(Cultura d'Europa bene comune: scuola, università, ricerca, il futuro abita qui. Bologna, 29 novembre 2014)
A ridaglie:
parto da qui: "Per invertire la tendenza e scendere al 10% degli abbandoni, occorrono, secondo la Commissione, anagrafi integrate fra i vari enti per acquisire dati ancor più precisi sulla situazione, occorre elaborare strategie preventive già dall'infanzia, riordinare i cicli scolastici (sperimentando una possibile scuola secondaria di 4 anni), migliorare l'orientamento e valorizzare l'istruzione tecnica. Occorre "un intervento complessivo", dice il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, "con istituti aperti, didattica flessibile e multidisciplinare e docenti stabili. I Paesi che hanno investito sull'insegnamento tecnico con l'alternanza scuola-lavoro, non lasciando il tecnico di serie B in confronto liceo di serie A, hanno un tasso di dispersione scolastica più bassa".(Fonte Orizzonte scuola del 30 novembre 2014). Eh no: ora vorrei respirare ripartendo da qui: "La cultura è salva quando sono salvi gli uomini." Così scrive il Professor Salvatore Settis in una rigorosissima e intensa lettera al Convegno di Bologna del 29 novembre 2014.
Abbiamo bisogno di un SENSO, così: da qui vorrei partire per riassumere il senso della giornata di ieri a Bologna. Tante persone hanno popolato l'evento, sia al tavolo dei relatori, tutti molto "sensati" e applauditi, sia tra il pubblico come me. Tante persone, docenti e genitori, tutte preoccupate della piega che stanno prendendo i fatti in Europa, nel mondo e, da ultimo ma non ultimo, nella scuola.
Ho ascoltato con vivo interesse parole altre da quelle a cui ormai siamo abituati ogni qualvolta accendiamo il televisore o leggiamo un quotidiano.
Parole altre che fluiscono dall'esperienza viva e vitale, illuminate, dal rapporto con bambini e bambine, ragazzi e ragazze, dense di alcuni significati, le quali, chiunque abbia a cuore l'intero sistema, non può fingere che non siano state pronunciate.
Ecco, "salvare gli uomini" mi è parso essere il centro di tutta l'iniziativa. Ritornare ai fondamentali della scuola vista non come servizio, bensì come luogo nel quale si aiutano le persone a trovare la propria strada indipendentemente da ciò che accadrà domani, luogo della felicità, degli incontri tra diversi, del tempo perduto a comprendersi e a comprendere il valore di una cittadinanza dignitosa che sappia cosa sono i diritti contrapposti all'accettazione passiva a cui si vorrebbe essere indotti dalle enunciazioni governative sull'essere flessibili, intercambiabili, precari a vita, senza dimora in alcun luogo di lavoro stabile.
Riparto da chi, ieri, illustrando la Legge di iniziativa popolare per la buona scuola della Repubblica , ha insistito sul fatto che non è al lavoro che la scuola prepara perché essa non ha la funzione di transito passeggero e anonimo verso un posto a pagamento alternato. Essa dovrebbe essere luogo in cui nasce, dagli studi umanistici - scientifici, la contestazione sapiente del presente e del passato affinché ogni giovane possa ricostruire un mondo migliore del precedente, senza adeguarvisi per sopravvivere. Vivere cercando e ritrovando senso per ogni essere umano, per un'esistenza degna di tale nome. Esistere come uomo-donna, cittadini ricreatori di senso per ognuno/a.
Le politiche governative che da anni propongono di trovare soluzioni on-demand per l'utenza vanno e sono andate esattamente in direzione contraria a quella sostenuta nella LIP e da chi era presente ieri al convegno. Esse paiono alquanto miopi e ristrette, sono use ad adeguare la scuola alla bisogna del mercato contemporaneo che si dibatte per affrontare la globalizzazione scegliendo la via dell'asservaggio dell'uomo al dio denaro con sottrazioni selvagge alla cultura in ragione dei tempi che corrono. Per la qual cosa anche oggi si ripropongono il taglio di un anno del percorso scolastico, più tecnica, più materie, più più.
Viceversa occorrono tempo lungo, pochi alunni per classe, una didattica sganciata da quiz e prove Invalsi, cooperativa, priva di valutazioni ricorrenti e misurative.
Ha detto bene lo studente Daniele Lampis, tra le altre sue riflessioni, quando ha affermato che la tecnologia non ha certo portato alla liberazione dell'uomo e che anzi la servitù è totale nel momento in cui l'istruzione è diventata un lusso fatto a colpi di aumenti di rette di iscrizione e di aumento di costi per mantenersi durante gli studi universitari, che tra l'altro stanno andando nella direzione di una parcellizzazione del sapere, di una crescente intromissione del privato negli spazi che dovrebbero invece essere spazio franco per il dialogo, per la costruzione dal basso, spazio privo di una didattica per il teaching to test, il quale uso ha stravolto anche l'università.
Alle parole de "La buona scuola" renziana che punta sulla solitudine di ogni individuo in corsa per qualche merito non ben definito, senza alcun cuore pedagogico, si sono contrapposte e rievocate le parole intersoggettività, cooperazione, valutazione dei processi. Parole che a una maestra ridanno fiducia nella categoria insegnante e spinta per continuare e che si legano al detto della Senatrice Urbinati a proposito del concetto di Democrazia dell'uguaglianza, che lungi dall'essere egualitaria esalta le individualità, le mette al primo posto, affinché da adulti un ragazzo e una ragazza possano realizzarsi appieno, concetto che è stato stravolto, abbattuto dalla democrazia dell'audience, della passività del cittadino perso nel marasma della vita nuova fatta di ricerca di lavoro che non c'è, di lavoro alienante e precario, di esposizione agli slogan del flessibile è bello e necessario. La democrazia dell'uguaglianza, quella della nostra Costituzione, pretende che la cultura non sia lasciata a interessi privati per ciò che riguarda il bene dell'educazione, della salute, della politica. Essa dovrebbe infatti basarsi sui criteri della libertà e dovrebbe fondarsi su ciò fin da quando un bambino/a nasce, perché come ben sanno gli/le insegnanti dei piccoli il gioco della libertà delle opportunità, della libertà futura del cittadino si chiude drammaticamente nei primi tre anni di vita e dopo diventa una scalata alquanto difficoltosa minacciata dagli abbandoni, dalla dispersione, ecc. per le quali l'Italia è ai primi vergognosi posti in Europa.
"Lo Stato non può non occuparsi della scuola dei piccoli, deve ricordare che "il futuro è cominciato ieri" e che il destino delle persone non può essere lasciato al caso della loro nascita."
Parole belle, alte, tutte: ora esse dovranno farsi concrete attraverso scelte di resistenza da parte di chi si oppone fieramente al progetto renziano di realizzare una scuola frammentata, piena di materie insegnate a ore, per ognuna delle quali tra l'altro saranno dati voti e giudizi, perdendo di vista che il cuore pedagogico batte unicamente per una formazione integrale della persona. e frammentata sarà sempre più la vita dei precari sbattuti su domanda dell'utenza e della dirigenza.
La frammentarietà, se non sapremo porre rimedio e opporre resistenza, sarà la piaga del futuro, delle vite, della cultura, del bambino/a spezzato che mai vorremmo.
30 novembre 2014