Introduzione - Il programma - Sintesi dell'indagine PISA - Le competenze scolastiche dei quindicenni - Grafici indagine PISA
 
LE COMPETENZE SCOLASTICHE DEI QUINDICENNI

di Norberto Bottani

("il Mulino", n. 400 (LI), 2/2002, pp. 293-296.)

 

Dalle indagini IEA a PISA: un importante salto di qualità
Nella primavera del 2000, l'OCSE ha organizzato un'indagine sui livelli di comprensione della lettura e sui livelli di cultura matematica e scientifica dei ragazzi di quindici anni che erano a scuola a quell'età in 32 Paesi e alla quale hanno partecipato circa 250.000 studenti. A un anno e mezzo di distanza, nel dicembre dello scorso anno, l'OCSE ha pubblicato i primi risultati di questo studio in un rapporto di grande qualità e di elevato livello scientifico. Questa gigantesca operazione, denominata PISA ( Programme for International Student Assessment, ovverossia Programma per la valutazione internazionale del profitto degli studenti) non ha paragone con i primi studi comparati internazionali condotti dall'IEA
( International Association for the Evaluation of Educational Achievement) a decorrere dal lontano 1960 ed ai quali partecipavano una dozzina di Paesi. Con l'indagine del PISA si è senza dubbio fatto un salto di qualità nel campo degli studi comparati sul rendimento delle scuole e sugli apprendimenti. L'Italia, è giusto segnalarlo, è stato uno dei Paesi che ha partecipato a quasi tutte le indagini IEA grazie alla lungimiranza di Aldo Visalberghi, ma purtroppo questa tradizione non ha suscitato in Italia una scuola di specialisti nelle indagini sulla valutazione degli studenti e delle scuole. La partecipazione dell'Italia al PISA è stata diretta da Emma Nardi che ha pilotato lo studio in Italia avvalendosi del sostegno dell'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema d'Istruzione. I dati riguardanti le prestazioni degli studenti italiani si possono reperire nel rapporto pubblicato dall'OCSE ( in inglese ed in francese) nonché nel sito web dell'OCSE (www.pisa.oecd.org) e solo in parte, ma in modo poco didattico anzi quasi illeggibile per il lettore non avvertito, nel sito http://www.cede.it/ricerche-internazionali/ocse-pisa-ccc/documenti/fasi.pdf. Emma Nardi ne ha fatto un breve commento nel numero degli Annali dell'Istruzione, 1-2 ( 2001), pubblicato in occasione degli Stati Generali dell'Istruzione.


I preoccupanti risultati italiani
I risultati degli studenti italiani sono preoccupanti da tutti i punti di vista. Sia in lettura, che in matematica e scienze i giovani italiani si situano al di sotto della media dell'OCSE. In lettura, nella scala internazionale, l'Italia è nel gruppo dei paesi i cui risultati sono significativamente al di sotto della media internazionale (487 punti rispetto a 500). In questo gruppo si trova pure la Germania, l'Ungheria e la Polonia, mentre la Spagna e la Svizzera sono nella media OCSE. In matematica, che era una componente minore dell'indagine, il livello raggiunto dalla media degli studenti italiani è invece bassissimo e significativamente inferiore alla media dei paesi (457 punti rispetto a 500). Qui l'Italia è in compagnia della Spagna, della Polonia, del Portogallo e della Grecia. Infine, nelle scienze, il livello raggiunto dalla media degli studenti italiani è pure significativamente inferiore alla media dei paesi dell'OCSE (478 punti rispetto a 500), pari a quello della Polonia, della Danimarca e della Grecia, inferiore a quello della Spagna, ma assai meglio del Portogallo.

Tavola 1:
Risultati della valutazione internazionale delle competenze dei quindicenni, 2000

Punteggio

Comprensione dello scritto

Cultura matematica

Cultura scientifica

557

Giappone

552

Corea

547

Corea

Giapppone

546

Finlandia

537

Nuova Zelanda

536

Finlandia

534

Canada

533

Australia; Canada

529

Nuova Zelanda

Svizzera

Canada

528

Australia

Australia

527

Irlanda

523

Regno Unito

522

Giappone

517

Francia

516

Svezia

507

Austria

507

Belgio

505

Norvegia

505

Francia

500

Francia; Stati Uniti (499)

504

Stati Uniti

497

Danimarca

Belgio (496); Ungheria (496); Svizzera (496)

494

Svizzera

493

Spagna

Stati Uniti

492

Repubblica Ceca

487

Italia

Germania

484

Germania

Polonia (483)

480

Ungheria

Danimarca (481)

479

Polonia

Italia (478)

474

Grecia

461

Grecia

457

Italia

470

Portogallo

441

Lussemburgo

Lussemburgo (443)

422

Messico

Messico

Non tutti i paesi sono inseriti nella tavola

Un dato significativo: l'atteggiamento dei giovani verso la scuola
Dall'insieme delle tavole e dei grafici presentati nel rapporto, una vera e propria miniera d'informazioni a disposizione dei ricercatori che vogliano analizzare lo stato dell'istruzione nei paesi con i sistemi scolastici più avanzati all'inizio del nuovo secolo, si evince che solo il 10 per cento dei quindicenni dei paesi dell'OCSE sono buoni lettori e che ben un quinto dei giovani non sa svolgere che i compiti più facili previsti dalle prove, come per esempio individuare un' informazione contenuta in un testo semplice, oppure fare collegamenti elementari tra un messaggio inserito in un testo e la vita quotidiana. Questo significa che alla fine della scuola dell'obbligo ci sono più lettori pessimi che buoni. Assocerei questa informazione ad un'altra estratta dalle risposte fornite dagli studenti alla sezione del questionario che li interrogava sul loro modo di imparare. Una proporzione significativa di giovani di 15 anni ha un'attitudine negativa rispetto alla scuola e all'apprendimento (Tavola 2): più di un quarto degli studenti di quindici anni non ha già più nessuna voglia d'andare a scuola. Tra i Paesi che riescono meglio a disgustare i giovani dall'apprendere ci sono il Belgio e l'Italia. E' interessante notare che i quindicenni dei Paesi più poveri ( il Messico e il Portogallo) sono quelli che invece hanno ancora fiducia nell'insegnamento.

Tavola 2:
La mia scuola è un luogo dove non ho voglia d'andare:

D’accordo

Totalmente d’accordo

Totale

Belgio

25,5

16,5

42,0

Italia

27,7

10,3

38,0

Ungheria

25,4

12,3

37,7

Francia

24,0

13,0

37,0

Canada

24,5

12,1

36,6

Stati Uniti

24,9

10,6

35,5

Irlanda

23,7

10,8

34,5

Nuova Zelanda

24,7

9,4

34,1

Australia

24,3

9,4

33,7

Spagna

20,0

10,4

30,4

Corea

20,7

9,4

30,1

Lussemburgo

17,0

13,1

30,1

Austria

15,4

13,6

29,0

Polonia

19,6

8,7

28,3

Media OCSE

18,6

9,4

28,0

Regno Unito

19,6

8,2

27,8

Svizzera

16,0

11,5

27,5

Finlandia

17,8

8,1

25,9

Germania

14,8

10,4

25,2

Giappone

16,3

8,2

24,5

Islanda

13,2

10,1

23,3

Norvegia

13,6

9,4

23,0

Grecia

14,3

8,0

22,3

Svezia

14,9

4,9

19,8

Danimarca

12,6

6,0

18,6

Portogallo

9,5

33,

12,8

Messico

6,4

2,5

8,9

Fonte OCSE: (www.pisa.oecd.org)

I costi per l'istruzione: l'Italia non spende poco
Il costo globale per l'istruzione di uno studente della scuola dell'obbligo ( il calcolo comprende le spese del settore pubblico e privato) mostra che l'Italia non è un Paese che spende poco per l'istruzione, tutt'altro. Però, queste risorse sono male utilizzate perché l'Italia è tra i Paesi che ottengono nei tre settori della prova del PISA risultati inferiori rispetto a quelli che ci si possono aspettare in funzione del livello della spesa pro capite. Gli altri paesi nei quali le prestazioni sono inferiori al livello al quale dovrebbero collocarsi rispetto agli stanziamenti per l'istruzione sono la Danimarca, la Grecia, il Messico, il Portogallo e gli Stati Uniti ( tavola 3).

Tavola 3:
Costo globale di uno studente dall'inizio della scuola elementare fino all'età di quindici anni, in dollari degli Stati Uniti, equiparati con il tasso della parità del potere d'acquisto, 1998

Paesi

Costo globale per studente

Austria

71 387

Stati Uniti

67 313

Danimarca

65 794

Svizzera

64 266

Norvegia

61 677

Italia

60 824

Svezia

53 386

Giappone

53 255

Francia

50 481

Belgio

46 338

Finlandia

45 363

Australia

44 623

Regno Unito

42 793

Germania

41 978

Spagna

36 699

Portogallo

36 521

Irlanda

31 015

Corea

30 844

Grecia

27 356

Repubblica Ceca

21 384

Ungheria

20 277

Polonia

16 154

Messico

11 239

Sfatati i luoghi comuni: occorrono ricerche rigorose
Questa breve nota mostra che molti dati del PISA sfatano tutta una serie di dicerie sulla scuola che circolano in Italia. A questo punto sarebbe indispensabile procedere ad analisi dettagliate delle risposte degli studenti italiani a ciascun quesito, per capire meglio lo sbando constatato nei risultati italiani globali. Emma Nardi offre nel suo breve articolo apparso negli
" Annali dell'istruzione " alcune anticipazioni di questo lavoro di analisi sui punteggi quando fornisce una prima chiave di lettura dei pessimi risultati italiani in matematica alla fine della scuola dell'obbligo: " I quesiti che richiedevano agli studenti di spiegare, di verbalizzare, di dimostrare o di giustificare sono stati omessi in percentuali maggiori rispetto ad altri Paesi. Gli studenti italiani sono quindi stati meno pronti nell'esprimere e nell'argomentare le proprie opinioni utilizzando concetti e processi matematici. Le omissioni possono dipendere anche da una minore motivazione a fornire risposte corrette, anche quelle più impegnative e faticose. La stessa motivazione a rispondere, accettando la sfida che proviene da un problema matematico impegnativo e imprevisto, lo stesso impegno nel fornire una risposta " ricca " ed argomentata sono un connotato importante del valore e della " produttività " di competenze ben interiorizzate e proiettate verso la vita ".

Le responsabilità della scuola
I risultati del PISA trascendono il valore che si può attribuire ai punteggi conseguiti in una prova internazionale. Essi rivelano infatti la presenza di problemi di fondo, direi anzi di malattie gravi, che affliggono la scuola e che sono di portata generale, culturale, e che forse la scuola da sola non può risolvere. A questo proposito vale la pena segnalare il capitolo quarto del rapporto OCSE dedicato alle motivazioni all'apprendimento e alle strategie d'apprendimento usate dagli studenti (impegno e perseveranza nello studio, interesse per la lettura, interesse per la matematica, preferenza per l'apprendimento competitivo o in gruppo) in correlazione con i punteggi conseguiti nelle prove, oppure il capitolo ottavo nel quale si analizzano le correlazioni tra i risultati conseguiti dagli studenti e l'influenza sulle scuole e sugli studenti dell'ambiente da cui provengono gli studenti. La comprensione di questa correlazione è il punto di partenza per un'analisi della ripartizione delle opportunità educative. I dati del PISA dimostrano che l'ambiente socio-economico non è determinante: molti studenti che provengono da ambienti svantaggiati ottengono risultati nettamente superiori alle previsioni basate sugli indici internazionali. Ci sono Paesi in cui gli scarti tra la media dei risultati degli studenti migliori dei ceti superiori e dei ceti bassi è esigua ( in Corea, Giappone, Islanda, e Finlandia) ed altri invece dove la differenza è molto pronunciata ( in Svizzera ed in Germania per esempio). La scuola quindi conta: ci sono sistemi scolastici in cui una media elevata nei risultati non va di pari passo con grandi disuguaglianze. In Italia, succede il contrario: la disuguaglianza nei risultati è relativamente piccola (il doppio però che non in Corea e Giappone) ma la media è bassa. Questo è un sistema scolastico in cui prevale la mediocrità : la prestazione media degli studenti italiani è significativamente al di sotto della media dei Paesi dell'OCSE, ma l'Italia è tra i Paesi in cui l'impatto del contesto socio-economico sulle prestazioni degli studenti è pure inferiore alla media. Il sistema è un po' più giusto degli altri, ma è penalizzante, perché i risultati sono bassi. L'esempio di Paesi che invece sono altrettanto giusti ma con livelli di prestazioni elevati per tutti (ricchi e poveri) dimostra che si può fare meglio e diversamente senza penalizzare l'obiettivo dell'uguaglianza di trattamento. Le scuole possono cambiare le carte in tavola.
Fatalismo e rassegnazione non sono scusabili: questo mi sembra il messaggio principale del PISA. Prima di scaricare le responsabilità dei pessimi risultati sulle spalle di altri, dunque, sarebbe bene ponderare quale sia il peso e la responsabilità della scuola.