|
|
Vale la pena soffermarsi sulla festa della mietitura, che al grigiore
autunnale della semina opponeva la solarità di giugno e delle spighe
di grano. L’”era” diventava
il punto nevralgico della masseria che assumeva l’aria allegra della
festa come ad ogni buon raccolto.
Questo
era uno di quei momenti, durante i quali la vita della masseria
si animava per l’arrivo di mietitori di supporto, gente di “fori
terra”, che falciavano il grano sotto la canicola estiva, seguiti
dai braccianti che raccoglievano le spighe in “mannucchi”,
li trasportavano vicino all’era”, ammassandoli insieme in “mete”
o “pignoni”.
|
|
|
Finita la mietitura, si passava alla “pisatura”.
Le spighe dopo aver disfatto i covoni, venivano stese sull’aia, poi
entravano in funzione i battitori, che, come dice il nome, battevano
le spighe, oppure si facevano muovere in cerchio coppie di animali
che, trascinando le “pisare”
frantumavano le spighe. Si passava poi alla fase successiva, quella
cioé di ventilare questa poltiglia e in fine alla "cernitura"
del grano. |
Le donne, sempre
presenti, andavano su e giù dai pozzi per attingere acqua fresca in
recipienti quali “menzi”
o “mmili”
per ristorare gli uomini,che, oltre al fastidio della canicola estiva,
dovevano sopportare quello della polvere del grano e delle pagliuzze
che si appiccicavano alla pelle sudata. Tutto rendeva la trebbiatura,
pur nella sua allegria, molto faticosa. |
|
|
|