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LA SCUOLA CHE VIENE DAL FREDDO


 

Il freddo descrivere e narrare di scuola di chi non la "fa" suscita inquietudine e stupore per la distanza dai problemi quotidiani.

Quando scorro i nomi dei relatori che compaiono nei pieghevoli dei convegni, spesso mi capita di accorgermi che quelli di insegnanti in servizio attivo siano veramente ridotti al minimo.

Forse le/i docenti sarebbero quelli più adatti a parlare di scuola, a fare da "specchio", ma probabilmente non attirerebbero pubblico, oppure sarebbero troppo coinvolti per affrontare con il dovuto distacco la materia che per loro è indubbiamente brace nelle mani, mentre per altri è materia di discussione pacata e dotta.

Pazienza.

Tuttavia mi piacerebbe ascoltare le voci di chi si confronta ogni giorno con le classi. Si ha l'impressione che chi fa questo mestiere venga ritenuto praticamente indegno di rappresentarlo, a meno che non faccia parte di qualche schieramento connotato in qualche modo, o si trovi distaccato dall'insegnamento in posizione di osservatore esterno.

Sbaglio?

Vorrei sbagliarmi, vorrei poter dire il contrario, ma a parte qualche raro caso, si sentono suonare alcuni violini di valore, senza dubbio, ma non altri.

Non si odono, se non sommessi nei corridoi e tristemente inascoltati, i violini delle preoccupazioni che ci tengono con il fiato sospeso, quelli della costante incertezza sul futuro della scuola nel quotidiano divenire. Anzi, in giro, tra assemblee sindacali, incontri con esperti, spesso ci si imbatte in ipotesi e risposte molto diverse tra loro che non fanno che aumentare l'ansia.

Intanto il tempo scorre, il futuro anno scolastico è alle porte con una legge delega approvata, ma assolutamente vuota di immagini sicure sugli scenari che ci attendono.

Unica certezza è l'anticipo delle iscrizioni, ma anche per ciò che riguarda tale argomento, con delle limitazioni. Oppure no?

L'ombra del tutor incombe trasversalmente su tutti gli ordini scolastici, ma nella scuola elementare, così mi sembra di aver capito, sarà più che un'ombra, sarà un vero e proprio ciclone che porterà via in modo netto anni di collegialità alla pari.

Con quali conseguenze?

La prima che mi viene in mente è quella che potrebbe vedere un immediato calo di senso di responsabilità nella conduzione, gestione, coinvolgimento psicologico nelle classi di chi non sarà tutor. Se ciò dovesse accadere non sarebbe per colpa delle persone, bensì dell'organizzazione che vedrà un tutor a cui tutti dovranno far riferimento per qualsiasi attività, circondato da alcuni (quanti?) satelliti impegnati in lavori "minori" (quali?).

Una domanda che affiora immediata è la seguente: <<Chi "eleggerà" il tutor?>>.

Supponiamo che spetti al Dirigente decidere: quale clima regnerebbe nelle classi e nei corridoi? E' facile immaginarlo!

Tuttavia anche il tutor non si troverebbe certo in una bella posizione: una specie di "grande maestro" sulle cui spalle ricadrebbe tutto il peso, compreso quello della valutazione e della costruzione del portfolio di ogni bambina/o.

Mi vien da pensare che probabilmente si verrebbe a creare una categoria nella categoria con differenziazione di stipendio. Altro che funzione obiettivo di ormai già antica, poco amata, ma consolidata memoria!

Se per l'organizzazione a modulo si può intuire in qualche modo la posizione oraria e professionale del tutor, non si riesce a capire quale sarebbe nel tempo pieno: ci viene detto da più parti che il tempo pieno non verrà assolutamente eliminato. Ma allora quale lo spazio del tutor in tale modello organizzativo che ha visto i docenti lavorare con una condivisione alla pari di responsabilità educative e didattiche?

Non sarà per caso che si voglia tornare alle attività integrative con una netta separazione tra l'insegnante del mattino e quelle/i del pomeriggio che attiverebbero dei "laboratori" (quali?)?

Spesso ci sentiamo dire: "non vi preoccupate, la scuola siete voi, pensate ai contenuti, non all'organizzazione!", ma molti di noi sanno molto bene quanto incida l'organizzazione sulla qualità e sul clima della scuola e siamo preoccupati per lo spostamento d'attenzione che chi pronuncia tale raccomandazione pretenderebbe da chi ama la scuola e la fa credendo nel suo valore formativo. Invece l'attenzione dovrebbe rimanere vigile e ricordare ogni attimo, senza lasciarsi fuorviare da bei discorsi infiocchettati di facile filosofia, che l'infanzia ha bisogno di tempo per "crescere", che l'anticipo non è ininfluente sul percorso, che spazi adeguati sono necessari sia nella scuola dell'infanzia, sia in quella elementare e media, che avere insegnanti che si rispettano e condividono responsabilità alla pari è importante e proficuo, che il numero degli alunni per classe e adeguate risorse umane ed economiche per sostenere situazioni di disagio sono fondamentali, che il numero di ore per insegnare le materie non dovrebbe diminuire, che la quantità di materie stesse dovrebbe essere contenuta per dar modo alle alunne e agli alunni di rielaborare le informazioni, condividerle cooperativamente, produrre autonomamente, imparare a studiare, che anni e anni di competenze acquisite negli ambiti disciplinari per mezzo di corsi d'aggiornamento e di formazione non dovrebbero correre il rischio di andare dimenticati in un cassetto, che insegnare italiano, matematica, storia, geografia, studi sociali, inglese, motoria, ed. all'immagine, musica.ha preteso da ogni insegnante impegnata/o nei singoli ambiti un'alta specializzazione e condivisione con chi era specializzato negli altri campi.

Perché correre il rischio di vedere inutilizzate delle professionalità preparate a favore di un tutor che per forza di cose non potrebbe riassumere in sé tutte le competenze degli altri docenti?!

A volte guardo la scuola elementare allo specchio, ripercorro a ritroso tutte le attività, la fatica per il cambiamento e per lo sforzo che si é fatto per eliminare ciò che non funzionava, per imparare a lavorare in team, per confrontarsi e superare le diffidenze, per selezionare dai programmi ciò che valeva da ciò che era superfluo, per diventare propositivi in materia di valutazione, per creare percorsi di continuità, per aggiornarsi.e vengo colta da una specie di vertigine.poi mi domando: <<Ma c'era davvero bisogno di creare tutto questo scompiglio, la nostra scuola aveva realmente bisogno di uno sconvolgimento totale?! I bambini e le bambine davvero hanno bisogno di entrare a scuola qualche mese prima? Perché?!>>.

 

29 Marzo 2003

Claudia Fanti

 
 


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