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Cara Ilaria,ti avevo risposto già ieri notte con un lungo scritto, ma nonostante il messaggio sia partito, credo che non sia arrivato a destinazione (e io non avevo salvato nulla!), perché non lo vedo. Mi spiace, in quanto ora ho pochissimo tempo e fino alla prossima settimana non ne avrò più. Riscrivo a memoria, ma non sarà la stessa cosa!
Sono una maestra elementare e lavoro in un tempo pieno "modularizzato". Io insegno a 48 alunne e alunni, con inserimenti di ogni tipo come capita a tutte/i noi. Ho insegnato un po' ovunque e con colleghe molto differenti tra loro e da me. Problemi ne ho incontrati come chiunque, tuttavia ho cercato, nei limiti delle mie possibilità, di "ascoltare" molto, di valorizzare le qualità presenti in ognuna/o pensando in ogni momento a quanto fosse difficile e doloroso anche per me "non essere accettata o emarginata" (non rinuncerei comunque mai al bene prezioso della collegialità: "molti occhi e molti orecchi" guardano, vedono e sentono meglio le tante sfumature delle piccole persone con cui ci troviamo a lavorare: non vorrei più essere maestra unica!). Credo che in un lavoro come il nostro sia condizione irrinunciabile quella di "andare incontro" anche a chi non si trova sulla stessa nostra lunghezza d'onda: siano colleghe/i o genitori, bambine o bambini, ecc. Siccome io come persona desidero molto essere "compresa" e possibilmente "amata", do per scontato che anche le altre abbiano lo stesso desiderio e mi spiace non riuscire a trovare i punti forti di chi ho di fronte e su quelli partire per costruire i rapporti interpersonali. Normalmente preferisco mettere in crisi me stessa e "soffrire" un po' piuttosto che far soffrire, ciò riguarda anche l'aspetto delle scelte didattiche e educative. Tuttavia cerco di non rinunciare a ciò in cui credo presentandolo alle/agli altre/i come "appetibile" e proficuo per il lavoro di tutte/i.
Per ciò che riguarda l'organizzazione della classe e i vari inserimenti, amo il lavoro cooperativo basato sulla formazione di coppie di lavoro (mai fisse e sempre formate da me in base alle esigenze degli stili di apprendimento e dei problemi che si presentano in modo diverso in ogni bambina/o), oppure di piccoli gruppi.
Normalmente parto dalla lezione frontale per offrire un input alla ricerca che poi verrà condotta dalle/dai bambine/i autonomamente nel lavoro cooperativo.
Offro loro strumenti per l'indagine (questo è il momento più difficile, ma è stimolante: alle bambine e ai bambini, piace particolarmente riuscire ad accedere autonomamente alle informazioni di schede o testi per trovare le risposte ai loro interrogativi e su quelle ragionare).
La confusione sembra tanta, anche perché, come tu sai bene, le aule sono inadatte a questo tipo di conduzione, ma ci arrangiamo e c'è molta soddisfazione di tutte/i nel fare scoperte per poi presentarle alle altre coppie o gruppi nel momento della relazione finale.
Dimenticavo di dirti che io insegno italiano, quindi le attività possono essere di tipo grammaticale, logico, di avvio alla sintesi, di studio di verbi, di analisi del testo, di scrittura di testi.
Dopo il momento cooperativo, che è quello che stimola e valorizza le diversità in un clima di collaborazione assoluta regolata da pochi ma "robusti imperativi" condivisi relativi al comportamento, ci sono anche i lavori di tipo individuale, che, generalmente, vengono affrontati con lo spirito di chi ormai ha acquisito delle sicurezze nella fase precedente, la quale è quella che contribuisce alla crescita dell'autostima e al consolidamento degli apprendimenti.
Il lavoro mio (molto lungo e faticoso senza alcun dubbio) è quello di organizzare, decidere gli obiettivi in base alle richieste della classe e del programma (da cui seleziono i punti essenziali) e in un secondo tempo di controllare, tramite le correzioni quotidiane (notturne: ovviamente quasi fino al mattino, e non ritengo giusto ciò sul piano del diritto, ma non c'è altra strada per non perdere i contatti con i problemi individuali di ciascuna/o, per tanto vorrei che quando in alto si pensa alla centralità della persona ci si rendesse conto che un numero contenuto di alunne e di alunni per classe è fondamentale per la tanta agognata "qualità") di tutto il materiale prodotto dai 48 alunni, eventuali "errori" di procedimento per ripresentare e ridiscutere regolarmente il giorno dopo (mai si deve far passare tempo, prima di riconsegnare, con le bambine e i bambini della fascia di età su cui lavoriamo, in modo che ci sia sempre anche la certezza in loro che quello che producono è considerato di vitale importanza per noi insegnanti), con le coppie, i processi mentali che le hanno portate a una soluzione piuttosto che a un' altra (non è importante che tutte/i "memorizzino" tutto, ma è assolutamente ineludibile che tutte/i ripercorrano e rievochino continuamente i loro processi mentali nella consapevolezza che l'errore è una risorsa da cui partire per capire che quando si sbaglia non si sbaglia per caso, perché ci si arriva per mezzo di ragionamenti che hanno sempre un fondamento di logica interna.).
In una scuola siffatta, emerge il problema della valutazione: noi l'abbiamo affrontato ponendo le/i bambine/i in dialogo costante con noi docenti e togliendo i "giudizi" sintetici a beneficio della individuazione-puntualizzazione dei punti forti e deboli di ogni lavoro e di ogni atteggiamento.
Sulle famiglie cerco di non pesare, perché so quanto sia frenetica la vita loro come la mia e quella di tutti. E' da anni che non assegno più compiti scritti a casa (lavoro in un tempo pieno modularizzato), ma stimolo alla lettura individuale e allo studio con piccoli accorgimenti concordati con i genitori. Le famiglie sono a conoscenza del tipo di lavoro che facciamo, in quanto hanno visionato ore di videoregistrazioni delle/dei loro figlie/i in azione mentre scoprono, puntualizzano metodi di studio, consolidano apprendimenti: hanno potuto vedere e sentire la bellezza e l'emozione entusiasta delle/dei bambine/i mentre lavorano fra di loro e utilizzano con autonomia e disinvoltura gli "strumenti" a disposizione. Le famiglie, ormai, mi sembrano serene anche di fronte alle difficoltà, perché sanno che sono difficoltà condivise e che ogni successo viene valorizzato come il massimo bene. Non tutto è idilliaco, ma tutto è affrontato con la sicurezza che c'è sempre e comunque una via d'uscita e l'opportunità di riaffrontare gli argomenti in un insegnamento-apprendimento non lineare, fatto di corsi e ricorsi.
Per ciò che riguarda gli inserimenti di bambine e bambini stranieri, ma non solo, io credo e così ho fatto, che più di tutti gli esperti del mondo in quelle poche ore a disposizione dei vari progetti, conti il rapporto a tu per tu non solo con i pari, ma con le insegnanti della classe. In particolare, all'inizio, con quella di italiano. Io ho chiesto e ottenuto di poter stare nelle mie ore "buche" con l'alunna/o in questione e di vivere un rapporto fatto di contatti di ogni tipo (dalla gestualità ai sorrisi, ecc.) per poter entrare in comunicazione io per prima con la lingua dell'altra/o, con le parole a me sconosciute.ho ribaltato la questione: tu insegni a me, maestra ignorante, la tua lingua perché altrimenti non posso insegnarti la mia e ho insistito utilizzando ogni materiale a disposizione per farmi spiegare tutto.poi si rientrava in classe e io, piena di un nuovo e prezioso bagaglio di conoscenze, con l'alunna o l'alunno straniero trionfante per mano, raccontavo alle/agli altre alunne/i i miei apprendimenti e le differenze che avevo trovato con la nostra lingua (lavoro utile per scoperte grammaticali motivate). Ho chiesto in questo la collaborazione della famiglia straniera per tradurre e scrivere didascalie sotto immagini che facevo recapitare, oppure per riscrivere una fiaba conosciuta in tutta il mondo, ecc.Piano piano, generalmente le/i bambine/i straniere/i arrivano ad amare la nostra lingua più dei nostri figli! Comunque il lavoro delle coppie, anche in questo caso è fondamentale e divertentissimo!!
Per approfondire molti aspetti del lavoro cooperativo c'è un bel sito (probabilmente lo conosci già: www.scintille.it ), tuttavia, come ho già scritto nel precedente intervento, ognuna/o di noi dovrebbe prendere o lasciare, di qualsiasi proposta venga a conoscenza, ciò che potrebbe arricchire il proprio bagaglio di esperienze e di intuizioni facendo per prima cosa un'autocritica relativa alle proprie attitudini, capacità relazionali., perché non c'è niente di più pericoloso che tentare di far proprio un mondo lontano dal proprio "credo" didattico, educativo: i risultati sarebbero terribilmente deludenti. Come per le bambine e per i bambini esistono stili di apprendimento e di relazione diversi, così anche per le/gli insegnanti.
Quello che non va invece per nessuna/o è un atteggiamento di rinuncia alla ricerca di fronte alle innumerevoli difficoltà in cui versa la scuola immersa in una società che da un lato la considera importante per la crescita di ogni essere umano e dall'altra non fa niente per facilitarle il compito!
Cara Ilaria, ti abbraccio, e mi scuso se sono stata poco esauriente o poco chiara: ci sarebbero tante altre cose da dire, su cui riflettere, su strategie da raccontare, su momenti belli e soddisfacenti, in cui le bambine vivono le esperienze culturali con la voce, con il corpo, con la musica, con il quaderno dei segreti, con la poesia., ma come si fa a parlare di tutto? Comunque, scrivendoti, mi è sembrato di essere seduta accanto a te su una panchina a raccontarsi tante piccole cose del quotidiano.ciò capita sempre più di rado, perché solitamente si parla di massimi sistemi, di un sociale importante, ma lontano, senza pensare che per risolvere i problemi del mondo forse la cosa più utile è fare bene questo umile lavoro di cucitura di ogni più piccolo strappo inferto alle "autostime" individuali per mezzo di minuscole attenzioni. Un caro saluto. Claudia Fanti 14 ottobre 2002 |
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