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I bambini erano una componente importante della vita della masseria,
perché erano numerosi in ogni famiglia e perché in qualche
modo anche loro contribuivano allo svolgimento di alcune attività.
Riempivano con la loro presenza, le loro voci, i loro giochi, ogni
angolo; erano giochi semplici, quali la scalata di un albero, (ognuno
aveva il suo preferito) , la passeggiata alla scoperta di nuovi
sentieri tra i campi e i boschi, “a cinnacchia”
, per fermarsi solo di fronte a “spettacoli” come il rientro del
gregge con la sinfonia del belato delle pecore, o quello dei magnifici
cavalli legati agli alberi al tramonto, in attesa, dopo una giornata
di lavoro, di essere strigliati e curati prima di essere messi nella
stalla,o quello del grande fuoco della bruciatura della “ristoccia”
dopo la mietitura, o della raccolta delle uova da parte della
massara, che sfilava davanti ai loro occhi con la cesta colma
di uova, bianche, calde, “morbide”, gustose persino alla vista;
o fermarsi incantati di fronte ai castelli di paglia sorti dopo
la trebbiatura e davanti al “mare” di grano in cui tuffarsi.
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Man mano che crescevano, i bambini dovevano cominciare a diventare
responsabili, consapevoli di dover collaborare e condividere le fatiche
dei grandi. Qualcuno accompagnava il pastore e diventava “picurasciulu”,
altri, a seconda delle stagioni, raccoglievano “li
culummieddi”, oppure ripassavano dove erano state
“spilate” dalla pianta i baccelli secchi per recuperare le fave
cadute sul terreno, o, dopo che erano stati battuti i rami, raccogliere
le mandorle cadute nell’erba e tanti altri lavori per i quali non
erano necessari la forza e l’esperienza degli adulti. |
Crescevano
liberi, analfabeti, ricchi di conoscenze e abilità utili nel mondo
in cui vivevano, ma poveri di istruzione e perciò privi di opportunità
di scelte; comunque, finché restavano nel loro ambito sembravano appagati,
educati ai valori, al rispetto dei ruoli, delle persone, della saggezza
degli adulti, della natura. |
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