo, analizziamo i suoi messaggi per discernere i significati utili al nostro sviluppo. Come dice G. Colombero ( 1988 ):

“Nel sentire lasciamo che il suono o le parole scivolino via; non ci facciamo loro spazio; né li fermiamo né ci fermano; ci sfiorano. Nell'ascoltare c'è attenzione e l'attenzione è sempre un atto intenzionale; è la volontà di essere vigili, ben presenti a se stessi e a ciò che si sente per coglierne tutto il carico di significati e di emozioni ( da ciò partono le risposte e le azioni efficaci e nuove ); … L'ascolto è questa volontà di contatto, di cattura dei significati palesi ed impliciti, detti e non detti, nella misura più estesa e più profonda possibile. Il vero ascolto esige di perforare la superficialità, portarsi al di là, fino all'interiorità, elaborare là il suono o le parole in base al campo delle proprie esperienze e della propria sensibilità”.

Quindi l'ascolto profondo è un atteggiamento attivo che richiede: disponibilità, silenzio, attenzione, tempo, coscienza, impegno e volontà.

Utilizzare le critiche

Siccome nessuno è perfetto e siccome nella vita si sbaglia spesso, inevitabilmente arriveranno le critiche rispetto alla tua prestazione, rispetto alla tua personalità e alla capacità di metterti in rapporto ai tuoi collaboratori e agli altri. Ovviamente è meglio ricevere critiche confezionate con educazione, dolcezza e tatto, ma non tutti hanno questa sensibilità ( questa è una critica o una regola che ci si può dare nei rapporti interpersonali, da oggi in poi… ), quindi preparati a contenere critiche aggressive e pungenti.

Normalmente ci risentiamo se qualcuno ci fa una critica, anche perché spesso non viene sottolineato tutto il buono che abbiamo svolto. In pratica il buono viene dato per scontato e l'errore, specialmente se è stato fatale nella prestazione professionale, viene evidenziato. Anche questa può essere una buona norma da utilizzare per il futuro: prima si dice il positivo che si è fatto e poi si analizza il negativo per non ripeterlo. Comunque in genere ci sembra che le critiche siano eccessive, che non tengono conto delle circostanze, dello stato psicologico ( con questo si scusa praticamente tutto… ), delle responsabilità dell'ambiente, dei collaboratori, degli utenti e quant'altro, alla fine ci sentiamo offesi ( come si permette? ).

In linea di massima le critiche che si accettano sono quelle degli amici, perché c'è un'accettazione globale della tua persona e poi, in genere non vengono vissute come un obbligo, ma come benevole, per questo a volte si ascoltano, a volte si lasciano cadere.

E' buona norma anche che chi critica chieda i motivi dell'errore, non per giustificare l'interlocutore o per cercare capri espiatori, ma perché ci sia la possibilità di spiegarsi. Lo scopo delle critiche dovrebbe essere il miglioramento della prestazione professionale o della personalità o delle relazioni, non dovrebbe essere un attacco aggressivo fine a se stesso.

Paradossalmente se vogliamo migliorare dovremmo andare alla ricerca delle critiche più severe, come dice R. Vacca ( 1983 ):

“Dunque le critiche troppo benevole sono inutili. Non ci toccano. Invece, se ammettiamo di non essere perfetti – e dovremmo ammetterlo – dovremmo gradire le critiche dei nostri difetti peggiori per poterli guardare in faccia ed eliminarli. Anzi: dovremmo cercare le critiche dure e severe fatte da persone non troppo amichevolmente disposte. In genere queste persone, però, non si interessano molto del modo in cui ci comportiamo. Non parlano nemmeno di noi e, quindi, dobbiamo fare a meno delle loro utili critiche.“

Non è il caso, quindi, di sentirsi in colpa per gli errori e per i difetti, è, invece, più intelligente utilizzare le critiche per crescere e il discorso, ovviamente, vale per oggi e per il futuro: non abbiamo il potere di cambiare il passato...

E' anche vero che non tutte le critiche sono oggettive, per esempio quelle fatte dagli avversari, spesso hanno lo scopo di distruggervi. Mentre quelle dette dai collaboratori, secondo noi, vanno prese in considerazione: possono contenere dati di realtà utili per ragionare e per cambiare.

Se vogliamo evitare le critiche possiamo fare un lavoro psicologico preventivo attraverso l'introspezione e l'autosviluppo. Possiamo analizzare noi stessi con occhio critico, anche se tendiamo ad essere indulgenti verso noi stessi. Le critiche dei formatori, dei collaboratori e di chi ha autorità su di noi sono più dure, ma possono essere anche più oggettive. Quindi piuttosto che reagire con irritazione e risentimento, rimani calmo, ascoltale, falle entrare nel tuo mondo interno, valuta ciò che ti viene detto entrando nel merito. In fin dei conti ciò che conta è migliorare la prestazione professionale, la personalità e le relazioni, quindi se le critiche hanno questo fine, ben vengano. E' facile che qualcuno, nonostante gli errori, non ti dica niente per non urtarti, ma se tu non ti accorgi degli errori, come fai a migliorare? Questa protezione emotiva rischi di pagarla amaramente… Non è detto che dicano la verità, ma se la dicono? Quindi prendile con l'adeguata considerazione.

Spesso la prima reazione emotiva è quella di negare i fatti, da qui ad accusare l'interlocutore di difetti, problemi e colpe il passo è breve. Cerca di contenere questa reazione più o meno automatizzata di negare le accuse. Se sono vere rischi la dissociazione dai dati di realtà e fuori dalla realtà non si sta tanto bene…

E' utile creare un clima collettivo in cui ci sia il permesso a fare le critiche: si possono svolgere dei colloqui o riunioni di gruppo in cui si possa dire tutto senza censure e siccome lo scopo è migliorare la prestazione, la personalità e le relazioni non ci si offende e non se ne fa una questione troppo personale. Se credi di essere indiscutibile, sarai meno attento a migliorare la qualità della tua prestazione e gli altri non si permetteranno di criticarti. L'avere una buona fama ti potrebbe far perdere l'adeguata attenzione alla situazione, il fatto che nelle prestazioni precedenti sei andato bene non ti garantisce la riuscita in questa. Quindi una buona fama può frenare le critiche degli altri, ma può avere i suoi inconvenienti: nel frattempo potresti non essere migliorato come potevi e questo può avere notevoli costi…

Bibliografia

G. Bassi, Psicologia del successo, Ed. Nuova Phromos, Città di castello ( PG ) 2001.

G. Bassi e R. Zamburlin, La comunicazione nel rapporto di coppia, Ed S. Paolo, Cinisello Balsamo ( MI ), 1998 ( terza edizione 2004 ).

G. Colombero, Dalle parole al dialogo, Ed. S. Paolo, Cinisello Balsamo ( MI ), 1988.

U. Galimberti, Dizionario di psicologia, Ed. UTET, Torino, 1994.

R. Vacca, Come amministrare se stessi e presentarsi al mondo, Ed. Mondadori, 1983.


 

fonte: Vertici Network sito: http://www.vertici.com/rubriche/articolo.asp?cod=10583&cat=APPRO&titlepage=Approfondimenti&page=3

 

 

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