Andando per masserie...

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La massara

    La massara, in qualche modo, era la “prima donna” della masseria. In quanto moglie del massaro, ne condivideva importanza e responsabilità, preoccupazioni e compiti inerenti sia i lavori delle donne che la vita sociale vera e propria all’interno della masseria.

   Cucinava per i lavoratori stagionali, gestiva la raccolta delle uova e la conservazione delle stesse (sotto calce) per il padrone, la raccolta dei fichi da spaccare e sistemare sulle “littere” e unire poi a due a due con le mandorle abbrustolite (fichi ‘ccucchiati); la raccolta dei pomodori e la trasformazione in salsa e conserva per il padrone; la conservazione (sott’olio, sott’aceto, sotto sale) di ortaggi, la battitura delle fave, da ventilare e poi “šcantari”; la pulitura di ceci e fagioli dopo che si erano asciugati al sole; la trasformazione di uva in “muštarda” o “passuli”; delle melecotogne e delle pere in gustosissime marmellate, utili per i dolci di Natale, “butta ‘ca šcatti” e “ buccunotti” e tutti  quei lavori che apparentemente leggeri, rendevano  in realtà la loro vita molto piena e quella degli uomini, in famiglia, a tavola, più piacevole.

   In ogni masseria c’era il forno grande che si utilizzava per cuocere pane, frise, focacce. La massara decideva quando “accenderlo”, passava la voce e il giorno dopo diventava una sorta di “festa” perché ogni donna si doveva dare da fare, non solo nella lavorazione del pane e delle frise, abbondanti nei periodi in cui erano presenti i lavoratori stagionali, ma anche “inventare” qualcosa da cuocere, approfittando appunto della giornata del forno.
   La massara eseguiva i lavori più “grossi” con l’aiuto delle altre donne che, al dovere della collaborazione univano la contentezza dello stare insieme, la gioia di sapere che di quello che stavano preparando qualcosa restava anche a loro.

   In qualche modo, la massara in prima fila, insieme alle donne della masseria, nell’espletare il compito di conservare e preparare tutto ciò che “piaceva” al padrone prima di tutto, assumeva la figura di chi, con sapienza e maestria, riusciva a “perpetuare” i sapori e i profumi di bontà antiche fuori stagione.