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COOPERAZIONE/INTEGRAZIONE VS COMPETIZIONE/DISPERSIONENessuno ne parla o scrive, tuttavia la scuola elementare, ops!. primaria, sarà soggetta ancora a cambiamenti: "nuovi programmi" in arrivo! Di nuovo, ancora, sempre di più.o di meno.chi lo sa. Quelli del 1985 erano su misura per il futuro oltre che per il presente. Con una briciola di riflessione si sarebbero dovuti mantenere o potuti modificare in maniera lieve senza alcuna spesa! I docenti che, in teoria, dovrebbero venire valutati da futuri sistemi che arriveranno descritti nelle solite machiavelliche circolari ministerial-governative, non sono mai autorizzati a disquisire su riforme, indicazioni, didattica e contenuti, cosa e quanto studiare, come insegnare e apprendere. Silenzio di travet ubbidienti al servizio del Governo di turno, sottoposti all'ignoranza di coloro (tanti: individui o organizzazioni) che considerano la scuola sempre e ancora un'azienda da misurare e nella quale misurare ogni respiro, contribuendo così (più o meno consapevolmente) allo sfascio totale delle relazioni fra le persone (grandi e piccole) e a un ulteriore peggioramento dei risultati. Altro che risollevare la scuola pubblica! Un sistema nel quale la docenza è indotta a far rima con acquiescenza e ubbidienza, non certo con intelligenza, sapienza, conoscenza. Un sistema lasciato morire senza la RICERCA, unica arma da introdurre (altro che scalette di merito con quattordicesima!) contro l'incapacità; unica arma contro la pigrizia intellettuale, contro le riunioni perditempo, contro la differenza fra un docente e l'altro, fra una classe e l'altra, fra una scuola e l'altra, fra un ordine e l'altro. UNICA! Altro che i meccanismi di valutazione del merito progettati da questo Ministero e da quelli che l'hanno preceduto. Esiste, dal tempo delle cosiddette riforme, imposte, un sistema che si disvela nella sua inconsistenza nei Collegi diretti sapientemente nel silenzio delle idee, delle opinioni trattenute, dei gruppetti di insegnanti che di nascosto si passano le produzioni dei bambini e delle bambine sotto banco per parlare fra di loro di paure e angosce legate agli apprendimenti, alle difficoltà di espressione a cui porre rimedio, alla fatica del vedere il mondo con gli occhiali della matematica, ecc.oppure bisbigliano fra loro sulle strategie per aiutare quello o quella ragazzina a comunicare oralmente, o, ancora, aiutare quelli che portano il dolore da casa "gridando" con ribellioni di vario tipo il malessere che hanno dentro. Altro che prestare attenzione alle riunioni centralmente dirette sui tagli alla spesa e sulle nuove regole! Ma questa delle apprensioni dei docenti non è scuola da raccontare. Questa è storia della ricerca mancata e lascia indifferente chi ha il potere e si riempie la bocca di parole come integrazione, amore, accoglienza, pari opportunità, MERITO. Eppure, nessuno più dei/delle maestri/e di coscienza sa cosa siano le pari opportunità. ma chi li ascolta? Nessuno. tutt'al più i/le maestri/e possono segretamente "muoversi" per porre rimedio allo scempio creato da progetti e progettini esterni alle aule, da riforme che nulla hanno a che vedere con le strategie per affrontare la dispersione sul nascere; possono al massimo stringere i ranghi attorno alle basi che occorrono ai loro alunni/e per esistere come persone e cioè tentare di curare l'ambiente delle relazioni, la comunicazione e la qualità della stessa, battersi affinché tutte e tutti i bambini possano parlare italiano in maniera corretta, coerente e coesa (mi si scusi l'ovvietà. Ma a me non pare più ovvietà considerata la mancata RICERCA su tutto il territorio italiano.). Pochissime voci si levano per parlare della complessità della nostra lingua e come renderla appetibile e amata, come insegnarla, come costruirla nella sua bellezza e sfumature di senso per comunicare, raccontare e raccontarsi. Pochissimi spiegano, perfino nelle sedi scolastiche, quale sia l'importanza, proprio per la democrazia, della fatica nell'appropriarsi della possibilità di dire, parlare, scrivere, comprendere la lettura, ricercare le origini e le variazioni della lingua. Pochissimi, anche a scuola, ormai parlano della normale quotidianità dell'insegnamento e della sua estrema complessità. Al massimo lo si fa accennando alle nuove tecnologie, al banco interattivo, all'utilizzo di internet, dando per scontati i prerequisiti, i saperi che dovrebbero sostenere l'uso strumentale dell'attrezzo. Credo che per far colpo sulla cosiddetta utenza molti siano disposti a vendersi l'anima oltre che la mente: MAGNIFICO E ACCATTIVANTE IL DIRE CHE I PARGOLI OGGI SONO TUTTI SUPER DIGITALI, CHE SONO IPERSTIMOLATI E SAPIENS SAPIENS SAPIENS SAPIENS quattro volte o più! La realtà è talmente diversa da queste AMENITA': bambini emotivamente provati, spaventati se si "sbucciano" un ginocchio, insicuri nel pigiare un tasto del pc, a meno che non sia quello di un videogioco.tanti, poco coordinati, lateralizzati, in seria difficoltà nel capire che la lana non nasce sugli alberi, timorosi di esprimere i propri stati d'animo, in crisi verticale se i compagni li prendono in giro per qualsiasi motivo, dal vestiario a qualsiasi possesso. giochetti appariscenti di varia tipologia. e via dicendo. Eppure, grazie a Dio, ci sono sacche di resistenza silenziosa: gente che insegna con pazienza e caparbietà a utilizzare lessico differenziato a tutti e tutte i bambini, stranieri per primi; gente che insiste affinché le classi usino subordinate e implicite, che giochino con la lingua per creare mondi e per esprimere i propri; gente che fa entusiasmare al suono delle parole e che ne ricerca insieme con i bambini e le bambine la storia, l'etimologia. e piccoli/e bambini/e crescono: fanno oh! Incredibilmente non si annoiano. Adorano spegnere il pc pur di poter parlare, leggere, scrivere, FARE SCOPERTE MATEMATICHE, SCIENTIFICHE, STORICHE, GEOGRAFICHE, RITMICHE, UTILIZZANDO CORPO, PENSIERO, MANI, SPOSTAMENTI NELLO SPAZIO DELLA SCUOLA E DEL TERRITORIO NEL QUALE SI VIVE. E AGIRE, OPERARE INSIEME, CONFRONTANDOSI, RIGOROSAMENTE INSIEME. Ecco, forse, ora più che mai è giusto puntare sulla cooperazione. E' questa la cosa che più dovrebbe contraddistinguere la scuola del presente da quella del passato: non la tecnologia, non le lavagne multimediali, bensì gli amici, le amiche, i/le maestri/e che ragionano insieme, affrontano i problemi insieme, amano confrontarsi, tornare indietro, correggersi, aiutarsi a rivedere mille volte i saperi affrontati, renderli comprensibili e appetibili una volta ancora. Sì, altro che differenziazioni economiche che renderebbero il clima irrespirabile. Tra l'altro tali differenziazioni sarebbero avvertite come inique, viste le dispari condizioni di partenza di docenti impegnati in miriadi di situazioni organizzative diverse grazie, o a causa, delle autonome scelte delle scuole in materia di composizioni delle classi, modelli orario, sedi più o meno lontane da raggiungere e via dicendo. Inoltre ora più che mai l'insegnante dovrebbe essere formato come affabulatore pazientissimo, disposto a ripetersi e a spiegare ogni parola e sfumatura delle stesse: le classi si appassionano e si lasciano appassionare in storia, geografia, musica, matematica, scienze, arte, ginnastica, ecc. purché i/le maestri/e si facciano umili interpreti delle estreme difficoltà di comprensione verbale di bambine e bambini, purché le scuole non siano dispenser di voti e valutazioni automatizzate e automatiche, bensì luoghi di relazioni positive, di attenti gesti e di sguardi scambievoli e "innamorati" dell'umanità di ognuno. Mai come ora, in una situazione in cui spesso il massimo della cultura è l' attenzione per il corpo o la sicurezza "garantita" dalla 624, è necessario volare alto e sfidare ogni ricetta di standard, test, gabbie programmatiche. Mai come ora la dispersione si sfida con la forza dell'unione, della coesione del gruppo, della condivisione di idee, difficoltà e superamento delle stesse. Mai come ora ci vorrebbe una scuola comunità di ricerca fuori da schemi imposti dall'alto. Mai come ora ciò che funziona dovrebbe essere socializzato culturalmente e didatticamente, in barba alle riunioni canoniche, ai Collegi o alle interclassi di apparato, in barba ai menù proposti dagli esperti di Stato, maniaci di Valutazioni adatte a percorsi unici, preconfezionati e catalogabili in numeri, percentuali, ecc. senza gli straordinari "Attesi e Imprevisti" di perticariana memoria. E poi, c'è qualcosa su cui non si riflette: il problema "riforma" non andrebbe affrontato, da qualsivoglia governo, in modo frammentario come invece lo è sempre stato: una commissione sulle discipline, un'altra sulla valutazione degli alunni, una su stranieri e un'altra sul disagio, una sulla primaria, una sulla scuola dell'infanzia, una sulle superiori, una sull'università, un'altra ancora su quella degli insegnanti, ecc..bensì con una filosofia di riferimento e con una visione complessiva su contenitore e contenuti, su famiglie e docenti, su società e richieste della stessa, su territori e globalità del Paese. è ora che qualcuno, non so chi e ancora non so come, cominci a elaborare un sistema nazionale organico e culturalmente riunito in un unico progetto: esso andrebbe ricercato, forse inventato ex novo. credo che ciò sia necessario, indispensabile per non ritrovarsi "divisi", "incomprensibili" gli uni agli altri. E ancora, sarebbe giunto il momento di concepire un sistema basato sulla trasmissione di esperienze pedagogiche, risultati positivi di apprendimento/insegnamento, un sistema fatto di insegnanti "anziani" che affianchino, raccontino, informino, condividano materiali, strategie, difficoltà incontrate e superate.I docenti in servizio appartengono a diverse stagioni-ere di decreti e leggi, non si riconoscono fra di loro: i giovani si domandano come sia stato possibile un degrado come quello in cui si trovano a lavorare; i più vecchi si sentono incompresi perché non vedono riconosciuti e ricordati i loro sforzi (di lotta costante se pur passata) anche se inascoltati e per questo spesso inefficaci contro politiche governative-scolastiche dissennate. Bisogna pensare a un sistema che ancora non esiste in alcun luogo d'Europa e del mondo, perché dovremmo imparare a renderci conto che il substrato culturale di Italia e degli Italiani non è simile a nessun altro, che il nostro modello di educazione familiare-adulta si basa su un unico ed eccezionale blocco di partenza che è sempre e comunque di stampo solidaristico, umanistico; è un sistema che ha sempre avuto per l'infanzia una immensa attenzione, perché in esso le bambine e i bambini hanno spazio e parola intorno alle tavole di ricchi e poveri, a volte più di quelle dei poveri; esso è un sistema che ha certamente debolezze, ma anche punti di forza da difendere e consolidare. Il nostro è un sistema più lento a produrre, forse perché più attento ad ascoltare, a proteggere, a rendere dolce l'età dei giochi. Abbiamo bambine e bambini posti al centro da adulti che sempre si sentono in debito verso di loro. Da qui dobbiamo partire, per capire che la scuola italiana non può e non deve essere come quella che abita contesti culturalmente diversi. Non è migliore quella degli altri, perché noi, in verità, nel mondo diamo prova di creatività, inventiva, competenze scientifiche. E allora? Viviamo anche più a lungo, siamo invidiati per la nostra tavola, i nostri sentimenti, le nostre scoperte, invenzioni, per la nostra capacità d'amore e d'amare. Perché intestardirsi con voti, sistemi di valutazione di adulti e bambini basati sulla differenziazione e sulle differenze, invece di lavorare per proporre al mondo una nuova visione di crescita solidale basata sullo scambio di ricerca, di esperienze, sulla valorizzazione delle diversità e individualità cooperanti al servizio di una comunità in ricerca-azione? Che stanchezza intellettuale emerge in ognuno di noi quando ci si accorge che si è fermi ai soliti modelli di apprendimento/insegnamento, di voto e giudizi sulle stesse categorie di sempre che rischiano di condurci all'addestramento, a divenire pigri compilatori di schede test. 20 novembre 2010 Claudia Fanti
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