Esiste
una
contaminazione di differenti fattori che interviene
nella pratica valutativa corrente; bisogna precisare che tale
contaminazione è favorita da mancanza di chiarezza circa la struttura
stessa
della valutazione, o da eccessive semplificazioni nella formulazione
dei giudizi. Infatti, ciò che viene comunemente indicato come
«valutazione» costituisce la risultante di due operazioni, delle quali
la prima
è rappresentata dalla misurazione, e l'altra dalla valutazione
propriamente detta. La misurazione consiste nell'acquisizione
di una informazione organizzata relativa a determinati fenomeni; la
valutazione nello stabilire la rispondenza delle misurazioni
effettuate a determinate
ipotesi che sono alla base dell'attività formativa. E’ chiaro
che la
valutazione sarà tanto più consapevole e argomentata quanto più
numerose e precise saranno le informazioni su cui essa si appoggia.
Ne viene l'opportunità di distinguere, anche operativamente,
le due
operazioni: bisogna provvedere, nella programmazione dell'attività
didattica, momenti di rilevazione delle informazioni, parte delle
quali
può costituire oggetto immediato di valutazione, parte invece
può
essere accumulata per successivi e più ampi giudizi.
I problemi connessi con la valutazione educativa sono numerosi
e
di non facile soluzione. Ciò deriva dalla particolare natura
dei
fenomeni che devono essere sottoposti a misura: si opera in un
contesto in cui esiste una continuità tra aspetti qualitativi e quantitativi
che spesso rende precario ogni tentativo di separazione. Bisogna,
perciò, disporre di strumentazioni tecniche e metodologiche che
sottraggano la funzione di misurazione all'arbitrarietà che solitamente
la contraddistingue: le comparazioni intuitive, che sono alla
base di
gran parte della valutazione scolastica, non solo forniscono
cattive
misurazioni, ma non consentono neanche di effettuare valutazioni
dei
fenomeni considerati utili ai fini della conduzione dei processi
di
formazione. Esiste probabilmente una diffidenza di origine culturale
nei confronti della misurazione: si teme cioè di inaridire, attraverso
il
ricorso a metodi quantitativi, una realtà complessa e riccamente
articolata come è quella sottostante alle situazioni educative.
Si è
anche ideologizzato il problema, facendo corrispondere a una
scelta di
libertà il rifiuto della riduzione quantitativa di fenomeni che
hanno per
protagonisti soggetti umani. La polemica si fonda su presupposti
sostanzialmente equivoci: non si tratta di una alternativa tra
misurazione e non misurazione, ma tra una misurazione affidata ad apprezzamenti
momentanei e soggettivi e una che rende espliciti i propri
criteri. Torna alla M
Torna all'alfabeto Modularità
L'organizzazione
modulare e flessibile della didattica è una vera e propria strategia
formativa altamente strutturata, in cui l'organizzazione sia del curricolo
che delle risorse del tempo e dello spazio prevede l'impiego flessibile
di segmenti di itinerari di insegnamento-apprendiinento -i moduli-
che hanno struttura, funzioni e ampiezza variabili, ma formalmente e
unitariamente definite. I
moduli, in questa accezione, non sono raggruppamenti di alunni, ma parti
ben articolate del curricolo, in sé unitarie, tanto che possono essere
proposte secondo diverse sequenze temporali, ma pure tra loro strettamente
collegate. Da un curricolo così strutturato derivano molte suggestioni
capaci di introdurre significative modifiche nell'organizzazione del
lavoro didattico: -alunni
di classi diverse possono essere impegnati sullo stesso modulo; -i
team docenti si aggregano sulla base dei diversi moduli, in funzione
delle discipline di volta in volta interessate; -si
possono proporre a gruppi diversi di alunni moduli equivalenti, anche
se di diverso contenuto tematico; -si
rivede l'orario scandendolo secondo il monte ore necessario a ciascun
modulo, ecc.). La
flessibilità del tempo didattico e quella del tempo delle discipline
rende possibile uno spazio ampio di opportunità. Si intende per
modularità una situazione snodabile per la quale è possibile sia organizzare
l'insegnamento per moduli (intesi come unità flessibili di insegnamento)
sia soprattutto per moduli organizzativi diversi dalla tradizionale
classe. E’ lo spazio grande della personalizzazione e dei gruppi, che
si incrocia appunto con la flessibilità dei tempi. Ciò vuol dire: non
dare a tutti nello stesso momento, nello stesso luogo, nello stesso
modo gli stessi contenuti. * L'organizzazione modulare della didattica - che rappresenta una particolare
forma di adattamento della proposta di istruzione ai contesti educativi
- è una strategia formativa flessibile e, al contempo, altamente strutturata,
in cui l'organizzazione del curricolo, delle risorse materiali ed umane,
del tempo e dello spazio prevede l'impiego di segmenti di itinerari
non lineari di insegnamento / apprendimento - i moduli - che hanno struttura,
funzioni ed estensione variabili, ma formalmente e unitariamente definite.
Ciascun modulo viene a costituire una parte significativa, altamente
omogenea ed unitaria (in termini di contenuti informativi offerti, di
categorie e schemi concettuali proposti, nonché di processi cognitivi
attivabili) di un esteso percorso formativo.
Ogni modulo di natura disciplinare, - pluri o interdisciplinare - consente
di assolvere a ben precise funzioni formative e didattiche e di far
perseguire ben precisi obiettivi cognitivi verificabili, documentabili,
(e, quando necessario, certificabili) e capitalizzabili.
I moduli, pur rappresentando
una sezione unitaria e altamente
omogenea di un curricolo formativo, possono a loro volta essere
costituiti da ulteriori segmenti unitari, le unità didattiche, le quali, rispetto al modulo di cui fanno parte, consentono
di compiere operazioni analoghe a quelle che con i moduli è possibile
fare in relazione all'intero curricolo disciplinare preso in considerazione.
Un modulo si differenzia da un'unità didattica in quanto è relativo
ad una sezione altamente significativa
della disciplina o dell'ambito disciplinare considerato, tale
da determinare una modifica profonda di chi apprende: individuazione
di una nuova connessione tra nodi concettuali già esistenti, creazione
di un nuovo nodo concettuale, ecc.
La forte rappresentatività delle competenze promosse, rispetto a quelle
complessive dell'intero corso, giustifica l'attribuzione di opportuni
crediti e la loro certificazione.
In altre parole, il modulo promuove saperi molari, l'unità didattica saperi molecolari.
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Monitoraggio
Osservazione,
controllo sistematico di una situazione e/o di un fenomeno.
L’operazione è connessa con quanto pertinente ad attività di feed back.
Cos’è il monitoraggio
G. Cerini
Possiamo definire il "monitoraggio" come un’azione costante di osservazione
e controllo di un fenomeno nel corso del suo stesso evolversi, al fine
di raccogliere dati e informazioni utili per correggere (o confermare)
i processi in atto e per migliorarne, se opportuno, gli esiti. Il monitoraggio
non coincide con la valutazione, se intesa in termini certificativi
e sommativi, ma potrebbe essere associata al concetto di valutazione
formativa (applicata a fenomeni istituzionali), cioè ad un controllo
finalizzato al miglioramento.
Un controllo di questa natura (controllo di gestione), non è né preventivo
né successivo. Esso non "va alla ricerca di atti o comportamenti negativi
da impedire o da sanzionare, ma è finalizzato a individuare comportamenti
positivi da incentivare o promuovere, perché possano essere efficacemente
raggiunti gli obiettivi prefissati" (S.Auriemma). In questa prospettiva
"qualitativa" il monitoraggio si caratterizza soprattutto come un processo
di ricerca (indagine, diagnosi, check-up), di documentazione (e quindi
di memoria, di storicizzazione, di ricostruzione), ma anche di decisione
(cioè di scelta "avvertita" tra più opzioni, di correzione delle aree
"critiche").
Sotto il profilo scientifico è utile precisare che il monitoraggio intende
andare oltre un modello ingenuo di valutazione, come quello che presume
di "misurare" oggettivamente il raggiungimento degli obiettivi prefissati
in fase di progettazione degli interventi. Nel campo della valutazione
didattica la centratura sulle performances, il ricorso a strumenti docimologici
tradizionali, il riferimento a paradigmi comportamentistici segnalano
una insufficienza di quel modello a cogliere elementi qualitativi, di
crescita e di sviluppo. In particolare esso rischia di cristallizzare
un rapporto di estraneità tra valutatori e valutati (tra soggetto ed
oggetto della valutazione), una "scissione" improduttiva ai fini del
miglioramento dei processi osservati. Così pure, nel campo dei fenomeni
organizzativi, una semplice certificazione ex-post (o una sanzione negativa)
non è in grado –di per sé- di favorire una evoluzione positiva dell’organizzazione.
Occorre coinvolgere tutti i membri dell’organizzazione in un processo
che li veda impegnati a modificare i propri comportamenti professionali
e i propri modelli mentali (nel caso dell’autonomia sarà necessaria
promuovere una "cultura dell’autonomia).
Esperienze di monitoraggio
Il monitoraggio si presenta quindi come una strategia particolarmente
indicata per sostenere lo sviluppo di processi di innovazione nella
scuola. Un ampio ricorso al monitoraggio si è realizzato nel corso degli
anni ’90 in occasione della riforma della scuola elementare (L. 148/90),
i cui esiti sono stati portati all’attenzione del Parlamento. In modo
analogo si è proceduto per gli Istituti comprensivi (verticali). Il
monitoraggio sul primo anno di funzionamento (1995/96) fu concluso con
un Rapporto finale che fu consegnato prontamente ai decisori politici
(governo e parlamento). Recentemente sono stati realizzati monitoraggi
sul Progetto Speciale per le Teconologie didattiche, sull’insegnamento
della lingua straniera nella scuola elementare, sulla gestione dell’Organico
Funzionale di Circolo. Dunque, non c’è innovazione che si rispetti che
non abbia il suo corredo di monitoraggi, di valutazioni in itinere,
di valutazione di impatto.
La Direttiva 226/98 (relativa al Piano di Aggiornamento 1998) prefigura
un’azione di monitoraggio sulla gestione delle attività di formazione
in servizio per gli insegnanti. Risulta che stia per essere avviato
un’ampia indagine, affidata agli Ispettori Tecnici, di "osservazione"
dei Corsi di aggiornamento programmati per l’anno scolastico 1998/99.
Un interessante Dossier sul "Monitoraggio della formazione" è stato
diffuso nel dicembre 1998 a cura del Coordinamento Formazione Insegnanti
del Ministero P.I.
Il monitoraggio dell’autonomia
Nel caso dell’autonomia l’azione di monitoraggio si inserisce nella
strategia di introduzione graduale di elementi di flessibilità ed autogoverno
dei processi didattici ed organizzativi, guidata dall’interazione ed
il feed-back tra organismi tecnico-scientifici (in questo caso: Nuclei
di sostegno dell’autonomia, Irrsae, Ispettori, Cede) e le scuole impegnate
in progetti di innovazione. La Direttiva 252/98 propone quattro livelli
di monitoraggio (curati rispettivamente dalle singola scuola, dal nucleo
provinciale, dall’IRRSAE, dal CEDE) finalizzati a diverse azioni di
sostegno dell’autonomia, in particolare a valorizzare e diffondere le
esperienze migliori, per contenere i possibili rischi di una autonomia
a "macchie di leopardo" (differenziazioni, disuguaglianze, isolamento,
frammentazione dei progetti).
Le caratteristiche del progetto di monitoraggio sull’autonomia, in fase
di svolgimento, sono descritte nella Nota prot. 210/Segr. del 4-11-1998,
nella quale si ricorda che la finalità del monitoraggio è anche quella
della "individuazione e diffusione di modelli trasferibili e di esperienze
significative (le cosiddette "best practices").
Il monitoraggio è dunque un processo di accompagnamento "esterno" che
deve consentire alle scuole "monitorate" di poter adattare il proprio
sviluppo alle nuove condizioni del contesto via via emergenti da un’analisi
esterna in qualche modo condivisa anche dall’interno. In questa bilateralità
può essere associato al concetto di "peer review", cioè di osservazione
tra pari, in quanto integrazione di punti di vista, né solo interni
(autovalutazione), né solo esterni (eterovalutazione). Inoltre, optando
per la valorizzazione e la diffusione delle migliori esperienze si esce
da un’ottica di tipo diagnostico e clinico (la ricerca di fattori critici
e patologici) per scegliere una prospettiva "ecologica" di riequilibrio
non intrusivo dei contesti formativi.
In definitiva, il monitoraggio può diventare un tassello importante
per strategie "qualitative" di miglioramento e innovazione, ed in questo
si può associare al concetto di "autonomia di ricerca e di sviluppo" previsto dalla Legge 59/97.
*****************
Strumenti
per il monitoraggio
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Multidisciplinarità
Si
ha quando una disciplina nella sua attività di esplorazione, di studio,
di soluzione di problemi, si avvale necessariamente di un’altra. E la
casistica è ricchissima: un fisico non può fare a meno del calcolo o
della geometria o della grafica per la rappresentazione e per la soluzione
di un dato problema; uno storico non può fare a meno del calcolo e della
geografia per la collocazione dei fatti storici nel tempo e nello spazio.
Ed ancora, qualsiasi specialista (un chimico, un biologo, ecc.) nel
rappresentare gli esiti di una sua ricerca, non può fare a meno di padroneggiare
una lingua e di avvalersi di tabelle, di grafici, di elaborazioni statistiche.
I campi possono anche estendersi a dismisura; comunque, ciascuna materia,
o disciplina, deve sempre utilizzare
strumentalmente, o veicolarmente, i processi logici del calcolo e quelli
della informazione verbale. Questi continui passaggi da una disciplina
ad un’altra costituiscono quelle operazioni mentali che, nella psicopedagogia,
prendono nome di transfer; e si
tratta di operazioni che riempiono anche gran parte della nostra vita
quotidiana: forse la massaia non sa che al supermercato stabilisce costanti
rapporti tra la lingua italiana (la lettura delle confezioni), la merceologia
(la qualità del prodotto) e l’aritmetica (il peso, la convenienza del
prezzo)!
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Multilinearità
E’ necessario distinguere
tra procedure non-sequenziali di lettura di testi e caratteristiche
strutturali intrinseche di un qualsivoglia documento, che possono essere
di tipo lineare o non-lineare.
Agli ipertesti viene in genere
attribuita la caratteristica strutturale della non-linearità. Eppure,
dal punto di vista della lettura, anche un ipertesto per porzioni testuali
più o meno estese, viene letto linearmente come un qualsiasi testo su
supporto cartaceo (analogamente un testo lineare può essere letto con
strategie non-sequenziali).
A partire da tali processi di lettura, che richiedono comunque la ricostruzione
di una linearità virtuale, si potrebbe pertanto meglio caratterizzare
la specificità strutturale degli ipertesti non tanto o non solo con
il termine di non-linearità quanto con quello di multilinearità.
Durante la navigazione ipertestuale, del resto, le scelte di un lettore,
per quanto variate, non sono certo infinite. Esse sono condizionate
dalla forma dei nodi e dei link che l'autore ha scelto.
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Multimedialità
La
parola multimedialità indica la modalità di presentazione di un'informazione
attraverso mezzi differenti. In particolare, nel ramo informatica, questo
termine individua programmi che utilizzano diversi mezzi per comunicare
informazioni all'utente, unendo ad esempio al testo immagini e suoni.
Anche se è entrata nella terminologia comune solo da poco, la multimedialità
era da tempo applicata nel mondo dei computer attraverso l'integrazione
tra testo e grafici, già diffusa in molti programmi. Essa si serve delle
potenzialità del computer per arricchire e rendere più immediata la
ricezione di un messaggio, con un coinvolgimento più stretto dei sensi
e una maggiore incisività nell'apprendimento. I contesti che traggono
maggior vantaggio dalla multimedialità sono sicuramente il settore educativo,
per l'incisività e la flessibilità nella presentazione di nuovi concetti,
il settore commerciale, per la possibilità di dare informazioni dettagliate
a distanza sui prodotti disponibili, il settore pubblico, per l'utilità
di sostituire nelle sale d'attesa o negli uffici di informazione la
presenza di personale addetto con mezzi automatici, il settore ludico,
in quanto le caratteristiche multimediali rendono appassionanti, coinvolgenti
e sempre nuovi molti giochi. Inoltre, la multimedialità consente una
memorizzazione e gestione di dati molto potenti e un accesso veloce
ad ogni tipo di informazione. I metodi attualmente utilizzati dal software
multimediale sono cinque:il testo, la grafica, l’animazione, il suono
e gli strumenti ipermediali.
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