LE SETTE FASI NELLA COMPRENSIONE DELL'INTELLIGENZA
di Howard Gardner
Il concetto
di intelligenza è un concetto
vecchissimo ed è stato impiegato nei modi più disparati nel corso dei
secoli. Nel XIX secolo ha preso avvio un vero e proprio movimento sul
"fronte dell'intelligenza", che tuttora non accenna a diminuire. In questo
saggio descriverò brevemente sette fasi storiche nello sviluppo del pensiero
sull'intelligenza, focalizzando l'attenzione soprattutto sui lavori che
si ispirano alla Teoria delle Intelligenze
Multiple.
1 - Le concezioni
non scientifiche
Fino
alla fine del XIX secolo, la parola "intelligenza" è stata comunemente
usata dalle persone per descrivere le proprie o altrui capacità mentali.
La parola "intelligenza" aveva un impiego assolutamente estensivo. Nel
mondo occidentale venivano definiti "intelligenti" gli individui svelti
o che sapevano parlare bene o che erano perspicaci in campo scientifico
o più semplicemente saggi. In altre culture potevano essere indicati con
termini traducibili con la parola "intelligente" individui ubbidienti,
o che si comportavano bene, tranquilli, oppure con poteri magici.
Nella
maggior parte di tutti questi casi la parola "intelligente" ha avuto un
uso positivo, e questo ci aiuta a capire l'imprecisione del suo impiego
e della sua individuazione, basti pensare al fatto che sono stati definiti
"intelligenti" quasi tutti i presidenti americani, anche se uno su due
non ha avuto di sicuro quella prerogativa.
2 - La svolta scientifica
Alla fine del XIX secolo, Alfred Binet, su richiesta di alcuni ministri
francesi, creò il primo test sull'intelligenza. Si pensò a quel punto
di essere riusciti a misurare l'"intelligenza" di un individuo, analizzando
le sue prestazioni attraverso una serie di prove eterogenee, che spaziavano
dalla comprensione sensoriale alla conoscenza linguistica. Usati dapprima
in campo clinico sugli alunni "a rischio" della scuola elementare di Parigi,
i test dell'intelligenza divennero presto "norma" e furono, ad esempio,
utilizzati in modo diffuso con i bambini della borghesia californiana,
soprattutto grazie agli sforzi di Lewis Terman dell'Università di Stanford.
Verso il 1920/1930, i test dell'intelligenza (e l'IQ, il quoziente
d'intelligenza) erano già stabilmente entrati nel costume non solo della
società americana, ma anche di molte altre parti del mondo.
3 - L'intelligenza diventa plurale
Se in questa prima fase l'intelligenza fu
concepita come un'unica entità, rappresentabile da un singolo numero,
ben presto si cominciò a discutere se quell'entità potesse essere legittimamente
scomposta in varie componenti. Ricercatori come L.L.Thurstone e J.P. Guilford
sostennero che l'intelligenza poteva essere più propriamente definita
come una serie di fattori abbastanza indipendenti fra loro. In anni recenti
un certo numero di ricercatori, soprattutto grazie alle scoperte fatte
nel campo dell'intelligenza artificiale, della psicologia dello sviluppo
e della neurologia, hanno avanzato l'idea che la mente consista di parecchi
moduli indipendenti o "intelligenze".
Io stesso
nella mia "teoria delle intelligenze multiple", sostengo che gli esseri
umani si sono evoluti fino a riuscire ad eseguire almeno sette separate
forme di analisi, che attengono alla:
1. intelligenza linguistica (come
quella dei poeti);
2. intelligenza logico-matematica
(come quella degli scienziati);
3. intelligenza musicale (come
quella dei compositori);
4. intelligenza spaziale (come
quella degli scultori o dei piloti di aereo);
5. intelligenza corporeo-chinestetica
(come quella degli atleti o delle danzatrici);
6. intelligenza interpersonale
(come quella dei commercianti o degli insegnanti);
7. intelligenza intrapersonale
(come quella delle persone che conoscono molto bene se stesse e con se
stesse hanno un buon rapporto).
A queste
sette intelligenze, ne ho successivamente aggiunta un'ottava, che ho chiamato
"intelligenza naturalistica", riferita alla capacità di riconoscere e
trattare piante, animali e altre parti dell'ambiente naturale.
Queste idee sono state oggetto di attenzione da parte degli educatori,
di quegli educatori in particolare che erano alla ricerca di metodi differenziati
e individualizzati. Io stesso con i miei colleghi ho indagato e indago
le implicazioni educative di questa teoria.
4 - L'intelligenza "contestualizzata"
La maggior
parte delle teorie ha considerato l'intelligenza, sia singola che multipla,
solo come entità o potenziale biologico, che esiste "nella testa" (e "nel
cervello") e che può essere misurata indipendentemente dal contesto. Se
è vero che la teoria delle intelligenze multiple è stata formulata deliberatamente
per prendere in considerazione i diversi modi del dispiegarsi dell'intelligenza
nelle varie culture, è anche vero però che nella sua prima formulazione
ha risentito di un'impostazione centrata troppo sul solo "individuo".
La maggior
parte degli studiosi ha ora,
invece, raggiunto la consapevolezza che l'intelligenza non può essere
valutata con precisione se viene considerata in modo separato dagli specifici
contesti nel quale un individuo vive, lavora o gioca, e in modo indipendente
rispetto alle opportunità e ai valori che quei contesti offrono. Bobby
Fischer avrebbe potuto avere in sé la potenzialità per diventare un grande
giocatore di scacchi, ma se fosse vissuto in una civiltà senza scacchi,
quella potenzialità non si sarebbe mai manifestata. L'intelligenza è sempre
un'interazione tra le propensioni biologiche e le opportunità di apprendere
offerte da un particolare contesto culturale.
Il Progetto Spectrum, un progetto di curricolo
e di valutazione rivolto ai bambini, riflette questo punto di vista. Inizialmente
abbiamo fatto un progetto per determinare quali tipi di intelligenza i bambini dimostravano di
possedere, ma ci siamo ben presto resi conto che le intelligenze non potevano
essere misurate in astratto. Abbiamo allora dovuto creare ambienti nuovi,
contesti nuovi, più simili a musei per bambini che alle tradizionali aule
scolastiche, nei quali le propensioni intellettuali di ciascuno avevano
la possibilità di manifestarsi e di sperimentarsi. Solo a quel punto è
stato possibile realizzare una valutazione in qualche modo significativa.
5 - L'intelligenza "distribuita"
Unitamente alla tendenza alla
"contestualizzazione" dell'intelligenza
si è sviluppata la consapevolezza che parti significative dell'intelligenza
sono "distribuite". L'intuizione
fondamentale in questo caso è che non tutta l'intelligenza si trova nella
nostra testa, ma risiede anche nel contesto generale entro cui viviamo.
Molta
dell'"intelligenza" utilizzata tutti
i giorni risiede nelle risorse umane e materiali con le quali svolgiamo
la nostra attività, e dalle quali inevitabilmente dipendiamo per svolgere
il nostro lavoro. Generalmente queste risorse sono risorse materiali, manufatti, quali libri, agende, file di computer
e cose di questo genere. Non vi è dubbio, infatti, che in un mondo acculturato,
in una società definita della conoscenza, molto di ciò da cui dipendiamo
si riferisca necessariamente a queste cose.
Ma non è tutto, è altrettanto importante
considerare come parti della
nostra "intelligenza distribuita" anche le risorse umane, altri individui. La maggior parte di chi lavora non fa
esclusivamente riferimento alle proprie competenze e alla propria capacità
di capire, ma si rivolge regolarmente anche ad altre persone nel proprio
ambiente di lavoro, con le quali interagisce costantemente. Di rado un
solo individuo possiede tutte le conoscenze necessarie; molto più frequentemente,
queste sono "distribuite" fra diversi i membri di un ufficio, di un luogo
di lavoro ecc…
I nostri
sforzi di esaminare questo aspetto, che ho definito di "distribuzione" dell'intelligenza, si
sono concentrati in due progetti: "Arts
Propel" e " Key School".
In Arts Propel, un progetto cooperativo per
la valutazione delle arti e delle scienze umane, chiediamo agli studenti
di tenere dettagliati "processfolios"-
una sorta di portfolio di "processo", con le documentazioni complete del
loro progredire nel progetto, dal concepimento iniziale, schizzi provvisori
e bozze, via via fino ai piani definitivi che risulteranno dalla realizzazione
completa del progetto stesso. Noi crediamo infatti che l'apprendimento
degli studenti venga significativamente valorizzato quando questi possono
avere un riscontro progressivo e continuativo dei tentativi che sono venuti
via via facendo, e che sono raccolti nei loro "processfolios" , che costituiscono una
documentazione in permanente evoluzione.
Nella
Key School, una scuola elementare di Indianapolis,
ogni giorno i bambini sono immersi in contesti che alimentano i diversi
tipi di intelligenza. In questa scuola pubblica sperimentale, gli studenti
realizzano ogni anno, all'interno del loro curricolo e come parte integrante
di esso, tre progetti su di un tema. L' interesse su cui si concentra
la nostra ricerca è quello di sviluppare metodi mediante i quali potere
valutare i progetti in modo giusto e comprensivo delle diverse componenti.
Ad esempio, parte della valutazione è centrata sui modi in cui si sviluppa la partecipazione cooperativa
al progetto: le risorse umane e materiali coinvolte nella preparazione
del progetto, l'aiuto dato da altri nella presentazione del progetto,
e le reazioni sia dei compagni che degli esperti
nei confronti del progetto finale. Questa presenza di elementi "extra-
individuo" deliberatamente inclusi nelle nostre valutazioni, ha lo scopo preciso di far capire alla
comunità l'importanza degli "aspetti
distribuiti dell'intelligenza".
Allo stesso
tempo vogliamo contestare l'idea, assolutamente maggioritaria, secondo
cui tutto l'apprendimento deve esistere entro il solo cervello, sia che
"quel cervello" sia a casa, a scuola o nel posto di lavoro.
Finora
ho riferito di "fasi" storiche che sono già state percorse o quantomeno
avviate. Le ultime due fasi
di cui parlerò rappresentano invece speranze per il lavoro futuro sull'intelligenza,
sia nell'ambito della nostra ricerca sia in quella di altre ricerche in
altre parti del mondo.
6 - Alimentare l'intelligenza
Anche se i nostri tentativi di capire l'intelligenza stanno facendo
notevoli progressi, devo
dire che sappiamo ancora molto poco sui modi per alimentarla e favorirla,
sia che la consideriamo in modo unitario o in termini pluralistici, sia che la pensiamo centrata
sull'individuo o in forme "contestualizzate" e "distribuite". Eppure i
nostri sforzi per capire che cosa è l'intelligenza potranno essere meglio
coronati quando riusciremo a dimostrare che l'intelligenza può essere
alimentata e favorita da particolari contesti educativi, da specifiche
strategie pedagogiche o tecniche di facilitazione. Questa è la sfida del
futuro.
7 - Umanizzare
l'intelligenza
Voglio
concludere affermando che capire che cosa è l'intelligenza - e persino
sapere come meglio svilupparla - non è sufficiente.
Qualsiasi capacità umana può
essere usata per il bene o per il male; e fa parte della nostra responsabilità
di esseri umani, che viviamo insieme su questo singolo travagliato pianeta,
cercare di usare le nostre competenze, le nostre intelligenze in modi
che siano moralmente responsabili. Questo compito non può ricadere solo
sulle nostre spalle di ricercatori, ma non possiamo nemmeno permetterci
come ricercatori di limitarci a passare questa responsabilità ad altri.
L'essere
umano è qualcosa di più delle sue capacità intellettuali. Forse più dell'intelligenza,
rivestono importanza cruciale nel firmamento umano, la motivazione, la
personalità, le emozioni e la volontà. Se vogliamo tentare di fare emergere
un quadro completo degli esseri umani, dovremo integrare le nostre indagini
sulla conoscenza con uguali indagini su questi altri aspetti.
Forse
da questa attività di sintesi riusciremo a raggiungere una nuova e diversa concezione della natura umana. Ovviamente
un tale obiettivo richiede un'altissima collaborazione, "distribuita"
tra i ricercatori, gli educatori e tutta la comunità. Il compito è di
altissimo impegno, ma i progressi fatti negli ultimi 10 anni ci danno
motivo di essere ottimisti.
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