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Scuole dell’infanzia ed elementari: terreno di conquista?Non ci sono parole per esprimere l'indignazione che "prende alla gola" molte maestre e maestri di scuola dell'infanzia ed elementare nel constatare quante "associazioni" e quanti docenti laureati di alcune materie (educazione fisica, musica.) "chiedano" loro (indirettamente) di "mettersi da parte"! I musicisti domandano l'insegnamento di uno strumento alle/ai bambine/i; i laureati in scienze motorie rivendicano un posto nelle scuole in questione; ma (niente paura!) il CNADSI, in un documento di critica della Riforma rivolto al Ministro, afferma quanto segue:
Questi signori in fondo ci lascerebbero al nostro posto ed escludono che un laureato serio possa avere la voglia di "scendere" tanto in basso. fino ai tre anni di età! Buon per noi! Facciamo finta di non avere letto, anzi dimentichiamo proprio! e andiamo avanti! Qualche artista potrebbe rivendicare di insegnare le tecniche del disegno e della pittura; qualche laureato in matematica l'aritmetica; un laureato in lettere i primi rudimenti della lingua madre o il "dialetto" ( a questo proposito, v. ne Il Corriere della Sera di Mercoledì, 27 Marzo 2002: "Riconosciuta la lingua ufficiale L'italiano nella Costituzione Via libera della Camera «Idiomi locali da tutelare» Ora dovrà votare il Senato. La Lega è riuscita a far passare l'emendamento sui dialetti"). Qualche laureato in biologia potrebbe farsi avanti per una "cattedra" di scienze. Ma cosa è successo a tutti?! Ci si è forse dimenticati quali siano i veri problemi delle/dei nostre/i piccole/i? Quali siano le priorità, i bisogni, le reali necessità? Ognuno pensa a se stesso, a valorizzare le proprie competenze, a "pompare aria" per gonfiare, fino a farle scoppiare, la scuola e la testa delle/dei bambine/i che la abitano. Le scuole dell'infanzia ed elementari diventeranno terreno di conquista per tutti coloro che cercheranno un posto interdetto alle medie e alle superiori dalla "necessità" di contenere il numero dei corsi di studio e le ore?! Noi maestre/i, per "raggiungere obiettivi", chiediamo di lavorare con tempi lunghi e distesi attorno alla costruzione del linguaggio, dei concetti di base della matematica, della storia e della geografia, il tutto condito dall'educazione alla solidarietà, dall'ascolto, dal rispetto per i diversi ritmi d'apprendimento, dal continuo "lavorio" (difficilissimo e paziente!) per la costruzione della personalità.e vorremmo tempo per valorizzare ogni conquista, ogni passettino nella crescita di atteggiamenti e rapporti (complessi e sempre fragili!!). Noi, ancora, nonostante i continui, snervanti, "depistaggi" della burocrazia,della creazione di gruppi di lavoro su temi organizzativi, valutativi, imposti dall'alto, reggiamo (per quanto?!) arricchendo le nostre attività in modo trasversale e adattato a ogni singola/o bambina/o che tentiamo di conoscere profondamente (perché le/li "viviamo" ogni minuto senza soluzione di continuità, senza interrompere il filo che lega la nostra emotività alla loro); noi non vogliamo una babele di esperti, un assemblaggio di materie le une separate dalle altre, con docenti a sé stanti, ognuno superbravo nella sua disciplina, perché per noi la scuola è vita e materia insieme, è italiano, musica e ginnastica all'unisono, matematica e arte, storia e racconto, geografia e corpo.senza separazione e senza "virtuosismi". Le maestre e i maestri sono quelle/quelli che accettano, capiscono, affrontano ogni giorno una prima linea di azioni e reazioni sconosciute ai più; le/i maestre/i non si scandalizzano neppure dei calci negli stinchi ricevuti, delle parolacce, degli insulti, delle ribellioni! La mia categoria, che dio l'abbia in gloria, si mette sempre in crisi, non ha arroganza, vive costantemente nel dubbio, nel senso di inadeguatezza, è silenziosa, non prende le distanze dalle manifestazioni di rabbia, di dolore, di pianto di alunne/i, perché sa ascoltare con passione e rivedere da un giorno all'altro il proprio modo di insegnare. Non conosco una maestra che dica "io so", "io non provo", "più di così cosa devo fare". Semmai ne sento qualcuna dire: "forse ho sbagliato", "forse devo cambiare approccio", "mi rivolgerò a un esperto", ecc. E' una categoria che ha fatto del "servizio" uno stile di vita, una cultura relazionale! E' una categoria che sa ancora emozionarsi, gioire, mostrare soddisfazione, infuriarsi, urlare in un momento di rabbia e pentirsi di averlo fatto un attimo dopo! E le/gli alunne/i sentono questa "tensione" emotiva, ed è anche per questo (non soltanto per le strategie metodologiche e didattiche rivedute e corrette in decine di volontari aggiornamenti di ogni ambito disciplinare!) che ci regalano a volte piccoli capolavori di espressione; è per questo che imparano, che leggono racconti, che raccontano esse/i stessi; è per questo che apprendono prima a leggere, poi a farlo con espressione e interesse, prima a tracciare segni, poi a scrivere di sé e di ciò che li circonda, a riflettere sulle strutture della lingua, ad amare la poesia e il suono, a dividere, moltiplicare, a risolvere problemi, a misurare, a fare le capriole senza piangere, a eseguire la ruota senza timore. ma non con quella facilità descritta da accademici ed "esperti" dell' infanzia. Anzi le/i bambine/i "sudano" i loro successi e li fanno "sudare" a noi! E quando ci sembra di aver scalato le montagne della "conoscenza", fra milioni di selezioni cerebrali attivate, le/li lasciamo ai gradi di scuola successivi che spesso non valorizzano l'immane e sconosciuto lavoro che è stato fatto, che prendono per dovute le conquiste e forse non le considerano neppure conquiste!! Anzi, capita che arriccino il naso di fronte alle difficoltà non ancora "risolte". Ciò che rattrista in quello che si legge in questi giorni di "richieste" al Ministero, le più disparate, in previsione della Riforma, è che persone, le quali dovrebbero aver studiato classici e respirato l'umanità della cultura con la C maiuscola, siano così inconsapevoli del lavoro altrui e delle altrui fatiche! Abbiamo soltanto voglia di dire BASTA al bailamme di richieste del mondo adulto che preme per fare di bambine/i degli automi pronti ad apprendere qualsiasi cosa esso voglia e pensi sia "utile" e per giunta in tempi ridotti e anticipati (v.anticipo a due anni e mezzo alle materne e a cinque anni e mezzo alle elementari!). FO, 28 marzo 2002 Claudia Fanti |
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