Professionalità


Cerca nel web, nel sito, nei siti amicicerca

Google
 

Professionalità


Insieme di competenze e risorse che consentono alla persona di risolvere in modo soddisfacente i problemi di un particolare ambito di lavoro. Non è solo qualcosa di esterno, ma è un vero e proprio “vestito” che modella la personalità. La professionalità richiede una partecipazione interiore; essa “viene da dentro” e si esprime in una passione per il proprio lavoro, nella curiosità e nel desiderio di apprendere e migliorare continuamente.


La professionalità dei docenti


10 tesi (provvisorie) sulla professionalità docente

La professionalità degli insegnanti: lo scenario culturale

Professione docente: evoluzione e rivincita di un mestiere tradito

Il profilo professionale docente nella scuola dell'autonomia (un confronto con gli altri paesi europei)

110 indicatori per l'insegnante competente

Approfondimenti nella sezione del sito dedicata alla Formazione dei docenti


Autonomia della professione docente nella didattica

di Lucia Frigerio

Se il processo di apprendimento-insegnamento è funzione precipua della scuola nel suo complesso, chi lo presiede nel suo attuarsi e divenire è essenzialmente il docente in classe.

Che la professionalità docente si possa esplicare e vivere in modi articolati e vari, definiti in base a diverse competenze e funzioni, sia nell'ambito del complessivo sistema scuola sia all'interno di ogni singola unità scolastica, è opinione ormai largamente condivisa ed anche, seppur in parte, sperimentata. Il dossier di questo numero della rivista, dedicato agli atti del convegno del maggio scorso, testimonia lo stato del dibattito e dell'elaborazione a proposito della pluralità di ruoli e di figure che nella scuola dell'autonomia potranno essere riconosciute e promosse.

Ma il contributo di PRAGMA alla definizione della professionalità del docente è significativo e prezioso proprio perché, accanto alla riflessione sul sistema e sulla sua organizzazione, porta avanti un confronto e un approfondimento della "professione docente in classe" da più parti data per scontata, se non anche sottovalutata nella sua oggettiva complessità. Sosteneva Freud, che pure in classe non c'era mai stato se non come alunno, che una delle tre professioni "impossibili" in quanto mai perfettamente riuscite, è quella dell'educatore (genitore o insegnante che sia), le altre due sono, per la cronaca, quella di governare e di psicoanalizzare.

Perché è così difficile, oltre che interessante, il mestiere dell'insegnante? Quali competenze richiede? Come si formano queste competenze?

Queste sono le questioni nodali del dibattito sulla professione docente in classe che PRAGMA da sempre propone e riguardo alle quali intende segnalare alcuni punti di riflessione e di dibattito fra gli insegnanti.

Il docente in classe gioca la sua professione in tre ambiti diversi: quello della conoscenza della disciplina di insegnamento, quello della competenza tecnica di generare apprendimento tramite strategie e strumenti adeguati, e quello della capacità relazionale di conoscere e di gestire i rapporti personali. Ed è soprattutto in quest'ultimo ambito, quello relazionale, che si decide il risultato definitivo quando i soggetti in apprendimento sono individui in età evolutiva.

È vero che la capacità relazionale è un fattore di qualità universale, come ben sanno anche manager e dirigenti, ma in classe la relazione non è tra pari e richiede all'adulto una capacità di tenuta, solida e insieme tollerante, che non si acquisisce in modo meccanicistico e neppure una volta per tutte. E quando la classe è composta da alunni che stanno vivendo una delle fasi più delicate della loro crescita, perché stanno abbandonando il mondo infantile per la ricerca del proprio assetto nel mondo adulto, le cose si fanno più complesse. E ancora più lo diventano quando gli alunni arrivano a scuola con un bagaglio di insicurezze, di difficoltà e di disagi che ne compromettono l'apprendimento.

Al docente quindi deve essere garantita una formazione di qualità in tutti gli ambiti della sua professione.

Deve poter approfondire e rielaborare i contenuti della disciplina che insegna, in un tempo e con un lavoro che vanno promossi e riconosciuti.

Deve arrivare a padroneggiare tecniche di insegnamento diverse e mirate alle varie situazioni, e per questo necessita di una formazione specialistica.

Deve coltivare una competenza relazionale attenta e matura perché questa gli consentirà di applicare in modo proficuo tutte le altre sue capacità.

Nella scuola che vogliamo la professionalità del docente in classe va curata, valorizzata e riconosciuta perché essa determina in modo sostanziale l'efficacia del processo di apprendimento - insegnamento.

(dal sito: http://www.rivistapragma.it/pragma/dieci/1.htm )


Professionalità e Docenti

di Anna Balducci

 

In principio furono i sofisti, parlarono di efficacia come misura del valore dell'educazione, di successo, di lavoro e ... furono cacciati dal tempio. La pedagogia socratica prevalse, si diffuse la tipologia dell'insegnante povero di mezzi e ricco di saperi.
Poi ... arrivò la scolarizzazione di massa e i cardini del sistema educativo vennero scossi dalle pressioni e dalle pulsioni di una società che voleva e vuole realizzare se stessa anche attraverso la scuola.
Il sistema ha accusato i colpi e un po' alla volta si è dimostrato logoro e incapace di dare risposte ai bisogni emergenti.
Impossibile reclutare una folla di "missionari", di intellettuali geniali ma votati al sacrificio di una vita ricca di sola libertà di pensiero.
E allora ? Ci dissero che potevano bastare dei dilettanti di buona volontà in perenne bilico tra volontarismo e intellettualismo inquadrati in una gestione burocraticamente rigida e controllati amministrativamente in modo quantitativo.
Impiegati di concetto, istruttori, lavoratori del pensiero e via elencando, mai responsabili gestori dei loro progetti.
Grandi lacerazioni divisero il mondo della scuola tra chi si vedeva elitariamente portatore di una tradizione e chi invece operaisticamente contava i minuti delle sue prestazioni. Nel mezzo la Scuola , l'istruzione, i ragazzi sballottati tra modelli troppo elevati per essere esempi e modestie troppo misere per essere antagoniste.

Analisi, ricerche, discussioni a non finire, nessuna conclusione perché ci si ostina a guardare al passato: in una scuola di massa non è realistico immaginare l'avvento di numerose individualità eccellenti che forse non sarebbero neppure utili.
Ciò che serve è invece riaffermare i connotati essenziali del docente: specifiche competenze, autonomia di giudizio, alto senso di responsabilità, affidabilità deontologica. Una individualità in grado di corrispondere ai nuovi bisogni e alle istanze qualitative espresse da una società avanzata che esige dalle istituzioni efficienza e propone patti fiduciari. Una cultura della responsabilità che necessita di una nuova organizzazione del lavoro: da un lato la formazione iniziale e il reclutamento collegati alle specifiche competenze, dall'altro l'assetto gestionale fondato su un'autonomia individuale inserita nel quadro di una rigorosa deontologia professionale.
Ed eccoci al punto: la rilevanza assunta dalla conoscenza teoretica nella società post-industriale ha posto le fondamenta per superare il precedente concetto di professionalità come espressione del libero scambio e di autorità professionale intesa come capacità di decidere nei confronti del committente .
L'idea di professione nella società postindustriale presuppone al contrario un elevato concetto fiduciario in cui l'etica della responsabilità individuale garantisca l'effettiva realizzazione dei fini cui si tende piuttosto che l'autoconservazione della struttura organizzativa in cui si opera.
Esattamente quello che viene oggi richiesto al docente, e come in qualsiasi altra professione "autonomia" e "responsabilità" devono delineare i processi distintivi dell'azione individuale in un contesto strutturato e collegiale che renda inutili i ritualismi delle riunioni burocratiche e al contrario favorisca le sollecitazioni e gli scambi culturali in modo da valorizzare le capacità migliori, motivare e gratificare il livello medio mentre si recupera quanto è andato disperso o sommerso.
Un atteggiamento da comunità scientifica che permetta al docente la gestione piena dei processi formativi nel rigoroso rispetto delle individualità degli studenti e della validità dei percorsi educativi e cognitivi proposti.

Un atteggiamento che individui l'insegnamento come un processo fondamentalmente "sociale" le cui azioni, relazioni e risultati rovescino l'idea di un'educazione tutta preoccupata di VERITA', di paternalismo, di rigidità burocratiche, di una malcelata didattica di stato che ha soffocato e depresso ogni curiosità giovanile tanto che al momento "scolastico" è diventato sinonimo di inutile, barboso, verboso, inconcludente.
Una scuola così concepita, disinteressata al ragazzo, visto sempre come soggetto passivo e non come individuo in crescita dotato di coscienza morale e civile in formazione, non può non essere oggetto di aspre o rituali contestazioni che inutilmente si tenta di arginare con strumenti vertistici o proposte surrettizie.
Non saranno le concessioni ministeriali o le programmazioni protagoree caldeggiate da Confindustria a ristabilire il giusto equilibrio tra interesse, motivazione e applicazione individuale.
Analizzati i problemi dovremo essere in grado di creare un nuovo equilibrio che presupponga legami con i dati dell'esperienza ma sappia coniugarli con le attese per un futuro che chiede risposte diverse dai modelli ricavabili nella tradizione filosofico.pedagogico-economica.
Mai nella nostra storia si sono proposte le condizioni socio-ambientali attuali: una diffusa anche se confusa richiesta di "preparazione" collegata ad un incerto ma sentito diritto di partecipazione che non può dirsi compiutamente democratico ma che ne comincia ad assumere i contorni e come tale scardina ciò che resta della concezione elitaria dell'educazione.
Oggi infatti, divenuto dubbio il rapporto socratico docente-alunno, si nega anche la valenza del modello mastery learning dentro cui si sono mosse le riforme e gli aggiustamenti organizzativo-didattici dal 1963 in poi.
Ed il docente, iscritto in una rigida programmazione, si è tramutato da intellettuale, un po' fuori dalla realtà ma severo conoscitore del proprio disciplinare, in piccolo operatore sociale volto a coordinare istanze eterogenee. E' diventato una figura utile solo a fungere da parafulmine: certamente non è funzionale al sistema scuola o a quello che il cittadino si attende dalla scuola.

Giusto la scuola: non più solo luogo di trasmissione della tradizione culturale codificata ma anche ambito relazionale in cui si coltivano e si attivano le intelligenze secondo il modello socratico del "lasciar essere" e nel contempo si organizzano le informazioni che permetteranno al cives di inserirsi nel tessuto sociale non già come modello conforme a quanto programmato e richiesto dalle aziende ( per questo scopo saranno più idonei brevi corsi di formazione professionale mirati ad esigenze specifiche) ma come soggetto creativo in grado di valutare e scegliere secondo criteri di tolleranza e flessibilità.
Indubbiamente

  • un cives difficile da blandire o controllare quindi politicamente poco appetibile secondo le regole del momento,
  • un cives consapevole che non si inchina alle regole del mercato ma le analizza criticamente,
  • un cives responsabile che assume il suo ruolo è ha il "piacere" di condurlo in porto perché ha imparato che è gratificante "far bene ciò che si fa",
  • un cives che ha il gusto del vivere "insieme agli altri" e con "gli altri" costruire un ambiente umanamente valido.

Un cives competente non per i diplomi che può esibire ma per le consapevolezze che è in grado di attivare.

Una scuola siffatta si porrà quale vera istituzione dello Stato perché, ci piaccia o meno, la nostra società terziarizzata non potrà prescindere dal fatto che "la scuola, a lungo andare, sia più importante del Parlamento, della Magistratura e della Corte Costituzionale" *.(Piero Calamandrei, in Prefazione , da Ferretti, Scuola e democrazia , Torino 1956)

Tutto ciò ripropone la questione centrale: gli insegnanti, chi e come ?
La complessità e le competenze richieste da un'istituzione scolastica moderna non si conciliano con funzioni impiegatizio-burocratiche e rifuggono da dilettantismi e volontariato. L'unico modello proponibile resta quello professionale i cui cardini siano ben delineati:

  • un rigoroso e selettivo reclutamento iniziale,
  • una accurata formazione post-universitaria con specifici momenti di tirocinio,
  • un ricorrente aggiornamento che preveda anche momenti sabbatici prefissati e in stretta relazione con le università,
  • una organizzazione del lavoro talmente geniale da strutturare un ambiente culturalmente stimolante dove ogni docente abbia ampia autonomia individuale,
  • possa fruttuosamente impegnare la propria esperienza nell'interscambio con i colleghi,
  • trovi spazio per accedere ad ulteriori responsabilità.

E' noto infatti che per realizzarsi professionalmente ogni individuo debba concentrarsi su uno specifico progetto che preveda il riconoscimento delle competenze e delle esperienze acquisite attraverso la collocazione sociale e professionale in specifici spazi di attività*( J. Aubret, F. Aubret, C. Damiani " Les bilans personnels et professionnels , Collection orientations, Paris 1993)

Si tratta di strutturare la promozione professionale attraverso l'istituzione di figure di sistema capaci di guidare o sostenere la progettazione didattica, la valutazione, la ricerca, la formazione iniziale e in servizio oltre che di affiancare l'organizzazione e la gestione.
Il problema fondamentale sarà quello di definire adeguati criteri e modalità di valutazione.
Si dovrà partire dall'analisi

  • delle "competenze",
  • delle "responsabilità professionali" verso i discenti assunti come attori attivi del processo formativo,
  • del principio dell'autonomia professionale che non può essere intesa come autoreferenzialità.

A questo proposito è indispensabile chiarire che "libertà di insegnamento" non è mai presupposto di arbitrarietà, ma "autonomia didattica" è sicuramente possibilità di scegliere un proprio metodo e un proprio indirizzo di pensiero così come propri parametri di valutazione e giudizio. In definitiva libertà di "esposizione di argomenti fatta con metodo scientifico". Dunque libertà di metodo. Ma ancora una volta non arbitrarietà: l'insegnamento deve essere efficace e dunque il metodo sarà libero nella misura in cui risulti idoneo a conseguire il suo scopo.
Si può quindi sostenere con V.Crisafulli ( La scuola nella Costituzione italiana , Rivista trimestale di diritto pubblico, 1957) che "non sembra si possa affermare che la libertà del metodo possa e debba, anche, significare libertà di non farsi capire o, peggio, di non conoscere quello che si ha il dovere di insegnare".
Altro l'ambito della funzione educativa intesa quale contributo alla "elaborazione culturale e stimolo alla partecipazione degli studenti al loro processo di formazione umana e critica" (D.P.R. 417/74) , là dove per insegnamento si intende non solo la trasmissione culturale ma anche la creatività culturale che la scuola deve stimolare. In questo caso il limite certo è il rispetto che si deve alla "coscienza morale e civile degli alunni" (art 2 TU 297/94) dunque un limite deontologico professionale che chiama in causa la capacità relazionale del docente nei confronti dell'allievo soggetto attivo di formazione.

In conclusione: l'insegnante chi e come ?
Un professionista che sa, che sa insegnare, che sa intessere corrette e buone relazioni con gli allievi, che agisce in piena autonomia secondo l'etica della responsabilità individuale e quella di una rigorosa deontologia professionale. Un vera risorsa-investimento per la società post-industriale che intenda chiamare tutti i suoi membri a costruire il tessuto civile .

 

 

(dal sito: http://www.graffinrete.it/tracciati/storico/anno98/profdoce.htm )


 

Il docente professionista: chimera o realtà?

di Alberto Giovanni Biuso
(Direttore del Centro Studi dell'A.N.D.)

 


Nello scorso mese di giugno sono state presentate dalla maggioranza parlamentare due diverse proposte di legge (vedi allegati). La prima, su iniziativa di Santulli e di altri deputati, si intitola Statuto dei diritti degli insegnanti; la seconda è stata proposta da Angela Napoli col titolo Disposizioni in materia di stato giuridico degli insegnanti e di rappresentanza sindacale nelle istituzioni scolastiche. Si tratta di due testi sostanzialmente analoghi, con una maggiore attenzione da parte del primo agli aspetti tecnico-amministrativi e, il secondo, a quelli educativi e culturali. Le due proposte, e soprattutto le relazioni che le accompagnano, sembrano venire incontro a molte delle richieste formulate ormai da decenni da chi è convinto che «la qualità della scuola è fondata sulla “qualità” della condizione (norme generali) e della “funzione” (prestazioni essenziali ovvero standard) dei docenti. L'insegnante non è un soggetto perfettamente fungibile ad ogni trasformazione strutturale, normativa ed organizzativa della scuola, ne è l'elemento costitutivo» (Relazione Napoli). Non solo: il comma 2 dell'articolo 5 della proposta Santulli prevede esplicitamente che «a livello nazionale, regionale e delle singole istituzioni scolastiche le associazioni professionali sono consultate e valorizzate nel merito della didattica, della formazione iniziale e permanente». I due testi sottolineano le molte ragioni di disagio degli insegnanti italiani, compreso il fatto che «la stessa definizione della dirigenza scolastica è avvenuta concretamente in polemica con la funzione docente e non come naturale sviluppo della carriera» (Napoli). Con una disparità di trattamento davvero impressionante –e la cui responsabilità è in gran parte ascrivibile ai sindacati tradizionali, che hanno favorito i dirigenti contro i docenti- l'insegnante, invece, «caso unico in tutto il pubblico impiego, si trova ancora accomunato con tutto il personale dipendente della scuola, compresi gli ausiliari» (sempre dalla Relazione Napoli).

Le due proposte indicano quindi alcuni principi e strumenti volti a valorizzare la professione docente, fra i quali: la creazione di un'area autonoma di contrattazione (esattamente ciò che hanno ottenuto i dirigenti, non a caso riuniti in una forte Associazione professionale, l'ANP); un contratto snello; un organo di autotutela professionale; un reclutamento coerente con gli standard qualitativi della professione; una carriera fondata sul merito; una dirigenza collegata più strettamente alla natura educativa e non aziendalistica della scuola. Si tratta di tesi non solo di evidente buon senso ma che l'Associazione Nazionale Docenti sostiene da sempre. In particolare, per gli ultimi due obiettivi (reclutamento e carriera) queste proposte di legge prevedono l'«articolazione della funzione docente in specifiche funzioni di docente tirocinante, docente ordinario e docente esperto. (…) Alla funzione di esperto si accede mediante concorso volto a verificare il possesso dei requisiti professionali individuati sulla base di precisi standard» (art. 2, comma 1e della proposta Napoli; stesso art. della proposta Santulli e altri;).

E questo è un punto assai delicato. La tripartizione che si propone è, infatti, già presente in altri sistemi scolastici europei ma il rischio concreto –qui da noi, in Italia- è che la distinzione premi alla fine non i docenti migliori –e cioè quelli che lavorano seriamente in classe, con gli studenti- ma quelli più vicini, diciamo così, alle volontà dei dirigenti, quelli più abili nelle pubbliche relazioni, quelli che si muovono di continuo fra commissioni e organismi vari, senza mai studiare. Non si deve dimenticare che l'infausta proposta del “concorsone” berlingueriano è –giustamente- fallita proprio a causa delle modalità burocratiche e non culturali con le quali si pretendeva di stabilire il merito dei docenti. Sulla difficoltà in Italia di premiare davvero chi vale, è illuminante la vicenda, assai triste, delle Scuole Interuniversitarie di Specializzazione all'Insegnamento che i sindacati stanno boicottando in tutti i modi a favore del perpetuarsi di un precariato funzionale alla forza di condizionamento e di ricatto e dei sindacati stessi.
Come Associazione Nazionale Docenti, accogliamo quindi con favore le intenzioni che guidano questi testi ma ci chiediamo come mai il Governo –che è sostenuto dai parlamentari che queste proposte hanno formulato- non abbia già riconosciuto l'area autonoma di contrattazione (dopo averla promessa sin dall'inizio…) e questo ci fa temere che l'iter parlamentare svuoterà tali proposte degli aspetti migliori; ci auguriamo, quindi, che i fatti non ne smentiscano la volontà riformatrice. Anche perché se « la Repubblica riconosce e valorizza la professione dell'insegnante, ne promuove l'immagine e il prestigio e ne garantisce la qualità, attraverso un efficace sistema di reclutamento, la formazione iniziale e continua, la carriera e la retribuzione per merito» (art. 1, comma 2 della proposta Napoli), la Repubblica deve provvedere a trovare nei suoi bilanci finanziari il modo per riconoscere economicamente la funzione educativa fondamentale dei suoi docenti. Le vicende dell'ultimo contratto, che Cgil, Cisl, Uil e Snals –che sono sempre pronti a urlare contro il Ministero- hanno però tranquillamente firmato, non incoraggiano facili speranze.

Da parte nostra ribadiamo quanto da sempre andiamo sostenendo a favore non solo e non tanto dei docenti, quanto della scuola –e cioè dell'intera società- italiana. La professionalità del docente è implicita nel fatto che al di là delle architetture di sistema, delle innovazioni tecnologiche e strumentistiche, del monte ore curriculare, la questione scuola coincide con la questione docente. Ogni altro aspetto può essere valorizzato o rimanere sterile in base a come la funzione docente si configura nel concreto del quotidiano fare scuola. Proprio per questo è necessario che il reclutamento degli insegnanti avvenga attraverso una necessaria laurea specialistica per chiunque intenda dedicarsi alla docenza. Una tappa per raggiungere tale obiettivo sarebbe stata costituita dalla valorizzazione e dall'ampliamento delle Scuole di Specializzazione ma è un'occasione che si sta buttando al vento. È poi assolutamente necessario ristabilire il legame costitutivo fra la scuola e l'università, nella precisa direzione dell'arricchimento didattico che la scuola può offrire all'università e dell'aggiornamento disciplinare e culturale che quest'ultima può proporre alla scuola. Non si può valorizzare la professionalità del docente se non si conferma –nel concreto delle riforme, dei curricoli, dei programmi- la centralità del sapere disciplinare rispetto alle metodologie didattiche, del che cosa sul come, dei contenuti da apprendere rispetto alla semplice socializzazione delle persone, fermando la grave deriva che ha trasformato le nostre scuole in agenzie per l'uso del tempo libero.

I criteri per il riconoscimento del merito devono essere quindi: oggettivi, condivisi, scientificamente fondati. Il primo di essi è costituito dall'attività di ricerca del singolo insegnante, testimoniata da saggi, libri, pubblicazioni riconosciute dalla comunità scientifica di appartenenza. Anche le valutazioni da parte degli allievi e delle famiglie saranno molto utili purché facciano riferimento non a discutibilissimi e variabili scale docimologiche ma eventualmente all'opinione che gli studenti già usciti dalla scuola e inseriti in Università o nel mondo del lavoro esprimono a distanza di tempo. In ogni caso, un argomento così delicato e centrale deve essere affrontato garantendo prima un ascolto vero e capillare degli insegnanti stessi, delle loro opinioni e delle loro proposte.

Il principio guida dell'A.N.D. è pertanto che la professionalità del docente ha il suo cuore nella cultura del docente, nella profondità del suo sapere disciplinare, nella costanza con cui lo aggiorna, nello studio come elemento centrale della professione. Fino a quando Ministri, Parlamento, Società civile e soprattutto i docenti stessi non si renderanno conto che la peculiarità dell'insegnamento consiste nella sua dimensione culturale, ogni tentativo di riconoscere a maestri e professori una loro peculiare professionalità resterà –come finora è sempre rimasto- una chimera. Noi vogliamo fare di tutto affinché diventi, invece, una realtà.

(Settembre 2003)

(dal sito: http://www.associazionedocenti.it/contenuti/articoli.asp?MID=1&SID=23&AID=268 )


La professionalità docente fra innovazione e corresponsabilità educativa

Agnese Cattaneo

Una recente indagine rivolta a insegnanti e dirigenti scolastici della Lombardia sui temi del disagio a scuola e della formazione atta a sviluppare le competenze per affrontarlo con successo 1 offre lo spunto per una serie di riflessioni sui temi, quanto mai attuali e delicati, della diffusione dell'innovazione didattica e dello sviluppo professionale degli insegnanti. Ecco, in estrema sintesi, alcuni dei principali snodi critici affrontati nel volume pubblicato al termine della ricerca .

Il mondo della scuola è oggi costretto a confrontarsi quotidianamente con sfide sempre nuove: la crescente complessità e instabilità del contesto in cui insegnati e dirigenti si trovano ad operare tende ad acuire l'incertezza degli esiti auspicati e l'onerosità dell'impegno richiesto per perseguirli, e implica un costante perfezionamento degli strumenti professionali di cui tali figure dispongono.

Nel caso degli insegnanti, accanto alla solida padronanza dei contenuti disciplinari si rendono necessarie una non minore abilità nel gestire e modulare in maniera differenziata le forme e i modi con cui il sapere può essere comunicato e trasmesso, nonché la capacità di cogliere le specificità dei contesti e delle situazioni e di adattare conseguentemente il proprio operato. Per far questo, il docente deve riferirsi ai modelli professionali consolidati, al bagaglio culturale posseduto e all'esperienza pregressa non come ad un catalogo dal quale attingere la soluzione di volta in volta confacente bensì come ad un patrimonio condivisibile con il quale confrontarsi dinanzi all'originalità di ogni nuova situazione. In altri termini, ciò significa interpretare la funzione docente secondo categorie analoghe a quelle del problem-solving e della ricerca; in tale direzione dovrebbero muovere, strategicamente e concretamente, le politiche di formazione degli insegnanti e quelle organizzative del sistema scolastico, sinergicamente con quelle dei sistemi sociale e produttivo.

Le considerazioni maturate a commento dei vari riscontri osservati nel corso dell'indagine aiutano a corroborare e a specificare progressivamente l'assunto fondamentale - suffragato dalla riflessione scientifica e richiamato dall'esame critico dell'esperienza – della corresponsabilità di tutti gli interlocutori implicati in un percorso formativo.

Spesso gli insegnanti attribuiscono caratteristiche di eccezionalità e di unicità alle situazioni incontrate nello svolgimento del proprio lavoro, e sperimentano un vissuto di relativo isolamento nell'affrontarle: ciò costituisce un inevitabile fattore critico poiché tende a inibire la messa in gioco delle competenze professionali specifiche, alimenta la spirale negativa del senso di insoddisfazione e inadeguatezza, ostacola la maturazione di uno spazio di sviluppo per un sapere pratico da consolidare e condividere . E' 1 L'indagine sul tema “Il disagio in classe: percezione del problema e formazione degli insegnanti” è stata svolta tra il Novembre 2004 e il Maggio 2005 da un'équipe di ricerca dell'Università Cattolica di Milano, sotto la direzione scientifica della prof.ssa R. Viganò.

Dunque è importante che l'insegnante si consideri non un attore isolato, bensì parte attiva di un “sistema scuola” in grado di supportare le scelte compiute dalle diverse componenti e di indirizzarne l'operato secondo un'ottica di miglioramento e di innovazione .

Un istituto scolastico può infatti diventare luogo ove il cambiamento si costruisce, collettivamente eprogressivamente, a condizione che quanti in esso operano dispongano di margini di manovra sufficienti per elaborare progetti e azioni risolutive. Tali margini di manovra, inizialmente individuali (l'autonomia di ogni insegnante), più recentemente istituzionali (l'autonomia dell'istituto), hanno da essere messi in comune affinché se ne accresca l'efficacia. Da qui l'importanza della trasferibilità delle esperienze messe in atto ai diversi livelli della realtà scolastica.

La responsabilità individuale si fa con ciò collettiva e pone ciascuno dinanzi all'obbligo professionale di rendere conto del proprio agire ai colleghi, così come l'istituto deve rendere conto al sistema dell'impiego della sua autonomia relativa. Tale sviluppo induce il sistema ad elaborare nuove procedure per assicurare che l'autonomia accordata all'istituto non generi indebolimento nella qualità della formazione e per identificare con chiarezza i bisogni dell'istituto medesimo, allo scopo di assumere misure di discriminazione positive per assicurare una ripartizione equa dei mezzi, proporzionata alle situazioni e ai progetti.

Analogamente può dirsi riguardo all'istanza fondamentale dello sviluppo continuo delle professionalità della scuola, nella circolarità fra teoria e pratica, azione e formazione. Si delinea un'idea di formazione come dimensione qualificante la professionalità medesima nel suo quotidiano esercizio e sviluppo, piuttosto che come supporto, iniziale o continuo, che la affianca ma non la innerva intrinsecamente.

Vi è pertanto necessità e urgenza di nuove concezioni e nuove modalità di formazione continua, la quale può scaturire da un insieme di forme d'interazione e di cooperazione fra ricercatori, formatori e insegnanti impegnati in progetti comuni di messa a punto e di diffusione di innovazioni didattiche, rinvigorendo così con slanci e direzioni strategiche magari già percorse ma bisognose di riconsiderazione come, fra altre, la ricerca-azione, la pratica riflessiva e i progetti di istituto. La sperimentazione avviata attraverso il Progetto Gold Train costituisce a nostro avviso un esempio altamente significativo dei risultati che possono essere raggiunti attraverso simili interazioni tra insegnanti di scuole diverse e – non secondariamente - tra insegnanti ed esperti del mondo dell'educazione e della formazione.

La prospettiva di riferimento è data dall'avvio e dal consolidamento di una learning organization a cui partecipino tutti i soggetti implicati ai vari livelli, la quale persegua la sinergia delle competenze professionali presenti per assicurare qualità all'azione e tenda a riconoscere eventuali altri snodi problematici ai quali orientare ulteriori progetti di cambiamento.

Riferimenti Bibliografici

V IGANÒ R., Scuola e disagio: oltre l'emergenza. Indagine nella scuola lombarda , Milano, Vita & Pensiero, 2005

 

Per approfondire

G ATHER T HURLER M., Le projet d'établissement: quelques éléments pour construire un cadre conceptuel, in

Pelletier G. (ed.), Autonomie et décentralisation en éducation: entre projet et évaluation, Montréal, Ed. de

l'AFIDES, 2001

A LTER N., L'innovation: un processus collectif ambigu, in Alter N. (ed.), Les logiques de l'innovation –

Approche pluridisciplinaire, Paris, La Découverte , 2002

 

(dal sito : http://www.bdp.it/lucabas/lookmyweb_2_file///Articolo_Cattaneo2.pdf )


 

La professione docente: funzione educativa, culturale, etica, sociale e aspetti giuridici.

A. Porcarelli (coordinatore), S. Cicatelli, A. Madeo, A. Morandin

 

Premessa

 

La professione docente presenta un'identità articolata e complessa, in cui si intrecciano diverse variabili. Il cuore dell'attività dell'insegnante sta nella dimensione educativa del suo compito, fondata sulla tensione ideale a “prendersi cura” della persona nella sua globalità, facendosi carico sia dei suoi “bisogni” (talora mutevoli e contingenti), sia delle più profonde esigenze connesse alla dignità della persona come tale: quello che Maritain chiama “personalismo educativo integrale” può considerarsi il nostro orizzonte ideale di riferimento, che coinvolge l'azione didattica, la relazione educativa, il rapporto con i colleghi, i genitori, l'organizzazione del sistema scolastico e la cultura in genere. La modalità specifica con cui l'insegnante realizza tale compito passa attraverso la sua interpretazione dell'azione didattica: l'insegnante educa insegnando, perché è in grado di cogliere il valore formativo dei diversi saperi e delle discipline, di metterne in luce il valore antropologico e di favorire il contatto tra i mondi vitali degli allievi e gli universi culturali di coloro che hanno elaborato forme di conoscenza significative. Tra i bisogni delle persone che crescono vi è infatti quello di essere aiutati nell'opera grandiosa e delicata della maturazione di un insieme di strutture mentali e di pensiero, nel contesto di una determinata cultura, che le giovani generazioni incontrano grazie al lavoro di quelle che le hanno precedute. Un luogo (la scuola) in cui ciò avviene in modo istituzionale ed esplicito, con l'impegno di persone (gli insegnanti) che a questo dedicano la loro vita e gli sforzi della loro intelligenza, riveste un valore strategico essenziale per la realizzazione delle finalità educative.

Perché ciò possa trovare un' adeguata attivazione non bastano gli appelli alla buona volontà dei singoli, ma occorre una coscienza generalizzata della differenziazione fondamentale a livello istituzionale della funzione docente, cui sono state attribuite mansioni sempre più ampie e complesse con modalità di tipo “sommatorio”, mentre sarebbe necessario un approccio di tipo organico e strutturale, tale da modificare la qualità e la valenza della professione docente. Universalmente riconosciuta - da sempre - è la precipua funzione culturale, mediante la quale le nuove generazioni vengono in contatto con il patrimonio di conoscenze e di valori elaborati dalle generazioni che le hanno precedute e vengono poste in grado di inserirsi in tale processo quali soggetti attivi. A tale funzione si collega l'insieme delle aspettative sociali nei confronti della professione docente che oggi risultano - paradossalmente - molto alte, a fronte di una bassa considerazione della professionalità degli insegnanti (come categoria complessivamente presa).

 

I termini del problema

 

Sul piano dell'identità professionale della categoria è in corso un processo di evoluzione che dipende dall'evoluzione complessiva del sistema di istruzione e formazione, iniziato già da alcuni anni ed ancora in fase di assestamento. Ciò ha comportato la crescente richiesta di nuove competenze per gli insegnanti: alle tradizionali competenze di tipo culturale e didattico (che restano comunque al centro della professionalità) si sono aggiunte competenze che da sempre hanno fatto parte del patrimonio professionale degli insegnanti e che la contingenza storica in cui ci si trova ad operare ha reso più evidenti:

•  competenze educative , sottolineate anche da specifici progetti del Miur (le cosiddette "educazioni"),

•  competenze organizzative , particolarmente evidenziate dalla cultura dell'autonomia,

•  competenze progettuali , derivanti dalla capacità propria di ogni insegnante di operare in modo organizzato e consolidate da decenni di sperimentazioni sul campo,

•  competenze valutative , sul versante educativo, docimologico e di sistema,

•  competenze relazionali , sempre più necessarie a fronte delle nuove esigenze sia delle giovani generazioni sia della comunità scolastica e del contesto in cui opera,

•  competenze comunicative , sul piano verbale, non verbale, iconico e multimediale.

Il passaggio stesso - reso necessario nella scuola dell'autonomia - dalla logica del programma/programmazione alla costruzione di curricoli/piani di studio (ora anche personalizzati), modifica in modo significativo le modalità con cui ogni docente può progettare e organizzare il proprio lavoro.

Sul piano della collocazione sociale si è detto che le attese nei confronti della scuola in genere e degli insegnanti in particolare sono elevatissime: sia sul piano culturale, che su quello educativo, quasi che la scuola potesse farsi carico di tutte le contraddizioni che la nostra società non riesce a risolvere. Dall'altro lato il basso livello retributivo, la scarsa - o nulla - possibilità di vedere uno sviluppo professionale riconosciuto, contribuiscono a configurare il quadro di una professionalità non adeguatamente valorizzata rispetto alle elevate aspettative sociali.

 

Problematizzazione

 

Non sembra semplice trovare una strada sicura nell'ingorgo delle tematiche che abbiamo accennato, ma possiamo suggerire alcune direttrici di marcia che partono da obiettivi prioritari:

•  Far emergere principi e convinzioni personali, che stanno alla base della professione di ciascuno (ethos), e metterli in relazione con la “mission” della scuola, anche per elevare il tono del dibattito, portandolo al di sopra delle mere questioni giuridico-contrattuali.

•  Individuare strategie per ricostruire o rivitalizzare profonde motivazioni alla cura del sé professionale, superando preventivamente il disagio connesso in parte ad un certo rifiuto dei cambiamenti ed a difficoltà relazionali, in parte al logoramento psicologico dovuto alla quantità/complessità di oneri avvertiti come estranei alla propria esperienza professionale, spesso disorganici, talvolta improduttivi e non gratificanti.

•  Offrire ai docenti l'opportunità di spazi di riflessione, di "ossigenazione", quale parte integrante della professionalità per recuperarne la disponibilità a gestire i cambiamenti in atto.

•  Prendere coscienza della propria identità di comunità professionale che opera come soggetto culturale e promuove il coinvolgimento dell'intero corpo professionale, anche con il sostegno delle Associazioni professionali. Si auspica una maggiore attenzione in tal senso da parte del M.I.U.R., mentre è importante che le Associazioni stesse si muovano per consolidare i rapporti con le Direzioni Scolastiche Regionali, come l'UCIIM ha già fatto in diverse regioni. (?)

•  Sollecitare - nei diversi interlocutori istituzionali - una logica di comportamento coerente, centrata sulla definizione dell'identità del docente, valorizzando il suo ruolo sociale, anche per favorire l'emergere e l'esprimersi di una coscienza etica della categoria.

 

Proposte per la discussione

 

•  Che cosa possono fare i singoli docenti e che cosa l'UCIIM come Associazione per delineare un nuovo stile di convivenza scolastica, intesa come “comunità educante”?

•  Quali possono essere le strategie per valorizzare al meglio la dimensione “professionale” dell'insegnante?

•  Ha senso pensare ad “organismi di autogoverno” della categoria, per analogia con il ruolo esercitato dal CSM per la Magistratura ?

•  Può essere importante elaborare un Codice Deontologico per gli insegnanti ? La definizione di un Codice Deontologico come si può confrontare con il quadro istituzionale che regola la professione docente? Il CD può essere considerato un'opportunità o un rischio? Può andare a sostituire o integrarsi con altri documenti (quali e come?)?

•  Quali sono le strategie più opportune per la formazione degli insegnanti ? Come trasformare o utilizzare la formazione quale occasione di motivazione o rimotivazione professionale? A chi compete occuparsi della formazione nelle diverse “stagioni” della docenza? Quale ruolo può avere l'Università e quali le Associazioni professionali?

•  In che termini è possibile e giusto parlare di un'articolazione della professione docente : c ome evoluzione di funzioni o di ruolo? Quali possono essere - di conseguenza - i più idonei meccanismi di sviluppo professionale? Quale ruolo possono avere le Associazioni Professionali in genere e l'UCIIM in particolare?

 

Riferimenti bibliografici

 

Professionalità docente: atti del Convegno di Caserta, La Scuola e l'Uomo, n.5/6 2003

Moscato M.T , I nuovi bisogni di formazione nella costruzione dei curricoli degli insegnanti , La Scuola e l'Uomo n. 8/9, 2002, pp. 235-250.

Moscato M.T., Un sistema formativo e di sviluppo per la professionalità docente , La Scuola e l'Uomo n. 2/3 - 2002, pp. 47-52.

Annali dell'Istruzione n. 2-3 /2002 Per un codice deontologico degli insegnanti (I documenti e le proposte del gruppo di lavoro)

Porcarelli A ., Progettare modelli di formazione per gli insegnanti , pubblicato nel sito INDIRE - sezione per la formazione dei docenti titolari di Funzione Obiettivo, area a cura dell'UCIIM,a.s.2001-2002

URL: http://www4.bdp.it/funzioniobiettivo/associazioni2002/uciim/porcarelli/porcarelli.htm

Cicatelli S., L'identità degli insegnanti italiani , La Scuola e l'Uomo n. 3 - 2001, pp. 83-85.

Corradini L. - Macchia G. - Milletti A. - Cicatelli S., Professione docente e autonomia delle scuole , La Scuola , Brescia 2001.

Corradini L. - Porcarelli A., - Sacchi G. - Sciolla M.T., Quale formazione continua per i docenti? , La Scuola e l'Uomo n. 7 - 2000, pp. 200-206.

 

(dal sito: http://www.uciim.sicilia.it/DOWNLOAD/Porcarelli%20-%20La%20professione%20docente%20.doc )