Simulazione |
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Simulazione*Francesco Antinucci "Con il computer nelle scuole simulando (e giocando) s'impara" Simulare non vuol dire soltanto "fingere" o "ingannare", ma è soprattutto un modo per apprendere attraverso l'esperienza anche quando non si ha a disposizione la realtà su cui esercitarsi. Un buon computer, infatti, può immergerci in una vera e propria bottega completa di maestro, dove l'allievo può imparare in modo più semplice e più duraturo. Ma la scuola ancora non riesce a capirlo. Simulazione, computer, scuola. Che
il primo termine (simulazione) e il secondo (computer) abbiano qualcosa a che
fare l'uno con l'altro è cosa nota a chiunque abbia un po' di familiarità con
il mondo degli usi del computer (si veda, ad esempio, il contributo di Parisi in
questo stesso numero). Che il secondo (computer) e il terzo (scuola) abbiano
anch'essi qualcosa a che fare l'uno con l'altro - o dovrebbero averla - è cosa
che da qualche anno si ripete con così tanta frequenza e così ubiquamente che,
oltre a essere entrata nella testa di tutti, appare ormai cosa così ovvia da
non necessitare di alcuna spiegazione. Quello che invece non appare affatto
ovvio è che il primo termine (simulazione) e il terzo (scuola) abbiano a che
fare l'uno con l'altro; anzi, semmai l'inverso: ma che cosa c'entra la
simulazione con la scuola? simulazióne s. f. [dal lat. simulatio -onis, der. di simulare "simulare"]. - 1. L'atto, il fatto di simulare; in partic., qualsiasi atto o atteggiamento che tende a far sorgere in altri un falso giudizio: il suo dolore, o il suo affetto, non è sincero, è solo s.; diffida delle sue proteste: è sempre stato un maestro nella s.; questa è la vera s., però che di sotto è altro che non si dimostra di sopra (s. Bernardino). [voce da Il Vocabolario Treccani] Questo è il primo senso, ed è anche il primo senso riportato nel vocabolario. Vi fa venire nulla in mente questo senso della parola "simulazione" quando lo riferiamo alla scuola? Sono sicuro di sì: basterà scavare un po' nei propri personali ricordi scolastici per trovare simulazioni di tutti i tipi. Ma qui ce ne interessa particolarmente una: la simulazione dell'apprendimento. A scuola si simula l'apprendimento delle conoscenze; questa simulazione ha anche un rituale piuttosto elaborato: compiti a casa e in classe, interrogazioni, attribuzioni millimetriche di voti. Insomma tutto ciò che serve a garantire e certificare - se il rituale ha esito positivo - che l'acquisizione è avvenuta. Ed è proprio qui che scatta la simulazione, perché nella maggior parte dei casi non è avvenuto proprio nulla. Se si fosse appreso, allora si dovrebbe sapere: se si prendono i due criteri cardine che attestano l'esistenza del sapere qualcosa, e cioè, che questo qualcosa sia stato capito e che, proprio per questo motivo, lo si ritenga - perché lo si è "assimilato", come si dice - è facile rendersi conto che quasi mai queste condizioni sono soddisfatte per il sapere che si dovrebbe aver appreso a scuola. Provate a chiedere a uno studente che "sa" la fisica in senso scolasticamente certificato che differenza c'è nel comportamento di un sasso che lascio andare dalla finestra e un sasso che lancio, o quand'è che il sasso da me lanciato raggiunge la sua massima velocità, e ne sentirete delle belle. Oppure provate a misurare la permanenza media di conoscenze di storia, letteratura, geografia, in assenza di continui "ripassi" e, se non siete professori di scuola, sarete sorpresi dalla brevità di questa durata. Intendiamoci, tutto ciò non è dovuto alla perversione e malvagità di studenti e docenti, ignobili simulatori: si tratta piuttosto di simulazione "istituzionalizzata". La scuola non può che operare così, poiché è disegnata e strutturata in modo da produrre questo risultato, e, di conseguenza, la simulazione viene mantenuta con il consenso - implicito o esplicito - di tutti. Per lo meno fino al momento in cui la forza delle cose la svela. Quando, cioè, le conoscenze che si sarebbero acquisite sono veramente richieste per essere usate: ad esempio, per svolgere compiti reali nel mondo del lavoro (ma non solo in questo caso: si provi a richiamare, sempre dal serbatoio scolastico, conoscenze utili a capire un paese straniero o un monumento storico-artistico quando lo si sta visitando, oppure quelle di fisica dei gas e geografia astronomica per capire le argomentazioni che tutte le sere ci propone il signore che prevede il tempo in televisione). E allora giù con le lamentazioni sull'inadeguatezza, lo scollamento, la necessità di cambiare. Il fatto è che si è disposti a cambiare l'aspetto della simulazione, il "simulacro", si potrebbe dire con un'altra parola che significativamente condivide la stessa radice, ma non la simulazione stessa: il fatto che si simuli. Bisogna infatti capire che per cambiare quest'ultimo sarebbe necessario cambiare radicalmente la struttura stessa della scuola. Ho già scritto e mostrato varie
volte (da ultimo in Non
bastano molti computer per fare una scuola moderna, Telèma
13) coma la scuola sia organizzata intorno a una certa modalità di
apprendimento, quella che si chiama "simbolico-ricostruttiva", a sua
volta supportata da una certa tecnologia, quella della stampa. Le conoscenze
sono formulate in un testo, vale a dire in un'estensione di linguaggio
totalizzante e autosufficiente, tipicamente incarnato nella forma-libro. Questo
testo è composto di simboli linguistici che vanno decodificati per ricostruire
gli oggetti e le situazioni cui essi si riferiscono: questa ricostruzione
avviene interamente nella mente e sempre nella mente si opera su di essa per
elaborarla. Non posso in questa sede trattare
del perché disponiamo di due modi di apprendere, né di tutte le
caratteristiche che li differenziano rendendoli quasi opposti, e comunque non
comunicanti. Quello che ci interessa in questo contesto sono invece le grosse
differenze nel risultato che essi producono, per essere precisi nel modo in cui
viene organizzato ciò che abbiamo appreso, e quindi nel modo in cui possiamo
avervi accesso e utilizzarlo. Qui è dunque l'origine di quella
che abbiamo chiamato la "simulazione" scolastica; naturalmente non
basta solo questo: ci vuole anche che la scuola e la sua modalità, nate in
origine per imparare a "leggere, scrivere e far di conto", e poco più,
siano state mostruosamente dilatate e estese a tutto ciò che poteva essere
oggetto di apprendimento. Benché superiore da tutti i punti
di vista, l'apprendimento esperienziale ha una fortissima limitazione: perché
possa verificarsi bisogna che ci sia, appunto, esperienza - bisogna poter
esperire e agire sull'universo pertinente, e dunque essere in presenza, in
contatto fisico con esso - e bisogna essere in presenza e a contatto con un
maestro. La disponibilità effettiva di queste condizioni è riservata a pochi:
pochi apprendono bene, molti non apprendono affatto. Purtroppo nulla si acquista gratis: per operare questo cambiamento bisogna anche cambiare radicalmente il modo di apprendere, da quello esperienziale a quello simbolico, e ciò conduce a quei risultati che abbiamo illustrato e che durano ancora oggi. Ma è proprio oggi che, per la prima volta, è possibile cambiare di nuovo questa situazione, ed è possibile, come sempre, per via di un'altra grande innovazione tecnologica che sta cominciando adesso a dispiegare i suoi effetti: l'introduzione e la diffusione generalizzata del personal computer. Il motivo è semplice: grazie al computer è possibile tornare al vecchio modo di apprendere - quello esperienziale - con tutti i vantaggi che esso comporta, senza le limitazioni che questo modo aveva e che ne hanno determinato lo schiacciamento a favore di quello simbolico sorretto dalla stampa. E come? Qui entra, crucialmente, l'altro senso della parola "simulazione": simulazióne s. f. [dal lat. simulatio -onis, der. di simulare "simulare"]. - 2. Nel linguaggio tecn. e scient., e in partic. nella teoria dei sistemi, ogni procedimento atto a studiare il comportamento di un sistema in determinate condizioni che si basi sulla riproduzione del sistema o dell'ambiente in cui esso deve operare attraverso modelli (siano essi meccanici, analogici, numerici, matematici o altro): per es., nella tecnica, si può realizzare la simulazione della sequenza di montaggio di un dispositivo complesso utilizzando riproduzioni (in materiali più leggeri o in scala ridotta) delle varie parti da assemblare... [da Il Vocabolario Treccani]
Quest'ultimo caso si presta anche a un altro uso altrettanto fondamentale: far apprendere all'operatore, a colui che dovrà poi effettivamente montare l'apparecchiatura nello spazio, la procedura stessa. Di fatto, anzi, gran parte dei modelli e delle simulazioni sono costruiti proprio per far apprendere: anche la simulazione della tecnica e procedura di spegnimento di un incendio appena citata può essere effettuata per insegnare agli operatori come eseguirla correttamente e senza rischi. Esaminiamo ora un momento come funziona quest'apprendimento: imparo facendo. Opero sul modello con la mia azione, il modello reagisce, osservo il risultato, su questa base effettuo l'azione successiva: o andando avanti, se il risultato osservato è conforme alla mia aspettativa, oppure correggendo l'azione che ho fatto, se il risultato non è soddisfacente, e così via. Provo e riprovo; probabilmente interverrà anche un "maestro": qualcuno che mi farà vedere come si fa o che orienterà e correggerà opportunamente la mia azione. Alla fine di questo processo avrò imparato: prima non sapevo né com'era fatta, né come si montava un'antenna, adesso lo so. Dovrebbe essere evidente come questa descrizione corrisponda perfettamente a quello che abbiamo chiamato "apprendere esperienziale". Anzi, se qualcuno non fosse stato
convinto dal nostro discorso precedente, proprio questi esempi mostrano la
superiorità dell'apprendimento esperienziale rispetto a quello simbolico.
Quando vogliamo essere sicuri che la conoscenza sia veramente acquisita e che la
si sappia applicare nel contesto reale in cui è necessaria, ci fidiamo solo
di questo tipo di apprendimento. Certo, perché per insegnare queste cose
potremmo benissimo utilizzare il modo simbolico-ricostruttivo: anziché
costruire un modello e effettuare simulazioni potremmo consegnare a colui che
deve apprendere un bel "manuale di istruzioni", e cioè un testo e
farglielo "studiare", così come si fa a scuola. Supponiamo, invece, che io possa facilmente costruire modelli di questo tipo per i più svariati settori, che disponga cioè di un costruttore di modelli "generale" e che per di più questi modelli siano facilmente riproducibili, trasportabili e diffondibili ovunque a costi relativamente bassi. Supponiamo inoltre che questi modelli possano incorporare una certa "intelligenza" e cioè che non solo reagiscano meccanicamente alla mia azione comportandosi di conseguenza ma che siano anche in grado di "commentarla", indicandomi se ho eseguito l'azione giusta o suggerendomi l'azione da fare in una certa circostanza, e magari mostrandomela: in una parola, che incorporino anche la funzione di un "maestro" esperto. Non sarebbe allora possibile pensare a generalizzare ovunque la modalità di apprendimento esperienziale, né più e né meno di come la possibilità di riprodurre facilmente e a basso costo qualunque testo ha generalizzato la modalità di apprendimento simbolico? Bene, questa possibilità esiste concretamente poiché esiste ormai la tecnologia che la supporta: si tratta della simulazione gestita dal computer. La simulazione gestita dal computer libera la costruzione dei modelli dalla materialità e quindi permette di generalizzarla a ogni campo - non devo fisicamente fabbricare i pezzi, li "simulo" al computer. Siccome, poi, il computer è una macchina inerentemente interattiva - una macchina che risponde in base alle azioni che io compio - è in grado di far svolgere perfettamente i cicli di osservazione-azione che caratterizzano il lavoro esperienziale con i modelli. Infine può benissimo incorporare quell'intelligenza - che nella fattispecie va sotto il nome di "intelligenza artificiale" - che le consente di svolgere il ruolo di "maestro". Il tutto è incorporato in un programma del quale si possono fare infinite "copie" a costo irrisorio che possono essere diffuse ovunque con facilità. La simulazione gestita dal computer può essere la nuova bottega completa di maestro, che ha però le caratteristiche di "massa" che erano tipiche della stampa. E non si tratta affatto di una possibilità teorica, la cui realizzazione va messa in cantiere: di questi "simulatori", con tutte le caratteristiche che abbiamo descritto, ne esistono già; sono alla portata di tutti e, se avete un figlio "computerizzato" in età adolescenziale o giovanile, ne avete probabilmente già qualcuno in casa. Già, perché c'è un terzo e ultimo senso della parola "simulazione", strettamente connesso al secondo, come dice lo stesso dizionario: simulazióne s. f. [dal lat. simulatio -onis, der. di simulare "simulare"]. - 3. Con sign. analogo, giochi di s., tipo di giochi da tavola che, ricostruendo su un grande tavoliere di cartone le condizioni effettive in cui si sono svolti o si possono svolgere particolari avvenimenti o situazioni (per es., una battaglia, il gioco in borsa, la speculazione edilizia) e basandosi solo in parte sul fattore aleatorio (determinato, per es., dal lancio di un dado o dall'estrazione di carte con indicazioni prescrittive), mirano a far risaltare le capacità strategiche o, in altri casi, diplomatiche, dei giocatori, mettendo loro a disposizione, sotto forma di pedine contrassegnate da simboli varî, i mezzi, gli strumenti proprî di quella determinata situazione e con caratteristiche corrispondenti a quelle reali (per es., nei giochi di guerra, i mezzi di rifornimento e i varî tipi di armi).[da Il Vocabolario Treccani]. In realtà questa voce è un po' "arcaica", perché parla di giochi da tavola: ormai i giochi di simulazione per eccellenza sono quelli elettronici, costruiti sul computer, dove è possibile approssimare la "corrispondenza alla realtà" a ben altri livelli. Bene, sedetevi al computer di vostro figlio e "caricate" uno di questi giochi: per esempio, un simulatore "gestionale". Potreste allora ritrovarvi a capo di un'impresa che deve costruire e gestire le ferrovie di un intero paese. Avrete a che fare con progettisti, appaltatori, ambientalisti, banche, finanziatori, sindacati, amministratori nazionali e locali che rispondono alle vostre richieste e alle vostre "mosse". Dovrete elaborare strategie che vi consentano di non fallire e, sperabilmente, di progredire: nel fare questo imparerete - sulla vostra pelle - che cosa sono e come funzionano cose come costi, investimenti, profitti, indebitamenti, interessi, e così via. Allo stesso modo, e con uno sforzo
non particolarmente impegnativo, si potrebbero costruire giochi tramite i quali
imparare i principi della dinamica o dell'elettromagnetismo, giacché
"giocare" in questo senso non è altro che sinonimo di
"imparare", così come lo è per il bambino piccolo che
"giocando" dalla mattina alla sera impara come è fatto il mondo. |