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Andando per masserie...

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Il massaro

    Il massaro è la figura più importante della masseria. Poteva essere affittuario, quindi pagare un canone d’affitto al proprietario, oppure solo responsabile della conduzione della masseria per conto del padrone; in entrambi i casi, il massaro è la figura attorno alla quale è polarizzata tutta la vita organizzativa, produttiva e sociale.

   Era lui ad assegnare i compiti e impartire gli ordini, sempre lui che, secondo regole e tempi stabiliti e come forma di remunerazione, distribuiva parte di ciò che la masseria aveva prodotto ai capifamiglia residenti. A queste distribuzioni regolari si aggiungevano quelle eccezionali delle festività quali Natale, Pasqua, quando si dava anche un po’ di carne di agnello, e la festa del santo patrono.

      Dal suo carattere, dalla sua capacità di condividere e capire la durezza della fatica, dal tono con cui impartiva gli ordini, dal modo in cui stabiliva i rapporti con gli altri,dipendevano una vita tollerabile o sentirsi gli ultimi della terra.

   Così uno storico meridionale descrive le condizioni di vita dei lavoratori "forestieri" in una masseria e la funzione del massaro ai primi del ‘900:

"i contadini addetti alla coltivazione risiedono nella masseria, andando chi ogni 15, chi ogni 22 giorni a rivedere la famiglia. Vivono in un camerone a terreno, dormendo in nicchie scavate nel muro intorno intorno. Hanno un sacco di paglia su cui dormono vestiti, anzi non si spogliano mai. Li comanda un massaro, che somministra ogni giorno a ciascuno, per conto del padrone, un pane nerastro. Questo contadino lavora dall’alba al tramonto, alle 10 del mattino riposa mezz’ora, mangia un po’ del suo pane. Alla sera, cessato il lavoro, il massaro mette sopra un gran fuoco, che è in fondo al camerone, un gran caldaia in cui fa bollire dell’acqua con pochissimo sale. In questo mezzo i contadini si dispongono in fila, affettano il pane che mettono in scodelle di legno in cui il massaro versa un po’ di acqua salata con qualche goccia di olio. Questa è la zuppa di tutto l’anno, che si chiama acqua e sale. Né altro cibo hanno mai, salvo al tempo della mietitura quando si aggiungevano 1 o 2 litri e mezzo di vinello, per metterli in grado di sostenere le fatiche più dure".