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Nel 2004 vengono al pettine tutti i nodi delle Riforma. In particolare quelli che si scontrano con la buona storia della nostra scuola. Il modello Bertagna- Moratti non regge al confronto con le migliori tradizioni pedagogiche e didattiche e non dà risposte credibili ed attese alle domande di innovazione. In particolare non appare accettabile la tabula rasa che si vuol fare di esperienze come quella del tempo pieno il quale non attiene solo alla estensione temporale delle attività didattiche, ma è un modo di intendere e praticare la scuola. La Fanti ne fa un tema di discussione centrale, accanto al tema dell'anticipo, della valutazione. Il portfolio auspicato dalla Moratti è il modo peggiore di affrontare il problema di fondo della valutazione. La Fanti opta per la "valutazione formativa", componente interna delle relazioni didattiche, tutta centrata sugli alunni. La correzione deve essere sempre più auto-correzione, la valutazione sempre più auto-valutazione. Ancora la Fanti non manca di confrontarsi con le idee "esterne" (giornalisti, politici, sindacati ecc.) alla scuola e diversi suoi articoli sembrano un accorato appello agli insegnanti affinché alzino la testa con giusto orgoglio. Partire dal rispetto ed amore per la propria professione, elaborare una concezione condivisa della scuola. Una visione acuta, profonda, in cui convergano competenza, deontologia, cultura professionale, passione per il proprio lavoro. Ancora e sempre innovazione e sperimentazione non fini a se stesse, ma orientate a tutte le bambine ed i bambini che spesso sono oggetto e cavie per alchimie ed ingegnerismi istituzionali, mentre hanno bisogno che si rallenti la corsa, i tempi si allunghino, sia curata la profondità e la significatività degli apprendimenti. La loro umanità.
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