Per "stile cognitivo" si intendono le differenze individuali durature ed interamente coerenti nell'organizzazione e nel funzionamento cognitivo. Il termine si riferisce sia alle differenze individuali nei principi generali dell'organizzazione cognitiva (agli aspetti della semplificazione e della coerenza), sia alle varie tendenze soggettive, internamente coerenti, quali l'intolleranza all'ambiguità, la memoria per un particolare tipo di esperienze che non si riferiscono al funzionamento cognitivo umano generale. Riflette differenze di personalità e differenze genetiche ed esperienziali nelle capacità e nel funzionamento cognitivo; e, di fatto, opera una mediazione tra motivazione ed emozione, da un lato, e cognizione, dall'altro. Tuttavia, una seria carenza metodologica, comune a molte ricerche in questo campo, è il fatto che la generalità di funzione, all'interno del compito e tra i compiti, delle misure che usano per lo stile cognitivo, le sue determinanti e le sue conseguenze funzionali, non è stata adeguatamente individuata. E' da discutere, quindi, se queste misure siano davvero indicative di tratti cognitivi stabili e generalizzati.
Molte variabili dello stile cognitivo riflettono differenze individuali rispetto a talune proprietà o caratteristiche generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo che caratterizzano gli esseri umani, quali l'immagazzinamento delle informazioni e i vari processi. Tali tendenze si verificano lungo le stesse linee e si applicano a tutti gli individui a tutte le età, ma in particolari persone sono marcatamente più o meno accentuate. Tra le varie caratteristiche generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo, già considerato in questo volume, sono:
a) la tendenza a seguire il principio della differenziazione progressiva, nell'acquisizione che il discente fa di settori conoscitivi completamente nuovi, o di nuove componenti di settori già familiari,
b) la tendenza al riduzionismo o alla semplificazione, allo scopo di alleggerire il peso delle cose da conoscere, che si manifesta nei processi di astrazione, formazione di concetti, categorizzazione, generalizzazione e assimilazione obliterativa;
c) la tendenza a raggiungere una maggiore coerenza interna o congruenza di significato con la struttura cognitiva, attraverso la dimenticanza selettiva o il fraintendimento selettivo di nuove idee non familiari o contrastanti con i contenuti già presenti nella struttura cognitiva.
Con l'espressione stile cognitivo, peraltro usata spesso genericamente e in maniera tutt'altro che univoca, si intende una modalità di elaborazione dell'informazione che si manifesta in compiti diversi e addirittura in settori diversi del comportamento. Come il termine stile suggerisce, si tratta di caratteristiche cognitive che sono globali, o perlomeno diffuse, nel senso che si rilevano non solo nel funzionamento cognitivo dell'individuo, ma anche nei suoi atteggiamenti, nei modi di rapportarsi agli altri o di reagire a situazioni inconsuete, e così via: così, si parla di stile dipendente o indipendente dal campo, riflessivo o impulsivo, convergente o divergente, ecc., con una varietà di denominazioni che non contribuisce certo a una concettualizzazione unitaria.
Nella ricerca sugli stili di apprendimento si può individuare, pur nella diversità dei nomi con cui gli stili vengono chiamati, una dimensione abbastanza frequente che riguarda il livello superficiale o profondo dell'elaborazione del materiale di apprendimento.
Da alcune ricerche sugli stili cognitivi
Gli stili cognitivi: caratteristiche individuali nell'approccio ai problemi? Diverse strategie di elaborazione, categorizzazione, utilizzazione dell'informazione? Differenze cognitive, motivazionali e di personalità.
da BRUNER: "schemi di presa di decisioni" attraverso cui gli individui identificano i concetti.
da GARDNER: "principi di controllo cognitivo" sono strutture psicologiche per adattarsi all'ambiente che variano da individuo ad individuo.
Diversa "articolazione del campo" (tendenza ad analizzare una situazione complessa nelle sue parti o globalmente); diversa reazione ai "cambiamenti delle stimolazioni" tendenza a livellarli o ad affiliarli); diversa tolleranza a situazioni irreali; diversa ampiezza di categorie per classificare gli oggetti.
da VITKIN: individui disposti su un continuum che va da una maggior o minor "dipendenza dal campo":
1) individui campo-dipendenti: percezione degli elementi solo come parti del tutto. Soluzione dei problemi molto vincolata. Interesse e disponibilità verso i rapporti interpersonali:
2) individui indipendenti: più analitici, più liberi dai vincoli nel risolvere i problemi e più impersonali nei rapporti umani.
HUNT: due diversi modi di elaborare l'informazione corrispondenti a due diversi modi di utilizzare la memoria:
1)soggetti con alta abilità verbale che utilizzano meglio la memoria a breve termine.
2)soggetti con alte capacità che resistono di più alle interferenze nella memoria.
Stili di apprendimento e stili cognitivi
Gli stili di apprendimento rappresentano le modalità preferenziali secondo cui i diversi individui apprendono; i termini più specifici possono essere considerati come "la predisposizione ad adottare una particolare strategia di apprendimento indipendentemente dalle caratteristiche specifiche del compito". Quanto alla strategia di apprendimento (concetto che a questo punto diviene basilare per intendere quello di stile), questa sembra definibile come un insieme di procedure utilizzabili per conseguire l'apprendimento.
Ad esempio la ricerca psicopedagogica ha distinto, nell'apprendere a classificare, tra due strategie: una strategia olistica che procede per ipotesi generali e caratterizza uno stile apprenditivo per comprensione, connotato da un approccio complessivo al compito che si traduce nella tendenza a costruirsi uno schema generale di questo; e una strategia seriale che si basa su ipotesi circoscritte e qualifica uno stile apprenditivo per operazioni, segnato dalla tendenza ad affrontare il compito passo passo, per segmenti limitati successivi.
Analogamente, per quanto concerne l'acquisizione dei concetti, ovvero la scoperta-selezione dei tratti semantici pertinenti a definirli, si distingue tra una strategia di esame simultaneo (in cui si trattano più ipotesi contemporaneamente, decidendo quali eliminare e quali mantenere) e una strategia di esame successivo in cui si controlla un'ipotesi alla volta.
Un concetto più ampio di quello di stile di apprendimento - e che ingloba quest'ultimo come proprio aspetto particolare - è quello di stile cognitivo, con il quale si intendono le modalità preferenziali con cui gli individui elaborano l'informazione nel corso di compiti diversi.
Nel caso di compiti apprenditivi gli stili cognitivi dell'individuo tendono a determinare la strategia che questi adotterà per cercare di imparare (il suo stile di apprendimento), ma avranno anche una influenza complessiva sul processo di acquisizione dell'abilità perseguita e sulle probabilità che tale processo abbia successo in relazione alle caratteristiche del compito.
La forma mentis
L'idea che l'intelligenza sia in realtà "plurale", ossia che vi siano più forme di intelligenza, non è nuova nell'ambito delle teorie psicometriche. Thurstone, ad esempio, aveva già da tempo individuato più abilità cognitive generali non riconducibili ad un fattore unico. Tuttavia sono innegabilmente nuove le formulazioni che di tale idea sono state date in tempi relativamente recenti.
Asserendo che l'intelligenza è "l'abilità in un medium culturale" e definendo il medium come un "campo di attività esecutiva" (a partire da quelli elaborati dalla cultura: il parlare, il contare, il disegnare, ecc.), Olson ha dilatato in modo del tutto inedito la pluralità delle intelligenze e, al tempo stesso, ha sottolineato il ruolo della mediazione culturale nello sviluppo delle diverse forme di intelligenza, dal momento che i differenti "campi di attività esecutiva" trovano collocazione e significato in specifici contesti socioantropologici (il che suggerisce anche la relatività culturale del concetto di intelligenza: ogni cultura tende a sviluppare maggiormente l'abilità in certi media piuttosto che in altri). Dal canto suo, Gardner ha ipotizzato che la pluralità dell'intelligenza si sostanzi in distinte formae mentis, in matrici cognitive differenziate che si traducono in diverse attitudini intellettive. Vi sarebbe cosi un'intelligenza linguistica, un'intelligenza musicale, un'intelligenza spaziale, un'intelligenza corporeo-cinestetica, ecc.
Da un certo punto di vista il discorso di Gardner, è affine a quello della pluralità degli stili cognitivi rispetto alla preferenza per i sistemi di rappresentazione simbolico-verbale, iconica, anestetica. Tuttavia la specificità della sua prospettiva è evidenziabile inquadrandola nella cornice culturalista tracciata da Olson.
La scuola non coltiva lo sviluppo delle intelligenze in modo puramente formale: bensì lo stimola promuovendo l'abilità rispetto a media culturali ben definiti e strutturati: le discipline scolastiche. Da questo punto di visti ogni disciplina è portatrice di una propria forma mentis e induce un certo tipo di mentalità attraverso un training prolungato: la mentalità storica (da storico), la mentalità matematica (da matematico), la mentalità letteraria (da letterato) ecc.
Il pensiero convergente e il pensiero divergente
Guilfort ha innanzi tutto distinto il "pensiero convergente" dal "pensiero divergente". Il pensiero convergente - che tende ad identificarsi con il pensiero logico, già studiato dai precedenti fattorialisti - viene attivato nelle situazioni che permettono un'unica risposta pertinente. Esso, quindi, rimane circoscritta entro i confini del problema e segue le linee interne al problema stesso, aspettando o utilizzando regole già definite e codificate. Esso, è caratterizzato dalla ripetizione del già appreso e dall'attivato nelle vecchie risposte a situazioni nuove in moto più o meno meccanico. Il pensiero divergente - il quale comprende in se le componenti cognitivi e della creatività è invece attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita o di sviluppo. Esso pertanto va al di là di ciò che è contenuto nella situazione di partenza, supera la chiusura dei dati del problema, esplora varie direzioni e produce qualcosa di nuovo e di diverso.
I fattori del pensiero divergente
Secondo Guilford, i principali aspetti che contraddistinguono il pensiero creativo sono fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione, valutazione.
Per fluidità si intende la capacità di produrre tante idee, senza riferimento alla loro qualità o adeguatezza ai fini della soluzione del problema o del miglioramento della situazione. Tale capacità risiede nella ricchezza e varietà del flusso di pensiero che viene suscitato da una situazione problemica. Quanto più abbondante è il numero di ipotesi, ricordi o fantasie che viene prodotto, tanto maggiore è la possibilità che uno di questi elementi cognitivi possa risultare utile per risolvere il problema.
La flessibilità indica invece la capacità, nel corso del flusso di pensiero, di cambiare strategia ideativa, cioè di passare da una successione o catena di idee a un'altra, da un'impostazione o schema ad un altro, da una categoria di elementi a un'altra, ossia la capacità di risolvere vari compiti ognuno dei quali richiede una diversa strategia solutoria.
L'originalità consiste nella capacità di trovare risposte insolite o uniche, cioè risposte cui in genere le altre persone non pervengono o risposte che in un campione di soggetti vengono fornite da un solo individuo. Occorre tener presente che l'originalità di una data risposta muta a seconda del contesto culturale in cui ci si trova.
I 13 stili di apprendimento di R. Sternberg*
(secondo la sua “Teoria dell’autogoverno mentale”)
Per stile di apprendimento si intende invece la tendenza di una persona a preferire un certo modo di apprendere/studiare; riguarda la sua modalità di percepire e reagire ai compiti legati all’apprendimento, attraverso la quale mette in atto, o sceglie, i comportamenti e le strategie per apprendere. Si tratta di un prolungamento dello stile intellettivo, di una modalità che si manifesta in vari contesti. Coinvolge non solo aspetti cognitivi, ma anche socio-affettivi, cioè quegli aspetti legati alla nostra personalità che possono influenzare l’approccio all’apprendimento.
Nel panorama degli studi e teorie presenti sull’argomento, una posizione rilevante, per esaustività ed approfondimento, è quella di Sternberg, che quale propone la “Teoria dell’autogoverno mentale”, secondo la quale gli individui, in situazioni problematiche, adottano particolari modalità di soluzione, che sono strettamente legate a strategie operative. In linea con la sua teoria triarchica dell’intelligenza (Sternberg, Spear-Swerling, 1997), le persone intelligenti sarebbero quelle che ottimizzano i propri punti di forza e che rimediano o compensano i propri lati deboli, riuscendo a trovare un buon equilibrio fra le proprie abilità e i propri stili preferiti. Le persone che non riescono ad operare una simile armonizzazione rischiano di essere frustrate dalla discrepanza fra ciò che sanno fare e ciò che preferiscono fare.
La tesi che Sternberg propone è che ciò che succede nella vita dipende non solo da quanto pensiamo bene, cioè dalle nostre abilità, ma anche da come pensiamo, cioè dal nostro stile cognitivo.
Il presupposto su cui si basa questa teoria è che le forme di governo esistenti al mondo sarebbero riflessi esterni di quel che succede nella mente delle persone, rappresentando i vari modi in cui viene organizzato il pensiero. Ciò che egli cerca di proporre è un parallelo tra il modus operandi dei governi e quello che caratterizza le modalità di elaborazione cognitiva delle persone: come le società hanno bisogno di governarsi per poter agire nel mondo, così gli individui devono disciplinare le proprie risorse, organizzare le proprie vite e porre priorità su ciò di cui si devono occupare.
La teoria si avvale di un modello organizzativo chiaro: tutti gli stili definiti da questa teoria corrispondono metaforicamente ad aspetti del governo di uno stato ideale. I governi, per poter operare, devono svolgere tre funzioni: quella legislativa, quella esecutiva e quella giudiziaria (il ramo esecutivo attua le leggi, le politiche e le iniziative emanate dal ramo legislativo, mentre il ramo giudiziario valuta la loro corretta applicazione o l’eventuale violazione). Oltre ad avere funzioni diverse, i governi si esplicano in forme diverse (monarchica, gerarchica, oligarchica ed anarchica), hanno sfere diverse (esterna ed interna), livelli diversi (globale, analitico) e propensioni diverse (radicale, conservatore). La metafora politica è importante perché separa nettamente il concetto di abilità da quello di stile cognitivo, infatti nessuna funzione “governativa” vale di più o di meno delle altre, ha semplicemente una funzione diversa.
Secondo l’idea di Sternberg ciascun individuo sarebbe caratterizzato non da singoli stili, rappresentati come polarità cognitive, ma da un profilo che è dato dall’insieme di più stili. Le persone hanno infatti delle caratteristiche particolari che li contraddistinguono in ciascun dominio: funzioni, forme, livelli, sfere e propensioni.
Il risultato è una classificazione in 13 stili cognitivi che l’autore definisce e descrive così:
- stile “legislativo”: caratteristico delle persone che preferiscono decidere da sole cosa fare e come farlo. Si tratta di individui propensi a creare e formulare regole proprie e programmare proprie forme di comportamento. Per questo motivo preferiscono non avere a che fare con problemi che siano già prestrutturati. Questo stile, quindi, favorisce particolarmente la creatività e può essere piuttosto penalizzato in certi ambienti scolastici o di lavoro, dove le persone che lo adottano sono viste come troppo fuori dagli schemi e poco inclini a sottomettersi alle regole dell’istituzione.
- stile “esecutivo”: caratterizza le persone che tendono ad applicare volentieri delle regole e preferiscono risolvere i problemi che vengono dati loro o strutturati per loro; trovano piacere nel portare bene a termine un compito assegnato, preferiscono ricevere istruzioni riguardo a cosa fare e come farlo e applicano volentieri procedure e regole che hanno imparato. E’ intuibile come lo stile esecutivo tenda ad essere valorizzato in molti ambienti scolastici e di lavoro, in quanto si tratta di persone altamente affidabili.
- stile “giudiziario”: tipico di chi ama valutare regole, procedure e le idee esistenti. Le attività preferite sono: scrivere critiche, esprimere opinioni, valutare le persone ed il loro lavoro.
- stile “monarchico”: descrive le persone risolute che si lanciano completamente su un interesse o un’impresa e difficilmente permettono a qualcuno di frapporsi fra loro e la risoluzione di un problema. Si aspettano che i compiti vengano svolti senza scuse o circostanze attenuanti, tendono ad essere motivate da un solo obiettivo o da un solo bisogno alla volta e spesso hanno un’idea fissa e ne sono trascinate.
- stile “gerarchico”: caratterizza persone che hanno una gerarchia di obiettivi e riconoscono la necessità di stabilire delle priorità, dato che non tutti gli obiettivi possono essere raggiunti in modo soddisfacente. Essi tendono ad accettare la complessità più di coloro che hanno uno stile monarchico e riconoscono la necessità di considerare i problemi da varie prospettive, per stabilire correttamente le priorità. Queste persone tendono ad essere organizzate e sistematiche nella risoluzione dei problemi e nel prendere decisioni. Possono essere concentrate a tal punto sui vari elementi della gerarchia, da non riuscire a prendere una decisione che richieda il piglio deciso.
- stile “oligarchico”: tipico delle persone che desiderano fare più di una cosa nella stessa cornice temporale, tendono ad essere motivate da numerosi obiettivi, anche in competizione fra loro, di uguale importanza percepita. Spesso si sentono sotto pressione di fronte alle numerose e contemporanee cose da fare. Non sono sempre sicure di che cosa sia meglio fare per prima, o di quanto tempo assegnare a ciascuno dei compiti che devono portare a termine. Tuttavia, se viene loro fornita una guida rispetto alle priorità dell’organizzazione in cui operano, possono diventare molto efficaci, in quanto caratterizzati da flessibilità, per adattarsi a circostanze continuamente mutevoli.
- stile “anarchico” : caratterizza le persone motivate da una mescolanza di bisogni e obiettivi e che adottano un approccio casuale ai problemi. Tendono a respingere i sistemi, specialmente quelli rigidi e hanno grande potenzialità creativa: l’orizzonte delle cose che considerano è particolarmente vasto, di conseguenza possono scorgere soluzioni ai problemi che tutti gli altri trascurano.
- stile “globale”: definito dalla preferenza per questioni relativamente vaste ed astratte. Queste persone non amano i dettagli, devono stare attente, pertanto, a non perdere i particolari.
- stile “analitico”: tipico di persone orientate agli aspetti pragmatici delle situazioni, che apprezzano i problemi concreti e che richiedono di lavorare con i dettagli.
- stile “interno”: caratterizza persone tendenzialmente introverse, distaccate o fredde nei confronti del mondo esterno e talvolta poco consapevoli socialmente. A loro piace lavorare da sole e tendono un po’ all’isolamento.
- stile “esterno”: tipico di chi risulta estroverso, espansivo, orientato alla gente, socialmente sensibile, che ama lavorare con gli altri in tutte le situazioni in cui ciò è possibile.
- stile “radicale”: definisce le persone che si trovano particolarmente a loro agio quando vanno al di là delle regole e delle procedure esistenti, favoriscono il massimo cambiamento e ricercano situazioni nuove che possono anche presentare una certa incertezza ed ambiguità.
- stile “conservatore” caratteristico di chi ama conformarsi alle regole ed alle procedure esistenti, privilegiando il minimo possibile di cambiamenti, evitando le situazioni ambigue e restando attaccato alle situazioni familiari nella vita privata e professionale. Si sente più a suo agio in un ambiente strutturato e relativamente prevedibile.
*R. Sternberg (biografia su Wikipedia)
Lo stile di apprendimento esperienziale di Kolb*
Kolb ha introdotto in letteratura il concetto di apprendimento esperienziale, un processo dove la conoscenza è creata attraverso l’osservazione e la trasformazione dell’esperienza. L’apprendimento esperienziale si contrappone al punto di vista sull’apprendimento che assimila il discente ad una tabula rasa che acquisisce passivamente dei concetti e le relazioni fra loro. Kolb intende l’apprendimento come una riflessione sulle azioni: in questo caso la conoscenza è ottenuta attraverso l’osservazione di esperienze concrete o attraverso la comprensione di concettualizzazioni astratte, si trasforma attraverso l’osservazione riflessiva e si amplia mediante la sperimentazione attiva.
Questo tipo di apprendimento viene concepito come un ciclo con 4 stadi: il soggetto, inizialmente, dovrebbe partire dall'esperienza concreta, cioè dai dati di fatto, dall’osservazione di come si fa una cosa, per passare a riflettere e a ripetere ciò che è stato fatto, ciò che si è esperito, attraverso l’osservazione riflessiva. Successivamente deve interpretare gli eventi a cui ha assistito cercando di cogliere le relazioni fra di essi: deve cercare di produrre concetti astratti ed estenderli a nuove situazioni attraverso la concettualizzazione astratta; infine deve tradurre le nuove conoscenze in aspettative su quali azioni compiere per eseguire bene il compito e verificare i concetti in nuove situazioni tramite la sperimentazione attiva.
Schematicamente questo modello può essere riassunto nelle seguenti fasi:
- stadio delle esperienze concrete (EC), dove l’apprendimento è influenzato prevalentemente dalle percezioni e dalle reazioni alle esperienze;
- stadio dell’ osservazione riflessiva (OR), dove l’apprendimento è influenzato prevalentemente dall’ascolto e dall’osservazione;
- stadio della concettualizzazione astratta (CA), dove l’apprendimento prende la forma soprattutto del pensiero e dell’analisi dei problemi in modo sistematico;
- stadio della sperimentazione attiva (SA), dove l’apprendimento è influenzato soprattutto dall’agire, dallo sperimentare, osservando i risultati.
Nello stadio delle esperienze concrete il focus è sul coinvolgimento diretto e personale nelle esperienze. Questo orientamento enfatizza:
1. i sentimenti piuttosto che i pensieri
2. l’unicità e la complessità della realtà presente piuttosto che le teorie e le generalizzazioni
3. un approccio intuitivo ed “artistico” ai problemi.
L’esperienza produce sensazioni, reazioni, comportamenti che manifestano attitudini, capacità ed atteggiamenti della persona rispetto alla situazione in cui l’esperienza si realizza. Le persone con un tale orientamento amano relazionarsi con gli altri ed hanno spiccate capacità in questo senso. Sono dei buoni decision-makers intuitivi e lavorano meglio nelle situazioni poco strutturate. Attribuiscono valore alla pazienza, all’imparzialità ed ai giudizi ben ponderati. Prediligono uno stile pragmatico nelle attività formative, orientandosi verso:
1. attività di laboratorio, lavori sul campo;
2. letture, esempi, attività;
3. simulazioni, giochi, osservazione, visioni di video.
Nello stadio dell’ osservazione riflessiva il focus è incentrato sulla comprensione del significato delle idee e delle situazioni per mezzo dell’osservazione e della descrizione imparziale. Questo tipo di orientamento enfatizza:
1. la comprensione piuttosto che l’applicazione;
2. l’interesse per la verità o il perché degli eventi piuttosto che la praticità;
3. la riflessione piuttosto che l’azione.
L’osservazione può essere condotta sul vissuto personale, sul comportamento, proprio ed altrui o sulla dinamica interpersonale scaturita dall’esperienza concreta. Rappresenta il primo gradino per l’acquisizione della consapevolezza e per la trasformazione delle percezioni, dei valori, degli atteggiamenti e delle convinzioni personali. Le persone con un
tale orientamento amano pensare ai significati delle situazioni e delle idee e sono molto abili nel capirne le implicazioni. Sono in grado di osservare i fenomeni da prospettive diverse e sanno apprezzare la diversità dei punti di vista. Il docente è concepito come il facilitatore di processo, sostenendo il ragionamento induttivo, mediante la tecnica del rispecchiamento e l’utilizzo del suggerimento. Le attività didattiche ad esso connesse sono la lettura di riviste scientifiche, discussioni in aula o di gruppo, attività di brain storming.
Nello stadio della concettualizzazione astratta il focus è sulla logica, le idee ed i concetti. Questo orientamento enfatizza:
1. il pensiero piuttosto che il sentimento
2. l’elaborazione di teorie generali piuttosto che la comprensione intuitiva
3. l’approccio scientifico piuttosto che “artistico” ai problemi.
Tale momento dell’apprendimento è influenzato dai paradigmi interpretativi individuali formati da assunti, valori ed esperienze vissute. Formula ipotesi, elabora teorie da cui si astraggono concetti utili a generalizzare ed a spiegare le riflessioni prodotte durante l’osservazione riflessiva. Lo sviluppo di concetti aiuta l’individuo ad immaginare altre esperienze concrete a cui si possono rivolgere le stesse o diverse domande. Le persone caratterizzate da questo stile di apprendimento vengono definite “teorizzatori” o “teorici”, amano e sono capaci di pianificare sistematicamente, manipolare simboli astratti e operare analisi quantitative. Questi individui attribuiscono valore alla precisione, al rigore ed alla disciplina dell’analisi, alla qualità estetica dei sistemi concettuali. Preferiscono apprendere mediante lezioni, articoli, analogie, diagrammi di relazione.
Nello stadio della sperimentazione attiva il focus è sul cambiamento di situazioni e persone. Questo orientamento enfatizza:
1. le applicazioni pratiche piuttosto che la riflessione
2. un interesse pragmatico verso ciò che funziona piuttosto che verso ciò che è vero in assoluto
3. il fare piuttosto che l’osservare.
L’apprendimento in questa fase assume una forma attiva sperimentando, influenzando o cambiando alcune situazioni. È uno stile di apprendimento che predilige un approccio pragmatico, pratico con il funzionamento reale delle cose. Le persone con questo orientamento amano e sono capaci di realizzare, sono disposti ad assumersi rischi nella realizzazione dei loro obiettivi ed attribuiscono valore alla capacità di modificare le situazioni ed alla realizzazione di risultati. Gli individui che apprendono in questo modo prediligono le simulazioni, studi caso, progetti sul campo, momenti di laboratorio, compiti da svolgere a casa. Questi quattro stadi si sostengono a vicenda, nessuno, preso singolarmente, è efficace per il processo di apprendimento, ma gli studenti possono cominciare da qualsiasi punto del ciclo perché ogni stadio alimenta quello successivo. Ciascun stadio ha la medesima importanza all’interno del processo globale e richiede differenti abilità e competenze che gli studenti devono saper applicare a seconda della situazione.
Queste modalità si distribuiscono lungo un continuum che ha per poli concretezza e astrattezza (EC-CA) e lungo un continuum che misura sperimentazione attiva e riflessività (SA-OR) .
Se le quattro fasi vengono contrapposte due a due, dagli incroci delle coordinate bipolari si evidenziano 4 stili di apprendimento che corrispondono a quattro tipologie di soggetti.
La combinazione astratto e attivo ci dà lo stile convergente; la combinazione concreto e riflessivo ci dà lo stile divergente; la combinazione riflessivo e astratto ci dà lo stile assimilatore e infine la combinazione concreto e attivo ci dà lo stile accomodatore. 5
Le caratteristiche dei 4 stili di apprendimento possono essere così sintetizzate:
- I CONVERGENTI sono abili nell'applicazione pratica delle idee, tendono ad affrontare i problemi in base ad un ragionamento ipotetico-deduttivo. Preferiscono l'azione immediata all'introspezione prolungata e tendono a mettere in pratica le idee il più rapidamente possibile. Per loro la migliore teoria del mondo non vale nulla se non ha applicazioni immediate. Riescono a pensare meglio quando possono fare esperienze di prima mano e privilegiano interessi rivolti alle materie scientifiche e tecniche. Questo stile si rivela particolarmente proficuo nel problem solving, nella presa di decisioni e nell’applicazione pratica delle idee. E’ stato definito “convergente” perché una persona caratterizzata da questo stile sembra trovarsi maggiormente a suo agio in quelle situazioni in cui vi è una singola risposta corretta o una sola soluzione ad un problema.
- I DIVERGENTI hanno delle strategie opposte a quelle che caratterizzano lo stile convergente. Essi preferiscono l’esperienza concreta e l’osservazione riflessiva, sono interessati alla gente e tendono ad essere immaginativi ed emotivi. Riescono a vedere i problemi da vari punti di vista e organizzano i contenuti in strutture significative. Ricercano continuamente significati nel mondo intorno a sé chiedendo in continuazione "Perché...?". Instaurano facilmente rapporti affettivi, sono socievoli e pronti a collaborare. Hanno vasti interessi culturali con prevalenza nel settore artistico. Questo stile è definito divergente perché gli individui riescono meglio in quelle situazioni che necessitano di brainstorming per la generazione di idee alternative.
- Gli ASSIMILATORI sono abili nell'elaborazione di modelli teorici attraverso ragionamenti induttivi. Assimilano le conoscenze in strutture coerenti ed esplicative, sono obiettivi, razionali, logici e si preoccupano più dei fatti che delle persone. Spesso sono assertivi ed emotivamente controllati, ricercano il riconoscimento dagli altri, specialmente dalle figure che hanno un'autorità, per le quali nutrono molto rispetto. Sono più teorici che pratici ed attivano una metodologia coerente e precisa, che può tradursi nella ricerca scientifica. Amano creare modelli teorici logici ed usare il ragionamento induttivo per assimilare osservazioni discrete in una spiegazione integrata. Per loro è importante che la teoria sia logica e precisa e in quelle situazioni in cui la teoria non corrisponde ai fatti, gli “assimilatori” sono portati a rivedere i fatti, piuttosto che rigettare la teoria. Questo stile di apprendimento è caratteristico delle scienze di base, piuttosto che delle scienze applicate.
- Agli ACCOMODATORI, infine, che hanno delle caratteristiche opposte agli “assimilatori”, piace l’esperienza concreta. Sono abili nell'attività di sperimentazione attiva, però non in quella rigorosamente scientifica, e sanno far sintesi tra situazioni concrete e principi teorici. Sono pensatori pratici, flessibili, intuitivi ai quali piace apprendere per prove ed errori più che per analisi. Affascinati dallo sperimentare ed inventare, riescono
meglio quando possono produrre liberamente, reagendo alle sfide intellettuali più con la velocità che con il pensiero. Essi sono attivi: portano a termine piani e compiti, ma impostano la loro attività più sulle informazioni provenienti da altre persone che sull'analisi personale dei dati; prevalgono nei settori della tecnica e del commercio. Questo stile di apprendimento è definito “accomodatore” perché gli individui caratterizzati da questa modalità riescono facilmente ad adattarsi ai cambiamenti repentini di circostanze. Quando le teorie o i piani non si adattano ai fatti, gli individui “accomodatori” sono disposti a scartarle. Sono più disponibili, rispetto agli altri tre stili, ad assumersi dei rischi. I loro ambiti educativi preferiti sono quelli tecnici o pratici, orientati all’azione.
La teoria dell’apprendimento esperienziale ha evidenziato l’importanza dell’esperienza concreta nel processo di apprendimento degli individui adulti. “Apprendere dall’esperienza” mediante momenti di riflessione critica è diventata un’importantissima modalità di sviluppo personale e psicologico.
David A. Kolb (biografia su Wikipedia) |