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Esami: saldi di fine stagione.
Attenti alla qualità dei capi (capi in tutti i sensi)!

Io credo che si stia scherzando col fuoco!

Il fuoco del futuro di ragazze e ragazzi. Non che non ci siamo abituati da secoli alla pochezza, alle dichiarazioni altisonanti, ai governi che credono di cambiare il mondo senza cambiare nulla della nostra vita quotidiana, a una cultura che va perdendosi nel nulla del presente, nella rincorsa di ciò che è facile e alla portata di qualsiasi mano si allunghi!

Ma leggere di questo esame di stato sui quotidiani è stato un incubo: dalle cifre sui risultati, alle dichiarazioni incredibili di qualche presidente di commissione nelle private, alle ammissioni all'esame del quinto anno di ragazzi di quarta in alcune scuole private!. Tutto è molto scadente, tutto è falso e stridente.

Peccato che a una seria riflessione nazionale sui sistemi di valutazione, sui programmi scolastici, sulle metodologie strategiche per colmare lacune, ecc.si sia sostituito, come è già successo nel passato, un tragicomico mutamento dell'esame finale che nulla cambia se non il nostro severo giudizio di cittadine/i prese/i un'ennesima volta in giro senza neppure un briciolo di eleganza.

Nella mente si affastellano considerazioni, immagini, impressioni e sensazioni che non lasciano più spazio alcuno alla voglia razionale di "combattere" la splendida lotta per la conquista di nuovi "territori" progettuali didattici. In noi si insinua il dubbio che l'istituzione tenda a ridursi soltanto a una specie di "sforna diplomi", conferiti con l'unico scopo di dimostrare che c'è pur stato un percorso scolastico e che il nuovo esame funziona: ciò spiacerebbe per tutte/i quelle/quei ragazze/i che hanno studiato nonostante tutto. Non si meriterebbero certo il clima da burla e di scandalo suscitato dai resoconti di cronaca giornalistica sulla facilità degli esami in alcuni istituti privati. Ma forse esse/i ce la faranno a dimostrare che valgono, forse in un primo tempo ingoieranno qualche rospetto "gettato" loro da chi ha superato gli "esami facili", a cui si faceva riferimento prima, quasi senza un libro. avendo aperto qualcos'altro!

Il tempo scorre fra una vicenda squallida e l'altra, scorre senza pietà per chi ci vive dentro e non c'è nulla che lasci sperare un radicale mutamento dell'atteggiamento di chiunque si occupi di riforme. Per carità, non si subiscono violenze in questo mondo di vuoto di idee, non si corrono pericoli o rischi.tutto scorre melmoso e piatto, tutto, anche le nostre prospettive rimangono invischiate nel fango del nulla pedagogico e didattico da cui siamo trascinati ubbidienti esecutori.

Fortuna che qualcuno di noi può rifugiarsi nella memoria di belle esperienze professionali "strappate" con la propria fatica, nei libri, nella buona musica, nelle amicizie scelte., ma tutto il resto è fastidio per la pochezza delle scelte "innovative".

Parlando fuori dai denti, non basta tutto l'apparato di POF, progetti di vario tipo e titolo; non convincono più le enunciazioni di contenuti postmoderni, di sacrosanti richiami all'interculturalità, al rispetto delle diversità, non bastano le innumerevoli proposte di corsi d'aggiornamento sul "pluriverso" e l'ascolto.Non bastano a capovolgere la situazione stagnante e di sfiducia che percorre i corridoi delle scuole statali lasciate in un disfacimento fisico quasi "gattopardiano".

Non una campanella è suonata per aprire i portoni alla ragione , al buon senso. Pareva a tutte/i le/gli insegnanti e ai cittadini sensibili che esistessero problemi da risolvere, relazioni da ricucire dopo anni di incomprensioni fra generazioni, invece tutto si è risolto per il meglio dopo che ci è stata propinata la favola dell'esame buono ma giusto e seriamente severo!

Ma dove sono le consultazioni annunciate, le scuole centro di ricerca, le pause di riflessione su ciò che non funzionava e su ciò che produceva risultati egregi?

Dove si può trovare uno spazio concreto per mettere a confronto esperienze, risoluzioni di conflitti e problematiche metodologiche?

Quale illusione possiamo ancora covare quando noi stesse/i rischiamo di essere sempre uguali ogni giorno, sediamo alle stesse cattedre consumate dal tempo e le/i nostre/i alunne/i non trovano un "luogo" dello spirito in cui essere se stesse/i, in cui studiare per studiare, pensare per pensare, amare per amare, piangere per piangere, giocare per giocare, leggere per leggere, conversare per conversare, argomentare per argomentare.?

Un occhio al voto e un altro (miope) all'immediato futuro: questa è la scuola che vogliamo?

Sappiamo da tempo che esistono modi di insegnare e stare a scuola diversi e "complessi", modi che prevedono la diretta e faticosa ( mai facile) assunzione di responsabilità delle studentesse e degli studenti nell'apprendimento, che vedono il lavoro di squadra, di team, di coppia, ecc.che partono dai loro bisogni e difficoltà per giungere ad apprendimenti consapevoli e solidi., ma ciò sembra cadere nel dimenticatoio e si ritorna sempre indietro ai soliti meccanismi d'indagine del risultato e si lasciano al loro destino schiere di giovani impreparate/i nella speranza che all'ultimo momento vengano ripescate/i promosse/i e tanti auguri!!

E poi se ne fa un vanto l'amministrazione centrale per gridare al successo del meccanismo d'indagine e alla bravura di una scuola che tutti o quasi promuove!!

E' questa la scuola che vogliamo?

Tutto si dimentica: le fatiche delle ragazze e dei ragazzi a venire a scuola (v.assenze numerose), gli insuccessi sempre delle/degli stesse/i, intere unità didattiche cadute nel vuoto per alcune/i, la difficoltà per molte/i a dedicarsi allo studio personale e produttivo, l'imbarazzo delle famiglie e delle/dei docenti ai colloqui quando parlano assieme di una/un ragazza/o ormai sconosciuta/o!

Vogliamo prenderci sul serio o preferiamo scherzare?! Ma dove stiamo andando noi adulti ciechi e sordi dinanzi a una storia che ci sfila davanti agli occhi e ci urla negli orecchi la disperazione di interi popoli. Perché non ricominciamo a discutere di cosa sia importante studiare, perché non ricominciamo ad appassionarci al nostro destino e a quello degli altri? C'è ancora posto per l'anima e lo spirito nell'educazione dentro la storia, oppure ci interessa veramente soltanto quantificare ogni atto, ogni respiro, ogni fremito di vita di adolescenti e adulti in previsione di un futuro fatto soltanto di mete minimali?

Scuola dovrebbe significare "esserci" noi e loro armati per le sfide dell'intelligenza e del cuore dentro la storia grande che chiama a gran voce la nostra attenzione vigile. Ci siamo forse già dimenticati di cosa è stato, a cosa ha portato un modo di procedere da struzzi e da benpensanti solo poco più di sessant'anni fa?

La scuola non può e non deve essere un luogo di lezioni ripetute, di temi mal riusciti, di interrogazioni senza risposte, di silenzi assenti, di fughe dalla responsabilità, di disillusioni giovani o adulte, di rassegnazioni accettate, di malinconiche rinunce, di invidie malcelate, di attesa di un futuro liberatorio, di passiva adesione allo studio mnemonico, di voglia di altro.

Un esame di maturità non dovrebbe temere il confronto con l'esterno, con lo sconosciuto: il problema vero è che l'estraneo dovrebbe essere conscio del suo ruolo di stimolo, di sollecitatore di pensiero alla fine di un percorso scolastico fatto di pensiero. Che paura ci sarebbe se esaminatore ed esaminato si ritenessero, ognuno nella consapevolezza della diversità dell'età e del ruolo, compartecipi sereni e seri di un avvenimento importante alla fine di anni altrettanto importanti perché costruiti pezzo a pezzo dalle persone delle/degli studentesse/studenti? Quale timore se invece di assurdi calcoli di punteggi ci fosse un riconoscimento di qualità del percorso più che del risultato contingente, riconoscimento da studiare, inventare, creare con le/i docenti che per anni hanno seguito, stimolato alla ricerca personale, seguito negli apprendimenti le/i proprie/i alunni? Non si venga a dire che sono una prova oggettiva e seria i voti-punteggi che abbiamo sempre ricevuto e dato, o le prove scritte scopiazzate da alcune/i, oggi forse a ragione, visti i soliti meccanismi di valutazione e accertamento.

Cambiamo lo spazio fisico della scuola (come si fa con la propria casa amata quando invecchia), cambiamo le modalità di relazione, cambiamo le strategie d'insegnamento (anzi, cerchiamo proprio di inventarne altre), cambiamo modi di valutare in base ai modi del fare scuola e di starci, poi soltanto alla fine potremo cambiare il sistema di accertare tutto il percorso e inventarci un modo di vagliare la maturità!

Prima di un "nuovo"esame qualunque rivolto a verificare e certificare la qualità delle/degli altre/i, la scuola dovrebbe stra-volgersi in più direzioni ed esaminare: capacità di relazioni, contenuti, metodi, quantità di nozioni, valutazione, quali discipline di studio, quali pretese, ecc.

Comunque auguri di cuore alle ragazze e ai ragazzi di buona volontà; auguri affinché possano diffidare della qualità dei capi in svendita, per poi rivolgere la mente altrove e "in avanti", al fine di trovare la buona stoffa in se stessi. anche se al caro prezzo dello studio vero!

 

Fo, 6 luglio 2002

Claudia Fanti

 


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