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Frammentarietà della persona e del sistema Alcune considerazioni sull'anticipo a 5 anni Ma la scuola è una cooperativa muratori e cementisti? Ti tolgo, ti taglio e valutar ti voglio |
L'altroieri, alla presentazione del mio libro "2014, odissea nella scuola", mi pare che la mancanza di etica di tutte le manovre riformistiche in corso d'opera sia "il problema" (delle politiche scolastiche e dei programmi annunciati per il futuro). E' emerso sia nell'introduzione di Gabriele Boselli sia in quella di Federica Tarabusi sia nel discorso del coordinatore Paolo Petrocelli. Quindi mi sbalordisce e al contempo mi conferma l'intervista che riporto in fondo a questo mio contributo alla riflessione. Sembra non c'entrare con la scuola, tuttavia a un lettore attento non sfuggirà certo l'analogia. Senza un'idea di pedagogia e di filosofia sull'essere umano non si va da nessuna parte. Si allevano consumatori, divoratori di cose usa e getta, non certo cittadini responsabili, impegnati, coraggiosi, orgogliosi di esistere con una visione del mondo solidale, cooperativa, ecologica, in equilibrio e armonia fra tensioni egocentriche ed eterodirette. Una politica, come quella attuale, tutta tesa alla meritocrazia e al giovanilismo, non farà altro che accentuare le tendenze della società dei consumi e della propaganda a marciare verso l'esaltazione di individualismo, edonismo ed efficientismo anche tramite una scuola della competizione, della divisione, delle vocazioni individuali precocemente indirizzate con l'idea che sia positivo disgregare la classe in favore di una non ben chiara forza centrifuga che vedrebbe studenti e studentesse di ogni ordine di scuola separarsi quotidianamente dal centro-classe per dirigersi in laboratori vocazionali. L'altro e l'io, all'interno di una classe, invece, si è detto dovrebbero essere la maggiore preoccupazione dell'insegnamento nel senso di fornire ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze, gli strumenti per coniugare saperi rigorosamente affrontati e cooperazione condotta sapientemente dall'adulto-insegnante. Difficile sarà però non cedere alle sirene che cantano melodiosamente il valore dell'interesse individuale, delle cose, della tecnologia, del benessere del corpo, di apprendimenti volti in particolare a espellere dal sistema scolastico ragazzi e ragazze futuri fruitori di beni materiali e passivi esecutori o addestratori di altri passivi esecutori. Nei testi di riforma degli ultimi anni si è notata una deriva sempre più accentuata verso un'elencazione di cose da possedere e un abbandono sempre più allarmante dell'idea pedagogica per cui prima di tutto vengono l'educazione e l'essere umano con le sue domande, con le sue esigenze di trovare una propria identità culturale nel confronto costante con l'altro e con la comunità nella tensione verso l'ascolto delle esigenze di chi sta accanto e di quelle personali per crescere e per affrontare i saperi e la ricerca insieme con stima reciproca e del sé. Mi sono sentita confermata nella scelta del titolo che ho voluto dare al mio libro "2014, odissea nella scuola", perché odissea non è soltanto in riferimento agli ostacoli che si devono superare, aggirare per ritrovare un senso all'esistenza propria, alle proprie battaglie in solitudine, ai propri errori, ma anche perché dopo tanto peregrinare, viaggiare, si possa tornare a "casa", a quella casa del passato fatta di valori caldi, umani, solidali e nello stesso tempo rivolgersi al futuro pensato per tutti, che tutti pensiamo per tutti, fatto di valorizzazione dei soggetti, contro i miti del presente, dell'efficientismo a tutti i costi, contro individualismo, competizione, fretta, velocizzazione degli apprendimenti e della vita (apprendimenti e vita considerati oggi come fossero prodotti da consumare), contro la solitudine esistenziale ingannata dall'illusione di conoscenze effimere, dai rumori di sottofondo delle metropoli, dagli oggetti che tendono a prendere il posto dei soggetti. Vero è che sempre più oggi, dentro una crisi economica, occupazionale, etica, sia ai genitori sia agli educatori si richiede il coraggio di andare contro corrente, contro gli stereotipi del bambino robotizzato, nativo digitale. E ci vuole baldanza per sopravvivere anche ai bombardamenti dei tromboni dell'informazione. Ci vuole una discreta dose di buona incoscienza oltre che di sensibilità per riuscire a "vedere", controcorrente, il bambino/a con le sue fragilità, insicurezze, per prendere posizione, per educare ricordando l'umanità complessa di ognuno/a, quell'umanità che pone domande e cerca risposte, ma che pare diventare secondaria nella propaganda governativa tutta tesa a formare lavoratori piuttosto che cittadini e cittadine liberi di scegliere per se stessi strade impreviste basate su solide basi di pensiero indipendente formatosi con l'allenamento a dialogare e a superare i conflitti insieme con i pari e con insegnanti-pensatori liberi, attenti a rapportarsi contemporaneamente con la comunità della classe, con ogni singolo componente attimo per attimo e con i saperi. Ci vuole il buon coraggio della coscienza sempre, e in particolare quando si è precari, (il mio libro li ricorda per primi nei ringraziamenti) esposti alla discontinuità, alla poca considerazione, alla fatica di vivere. Ci vuole il buon coraggio della coscienza quando i tempi, l'organizzazione, il sistema valutativo (che diventa sempre più misura), quando i test, l'Invalsi, la macchina burocratica, si fanno sempre più pressanti.quando genitori e insegnanti si sentono continuamente inadeguati o perché considerati troppo giovani o troppo vecchi, troppo rigidi o troppo lassisti, troppo antiquati o troppo moderni, insomma quando i clichet prendono il posto di pedagogia, filosofia, psicologia, sociologia, in definitiva delle scienze umane sostituite da quelle economiche. Ma come si dice "meglio soli che male accompagnati" se il prezzo del consenso pubblico dovesse essere la perdita, la banalizzazione e riduzione dell'essere umano visto come un utente da accontentare, da seguire nell'esigenza del suo ego spinto a non soffermarsi sulla propria mente, sulle proprie domande d'ascolto e di ricerca di senso. Ma in definitiva il coraggio della buona incoscienza c'è eccome e sta crescendo. Infatti ci siamo sentiti circondati da affetto e comprensione: genitori, bambini, bambine, insegnanti, alcuni dirigenti erano lì con noi ad attestare la loro vicinanza e il loro sconcerto dinanzi alla protervia delle politiche e dei tagli, alle non riforme, alla disattenzione ai veri problemi dell'essere umano da quando muove i primi passi nella prima comunità, la scuola, che lo dovrebbe educare e istruire in modo profondo e solido. http://www.didaweb.net/fuoriregistro/immagini/2014/Bregantini.jpg
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