Pof:
due o tre cose che (non ) so di lui.
di Giancarlo Cerini
Nella elaborazione dei Pof si registra
una progressiva attenzione al curricolo, piuttosto che a un "bricolage"
estemporaneo, effetto di una maggiore autonomia progettuale della scuola;
e ciò malgrado la battuta d'arresto del processo di riforma.
1. Il
Pof come rappresentazione.
2. I
confini del Pof.
3. La
struttura del Pof.
4. Il
monitoraggio del Pof: integrazione, flessibilità, responsabilità.
5. Il "core" curriculum.
6. Aspettando i curricoli nazionali.
1. Il Pof come rappresentazione
Il riconoscimento dell'autonomia "funzionale"
alle singole unità scolastiche, prevista dall'art. 21 della Legge n.59/97,
implica la capacità di ogni scuola di progettare e realizzare un proprio
piano dell'offerta formativa
(Pof). Tale impegno è esplicitamente richiamato dall'art. 3 del
Regolamento attuativo dell'autonomia (Dpr n. 275/99), entrato in vigore
il 1° settembre 2000.
L'elaborazione del POF non è un adempimento
di carattere burocratico, ma rappresenta un momento fondamentale nella
vita di ogni scuola, un vero e proprio atto di indirizzo che impegna
tutte le componenti scolastiche nei confronti degli "utenti" del servizio
educativo e della più ampia comunità sociale.
Il valore del Pof non consiste solo nel
documento che viene formalizzato con le delibere degli organi collegiali
(del Collegio dei docenti, per la parte educativa e didattica, e del
Consiglio di Circolo per il quadro complessivo di riferimento), quanto
piuttosto nel processo di autoanalisi
e di miglioramento che si innesca all'interno
della scuola e nei confronti con la realtà esterna.
Non siamo dunque in presenza di un rito
formale, come potrebbe far pensare la notevole produzione cartacea che
ha invaso ultimamente le sale insegnanti (e ora anche i siti Internet),
magari con la motivazione di ottenere qualche risorsa finanziaria aggiuntiva.
In effetti, il collegamento indotto tra elaborazione del POF ed acquisizione
dei fondi per l'arricchimento dell'offerta formativa (Legge n. 440/97)
ha fatto correre il rischio di una interpretazione assai "epidermica"
dell'autonomia, quasi che consistesse nell'aggiunta di qualche ulteriore
progetto ai molti già esistenti nella scuola, sulla scia delle tante
"emergenze" nazionali che si traducono in altrettante domande e "offerte"
alle scuole (giovani, salute, dispersione, handicap, tecnologie, ambiente,
legalità, ecc.).
Di fronte a questa "diaspora" la definizione
del Pof può consentire alla scuola di mettere ordine nelle proprie iniziative
progettuali, offrendo un quadro di riferimento entro il quale rappresentare
in termini più unitari le molteplici attività didattiche ed educative
promosse da ogni Istituzione.
2. I confini del Pof
Anche grazie allo strumento Pof, i confini
dell'offerta formativa si sono meglio delineati e l'identità curricolare e organizzativa della scuola ha incominciato
a prendere corpo. Si è colto con più precisione il nesso tra autonomia
e curricolo. Si tratta, magari,
di una consapevolezza che riguarda ancora gruppi limitati di operatori
(la commissione Pof, le "funzioni obiettivo", lo staff e i collaboratori
del dirigente), ma che consente a ogni scuola di governare le caratteristiche
dell'offerta formativa concretamente "erogata". È un primo requisito
importante, ma non sufficiente, per realizzare una piena autonomia.
Occorre compiere un ulteriore passo, mettendo al centro del Pof (a questo
punto, meglio chiamarlo "curricolo di Istituto") i compiti formativi
essenziali - di istruzione e di educazione - propri di ogni Istituzione
educativa. L'autonomia entra così nel vivo delle dinamiche curricolari;
non è più il frutto di una spinta organizzativistica che investe solo
aspetti marginali e aggiuntivi dell'offerta formativa.
Ci si sposta da una preoccupazione prevalentemente
procedurale, come è avvenuto in occasione dell'adozione della Carta dei servizi a metà degli
anni novanta, ad una ricerca sui contenuti culturali, sul senso del
progetto educativo, sul ruolo dei saperi disciplinari, sull'organizzazione
degli insegnamenti.
In questa prospettiva la cultura dell'autonomia
nella scuola può andare oltre gli angusti sentieri della qualità totale o della certificazione della qualità, troppo orientati
al mito dei risultati (e delle procedure monitorate per ottenerli) e
della soddisfazione contrattuale di committenti e clienti.
L'autonomia assume una più precisa fisionomia
istituzionale, si collega alle finalità culturali ed educative della
scuola, non è più un "bricolage" estemporaneo, perché implica assunzione
di decisioni e responsabilità non solo all'interno
delle singole scuole, ma anche nell'ambito delle politiche educative
di un territorio, nel rispetto di indirizzi curricolari nazionali.
L'autonomia progettuale e curricolare della
scuola dell'autonomia trova infatti un duplice riferimento: da un lato
deve rispettare le linee dell'ordinamento scolastico nazionale (cioè
gli indirizzi comuni richiamati dall'art. 8 del Ddr n. 275/99),
dall'altro deve misurarsi con le competenze degli Enti locali in materia di programmazione
dell'offerta formativa sul territorio così come sono ormai regolamentate
dal D.lvo. n. 112/98, in merito alla localizzazione di strutture e servizi,
di integrazione tra istruzione scolastica e formazione professionale,
di promozione del diritto allo studio.
Entro questo quadro giuridico assai complesso
e in continua evoluzione, il Pof (Piano dell'offerta formativa) rende
possibile la programmazione unitaria del servizio educativo, con l'obiettivo
di garantire a tutte le componenti interessate (interne ed esterne alla
scuola) partecipazione, trasparenza, coinvolgimento, possibilità di
controllo degli impegni sottoscritti. Si è quindi diffusa nelle scuole
l'adozione di strumenti di rendicontazione e di verifica del gradimento
dell'offerta formativa, soprattutto verso i genitori (87% delle scuole)
e gli studenti (65 %).
3. La struttura del Pof
Il Pof assumerà una più esplicita connotazione
curricolare, nella misura in cui gli operatori scolastici saranno in
grado di fare ricerca,
e quindi di affrontare aspetti decisivi del progetto educativo,
come la strutturazione dei saperi (cioè dei quadri conoscitivi da proporre
agli allievi), le modalità dell'apprendimento (e quindi delle condizioni
per promuovere competenze), l'organizzazione dell'ambiente di apprendimento
(e quindi della didattica).
Il concetto di "curricolo" si estende dalla
organizzazione degli insegnamenti (con riferimento alle singole discipline
di studio) all'integrazione delle proposte curricolari ed extracurricolari,
intrecciando le dimensioni organizzative e quelle didattiche. Emerge
così la struttura portante del Pof, che rappresenta l'ambientazione
del curricolo in uno specifico contesto operativo.
Il Pof dovrà dar conto delle scelte educative di fondo (i valori
cui ispirare il progetto della scuola), articolarsi in specifici percorsi
formativi (sia di natura curricolare, che extracurricolare) e prevedere
le opportune soluzioni di carattere organizzativo e didattico. Scelte educative, curricolari, didattiche
e organizzative costituiscono dunque i possibili paragrafi di un
ideale palinsesto del Pof. Non esiste un indice ufficiale di Pof fornito
dall'Amministrazione scolastica, né tanto meno esiste un Pof ideale,
cui ispirare le elaborazioni delle scuole. Le scelte di ogni Istituto
dovranno rispecchiare i livelli di maturazione e di sensibilità raggiunti
in ogni realtà.
Il Pof, approvato dal Consiglio di Istituto/Circolo,
è un documento pubblico e
viene consegnato ad alunni e genitori nella sua versione integrale o,
meglio, attraverso uno stralcio significativo che rimandi poi al documento
originale disponibile in segreteria e affisso all'albo della scuola
(o reperibile sul sito web).
Per non trasformare il Pof in un rito cartaceo,
diventa necessario realizzare effettive azioni di pianificazione, che rappresentano
le concrete condizioni di esercizio dell'autonomia, quali:
-
analisi del
contesto;
-
diagnosi
dei bisogni formativi degli allievi;
-
contestualizzazione degli obiettivi formativi;
-
elaborazione dei percorsi didattici efficaci;
-
adozione
di scelte organizzative e metodologiche flessibili, ma coerenti;
-
attuazione
di momenti di verifica e valutazione.
Una migliore rispondenza del progetto della
scuola alle esigenze del territorio costituisce uno degli elementi di
maggiore novità dell'autonomia, in grado di far uscire la scuola dalla
sua tradizionale vocazione all'autoreferenzialità. Tuttavia va ribadito
che la proposta formativa non può limitarsi a "riflettere" i bisogni
e le domande del contesto sociale, culturale e produttivo, ma deve piuttosto
preoccuparsi di svolgere un ruolo di "sviluppo" della comunità, dimostrando
una capacità "pubblica" di sostenere e argomentare la proposta formativa
della scuola. L'auspicata integrazione
con il territorio deve consentire a ogni soggetto di esprimere
appieno tutte le proprie potenzialità. È a tal fine che il Regolamento
dell'autonomia introduce il concetto di programmazione
territoriale dell'"offerta formativa".
4. Il monitoraggio dei Pof: integrazione, flessibilità,
responsabilità
Se quelle che abbiamo delineato appaiono le
caratteristiche più significative della progettazione dell'azione formativa
nella scuola dell'autonomia, è utile mettere a confronto tale ipotesi
con le concrete azioni che le scuole hanno sviluppato nell'ambito dell'avvio
sperimentale del Pof.
Le norme transitorie del Regolamento
dell'autonomia, in attesa della piena attuazione dell'art. 8 (individuazione
degli indirizzi curricolari nazionali), invitano le scuole a riorganizzare
«i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi
formativi e competenze» (art. 13), un'indicazione che intende sottolineare
lo stretto legame tra autonomia e miglioramento dei processi di insegnamento
e apprendimento.
Le informazioni che possiamo
desumere dal monitoraggio
organizzato dalla rete Bdp-Irre-Ministero segnalano una progressiva
convergenza dell'iniziativa delle scuole verso i temi curricolari. In
alcuni casi le scuole hanno già elaborato un unico disegno
progettuale in cui dar conto delle iniziative innovative avviate,
in altri sono stati semplicemente raccolti i diversi micro-progetti
presentati da gruppi di docenti o, addirittura, da singoli docenti.
La situazione appare, comunque, in evoluzione (v. tab. 1).
Nella
fase di avvio sperimentale l'autonomia incide soprattutto sulle aree
collaterali e integrative (di ampliamento
dell'offerta formativa), piuttosto che implicare una complessiva riorganizzazione
del curricolo nei suoi aspetti essenziali (saperi disciplinari, obiettivi
formativi, competenze degli allievi).
Tab. 1 -
L'evoluzione della sperimentazione dell'autonomia (1998-2000).
Percentuale
delle scuole che si impegnano su specifici temi
Ambiti di sperimentazione
|
1998/99 %
|
1999/2000 %
|
+/- %
|
Adattamento calendario scolastico
|
41
|
49
|
+ 8
|
Flessibilità oraria e articolazione durata lezione
|
27
|
69
|
+ 42
|
Articolazione flessibile del gruppo classe
|
64
|
79
|
+ 15
|
Iniziative di recupero e sostegno
|
65
|
Non censito
|
---
|
Insegnamenti integrativi facoltativi
|
57
|
82
|
+ 25
|
Collaborazioni con reti di scuole e/o soggetti
esterni
|
66
|
88
|
+ 22
|
Attività per innalzare il successo formativo
|
67
|
Non censito
|
---
|
Riorganizzazione insegnamenti curricolari
|
29
|
55
|
+ 26
|
Iniziative di orientamento scolastico e professionale
|
51
|
77
|
+ 26
|
Iniziative di accoglienza
|
Non censito
|
56
|
---
|
Integrazione handicap
|
Non censito
|
86
|
---
|
Iniziative di continuità
|
47
|
91
|
+ 44
|
Fonte: Indire-Mpi-Coordinamento
autonomia, Monitoraggio
sperimentazione autonomia, Roma 2001. I dati si riferiscono
a 8.661 scuole che hanno risposto nella primavera 2000 al sondaggio
telematico proposto dalla Bdp tramite il software "Documentare
la scuola". Si è in attesa degli esiti
della terza rilevazione (2001).
Il raffronto dei dati suggerisce
anche qualche perplessità sulla "tenuta" dei criteri di rilevazione
utilizzati. Per esempio, non è stato più richiesto alle scuole di esprimersi
in merito al tema del successo
formativo, che era risultato al "top" delle fasi pioneristiche della
sperimentazione, così pure alle iniziative di recupero
e sostegno, anch'esse
assai diffuse. Si trattava probabilmente di dati scarsamente affidabili,
perché affidate - in larga parte - alle autodichiarazioni dei diretti
interessati. Sembra comunque emergere una grande diffusione della didattica
per laboratori: «va tuttavia precisato che con il termine laboratorio
sono state indicate situazioni diversificate, difficilmente riducibili
a uno stesso modello didattico: momenti di didattica non frontale, attività
a carattere prevalentemente manipolativo, attività svolte in laboratorio,
esperienze didattiche fondate su una costruzione attiva delle conoscenze»
(Mpi, Monitoraggio di 1000 scuole italiane con progetti
complessi di sperimentazione dell'autonomia, 1999).
Il recupero rappresenta una delle motivazioni
di fondo della flessibilità oraria: il 79% delle scuole ridistribuisce
la quota oraria su questa forma di attività, che assume però connotati
diversi; dai "corsi di recupero" alle strategie individualizzate, fino
alla formula del tutoring (cioè dell'assistenza personalizzata
agli allievi in difficoltà). Dati positivi, nelle rilevazioni più recenti,
sembrano riguardare la connessione tra possibilità offerte dall'autonomia
e integrazione degli alunni con handicap.
5. Il
"core" curriculum
L'intervento
innovativo sul curricolo
riguarda, al momento, una percentuale ridotta di scuole, anche se tale
quota sembra in rapido aumento (dal 29 % al 55 %). La riorganizzazione
praticata consiste soprattutto in innovazioni di carattere metodologico, nell'orientamento verso
temi più vicini all'esperienza
degli allievi e - in misura meno significativa - nello snellimento dei contenuti in funzione
di un approfondimento qualitativo o per una più precisa individuazione
di obiettivi di competenza. La strada da
percorrere è però in salita. «Il curricolo, in linea di massima, resta
ancorato a modelli lineari, improntati a una rigida sequenzialità dei
contenuti disciplinari da trasmettere, declinato sul programma ministeriale,
e scandito da lezioni frontali, interrogazioni e compiti in classe».
Questo severo giudizio, appena attutito dal riconoscimento di una migliore
qualità della progettazione didattica (spesso però in termini impliciti)
nella scuola elementare e negli istituti comprensivi di più lunga esperienza,
emerge dal "monitoraggio delle 1000 scuole" condotto annualmente dagli
Irre (cfr. Mpi-Indire-Irre, Una finestra sulla scuola che cambia,
Roma 2001).
Per superare questi limiti,
diventa ora possibile per le scuole, in sintonia con il Regolamento
dell'autonomia (artt. 12 e 13), sperimentare forme più incisive di organizzazione
dell'orario curricolare, con una ampia libertà di manovra sul 15% del
curricolo orario annuale obbligatorio.
Infatti, con il meccanismo introdotto dal Dm n. 234/00 si vorrebbe
accentuare ulteriormente questo interesse per il core
curriculum e quindi per gli insegnamenti fondamentali.
La sperimentazione dell'autonomia
si colloca, infatti, «nell'ambito di un organico piano dell'offerta
formativa (Pof) che espliciti la progettazione curricolare, extracurricolare,
educativa e organizzativa di ciascuna di esse» (Dm n. 179/99).
Al di là delle nuove terminologie,
ciò che conta è la capacità di ogni Istituzione scolastica di consolidare
e rafforzare la propria identità progettuale e culturale, come recita
il Regolamento sull'autonomia, che insiste giustamente sulla intenzionalità della proposta formativa, prima ancora
che sul concetto dell'offerta
(che si presta a qualche equivoco).
In
materia di curricolo la cautela è però d'obbligo, considerando l'evoluzione
dei riferimenti culturali che sono rimessi in gioco dalle diverse prospettive
che si apriranno in merito ai cicli scolastici (con la "sospensione"
della Legge 30/2000) e all'autonomia (con la necessità di dare attuazione
all'art. 8 del Dpr n. 275/99).
La strategia suggerita alle
scuole è quella di avviare una fase più impegnativa di ricerca e analisi
delle discipline di studio, anche per irrobustire ulteriormente quella
capacità di costruzione del curricolo
di scuola che costituisce il traguardo auspicabile dell'autonomia.
Lo strumento giuridico disponibile per questa operazione è rappresentato
dal citato Di n. 234/00, il contesto normativo che - allo stato attuale
- consente di «corrispondere alle richieste specifiche degli studenti,
alle articolate domande delle famiglie, alle pluralistiche esigenze
emergenti a livello territoriale» (cfr. Lettera Circolare 3 agosto 2001,
n. 131, relativa al potenziamento dell'autonomia e alla prosecuzione
della sperimentazione).
6.
Aspettando i curricoli nazionali
L'utilizzo della quota del
15% dell'orario obbligatorio per costruire un'area opzionale ed elettiva
(una misura che - aspettando gli effetti della devolution in
campo scolastico - sembra più che ragionevole) rappresenta un terreno
assai impegnativo per le scuole. Il fatto è che il pieno utilizzo del
decreto consentirebbe alle scuole di individuare, sempre entro il 15%
del tempo curricolare, nuove discipline e attività non previste dal
curricolo ordinario (o sperimentale) in ordinamento, per caratterizzare
ancora maggiormente le scelte di ogni scuola, pur con molti dubbi sulle
risorse realmente disponibili.
Le fonti culturali per questo
lavoro di approfondimento non mancano e vanno dai documenti via via
elaborati dalle Commissioni dei Saggi nel 1997 e 1998 alla più recente
produzione della Commissione De Mauro incaricata di predisporre i curricoli
per l'attuazione della riforma dei cicli (primavera 2001). Molti di
questi materiali, unitamente alle elaborazioni delle associazioni "disciplinari"
degli insegnanti, sono ora raccolti e disponibili in Dossier
monografici degli "Annali della Pubblica Istruzione".
Siamo, dunque, in una delicata fase di transizione
dalla «scuola del programma alla scuola del curricolo», con qualche
incertezza del quadro normativo di riferimento nazionale. Non mancheranno
certamente nuove indicazioni culturali e normative. Il processo non
potrà però essere calato dall'alto sulla realtà della scuola, in palese
contraddizione con la prospettiva stessa dell'autonomia. Gli insegnanti
e le scuole dovranno diventare ancora di più attori e protagonisti della
riforma dei curricoli. La progettazione dell'offerta formativa rappresenta
oggi la sede in cui mettere alla prova questa capacità di iniziativa.
L'eventuale riorganizzazione
del curricolo della propria scuola richiede agli operatori scolastici
raffinate capacità di studio, di confronto, di progettazione. È dunque
questo il guadagno maggiore che il periodo di transizione verso l'autonomia,
destinato a durare più a lungo del previsto, può portare agli operatori
scolastici.
Indicazioni
bibliografiche
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1999.
S. Auriemma, I profili giuridici dell'autonomia, in
G.Cerini, D.Cristanini, A scuola
di autonomia: dal PEI al Pof, Tecnodid, Napoli 1999.
G. Cerini, Conoscere e sperimentare l'autonomia,
Tecnodid, Napoli 2000.
G.Cerini, F.Frabboni (a c. di), Il curricolo di base, Tecnodid, Napoli
2001.
G.Domenici, Progettare e governare l'autonomia,
Tecnodid, Napoli 1999.
A. Pajno, G.Chiosso, G.Bertagna, L'autonomia delle scuole, La Scuola, Brescia
1997.
L. Ruggiu, Dizionario critico dell'autonomia scolastica,
Carocci, Roma 2000.
P. Romei, Autonomia e progettualità, La Nuova Italia,
Firenze 1995.
A. Valentino, Il Piano dell'offerta formativa, La Nuova
Italia, Firenze 1998.