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A proposito della formazione duale

(Risposta a Maurizio Tiritico)

Caro Maurizio,

mi sembra che hai colto nel segno. In effetti sia la legge 196/97 che la legge 30/2000 (meno invece a parere mio l'articolo 68 della legge 144/99 che ha istituito l'obbligo formativo) hanno mantenuto il modello tradizionale perseguito negli anni '80/90, dalla legge quadro 845/78 in poi, che vede la formazione professionale iniziale come un canale nettamente separato dalla scuola, con la "sola" funzione di collegare il percorso scolastico con l'inserimento del mondo del lavoro. Secondo questo modello la formazione professionale è il percorso in cui i ragazzi, che escono da scuola avendo completato la loro formazione di base, apprendono quelle competenze professionali che consentono loro di inserirsi nel mondo del lavoro; essa dunque per sua natura costituisce un percorso separato e terminale, che non consente il proseguimento verso l'alto, se non ritornando nella scuola.

Si tratta dunque, nonostante una ricerca di integrazione probabilmente avvertita ma contraddetta nei fatti dal modello perseguito, di una visione profondamente dualistica dei rapporti tra scuola e formazione. Questa visione è stata confermata anche dal d.lgs 112/98, che ha sancito la divisione tra istituti professionali "lunghi", che sono rimasti allo Stato, e IPS brevi, che dovevano passare alle Regioni, perdendo così l'occasione storica di introdurre un governo integrato di questa istituzione, che avrebbe probabilmente evitato tutto il pandemonio che sta avvenendo in questi giorni negli IPS in seguito alla modifica del titolo V della Costituzione. Lo stesso dibattito sui crediti e sulle passerelle, se ci fai caso, si è sviluppato tutto in funzione di dare la possibilità ai ragazzi in formazione di tornare a scuola, quasi a voler dare ai giovani una possibilità di riscatto, piuttosto che in funzione di creare la possibilità di proseguire verso l'alto a partire dallo stesso percorso formativo (unica eccezione l'apprendistato in obbligo formativo, che porta al conseguimento degli standard di accesso agli Ifts).

A mio modesto avviso è invece meno dualistico, al di là dei nominalismi, il progetto della Moratti, che programmaticamente disegna il sistema in modo da consentire ai ragazzi che accedono alla formazione professionale di proseguire il percorso verso l'alto dopo il conseguimento della qualifica professionale, accedendo al quarto anno di diploma, con la possibilità di proseguire alla formazione superiore od all'Università. Da un punto di vista sociale si tratta di un modello meno esclusivo, perché consente a tutti coloro che si indirizzano al percorso professionale di non andare su una specie di binario morto, ma su un binario che, anche se separato (ma non certo di più di quanto prevedesse la legge 30), può condurre anche molto lontano.

Qui vedo la soluzione del problema che tu ponevi: i percorsi possono essere anche diversi (e ormai la riforma costituzionale non lascia alternative), ma è necessario:
- che rispondano a standard nazionali rigorosi e certificati da commissioni esterne
- che conducano ai livelli superiori dell'istruzione e della formazione
- che la loro scelta sia libera da condizionamenti sociali, economici, di genere
- che prevedano possibilità, assistite, di ripensamento della scelta

Se vengono rispettate queste condizioni il problema del dualismo mi sembra meno grave, anche perché mi sembra anche giusto che ogni percorso abbia le proprie specificità.

Il progetto della Moratti (e la sua eventuale attuazione) permetterà di rispettare queste condizioni? Questo mi sembra il vero tema da affrontare per impostare il dibattito sulla riforma in termini più costruttivi di quanto sia stato fatto finora.

Giorgio Allulli


 

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