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UNO SPOT TUTTO NOSTRO!


"Lettera a un'altra maestra"

Cara maestra,

In questo strano mondo, che annulla le distanze spaziali e si definisce aperto e pronto al confronto, siamo in realtà molto "soli": si parla democraticamente, si condivide, ci si indigna, ma poi non c'è ascolto da parte di chi conta. Anzi, chi conta fa di tutto per neutralizzare le voci della scuola che prega, implora, s'infuria, si allarma, si arrabatta per mostrare il suo vero volto che non riesce mai a forare gli schermi e le testate dei maggiori quotidiani.

Un volto che, non so per quale motivo, resta velato come quello della contessa di Castiglione ormai avvilita dalle offese degli anni!

Sono appena rientrata da una visita alla fiera "Docet" di Bologna e sono ancora più indignata di prima: per i corridoi animatissimi si aggiravano schiere di insegnanti dell'infanzia ed elementari di ogni età. I volti erano tutti segnati da un'espressione di tesa curiosità mista a preoccupazione. Le parole che si percepivano, tutte, esprimevano dubbio e perplessità sul futuro. Ogni libro di testo subiva una specie di esame per ritrovare il segno della scuola che cambierà chi sa come!

Ho pensato: <<Guarda che strano, tutti questi volti, giovani e meno giovani, a volte vecchi, nascondono professionalità, attività, storie che nessuno là in alto conosce! Quanta umanità dimenticata e continuamente umiliata!>>.

Le gambe e i piedi si gonfiavano nel ripetitivo andirivieni per novità e ricerca di pubblicazioni: tutti erano là per lavoro, a spese proprie, ma chi se ne accorgeva?

Anzi, tutte/i noi siamo persone definite "botti vecchie" in cui il "vino nuovo" non può stare (queste sono le parole pronunciate da uno dei maggiori sostenitori della riforma nell' importante convegno in apertura della fiera).

Chissà qual è l'età che si vorrebbe che avessimo! Chissà quale la preparazione, se non bastano i diplomi, le abilitazioni, le lauree, l'autoformazione, i continui aggiornamenti sostenuti anche a nostre spese!

Improvvisamente, i volti, i corpi, anche i più giovani e scattanti, si sono trasformati ai miei occhi in quarti di bue appena macellati, poi ho pensato che almeno la carne, escludendo i vegetariani, va a nutrire qualcuno. Noi no.

Le nostre esperienze di insegnanti, giovani o vecchie che siano, rischiano di essere sepolte in cantina, nell'angolo delle scope, a causa di una nuova organizzazione che tenterà di comprimerci, dividerci, toglierci spazio e tempo per ciò che ha valore.

E arrivo allo spot che ha inorridito anche me. Quello che si vede e viene detto è un tale insulto alla nostra professionalità che verrebbe voglia di licenziarsi, potendolo fare. Ma non possiamo.

A questi nuovi signori della scuola, tutto ciò che abbiamo imparato, sperimentato e applicato sembra assolutamente non essere mai esistito e quando ripropongono cose che in realtà nella scuola si fanno già, non lo dicono. Anzi, producono in chi ascolta, inesperto, la sensazione che fino a ora si sia scherzato, non insegnato!

Allora, a questo punto, quello della propaganda, vorremmo poter gridare, non più parlare come fino a ieri abbiamo fatto quando ancora speravano in un cambiamento, in una soluzione, in qualche ripensamento dell'ultima ora.

Vorremmo dire in uno spot tutto nostro, che i bambini e le bambine sono ogni giorno in trincea e che non hanno bisogno della scuola riformata, ma della nostra continua volontà di sporcarci le mani, di stare fra di loro seduti alla loro portata, per risucchiare come spugne i loro pensieri e timori, per accogliere le piccole cose di cui ogni giorno ci fanno dono, per superare i conflitti che esplodono ogni minuto fra di loro, i quali vivono in un mondo che offre modelli di grande aggressività e di lontananza da chi è più debole o più piccolo.

Vorremmo poter gridare in uno spot tutto nostro che la lingua madre di cui dovrebbero essere in possesso per comunicare se stessi agli altri è ogni giorno più povera e inadeguata e che mille e ancora mille sono le strategie che mettiamo in atto per aiutarli, forse anche il computer, ma senza tutta quella serena allegria dello spot non nostro, bensì in spazi e tempi ( pieni di grida e pianti e litigi, non soltanto di sorrisi), che vanno restringendosi e si restringeranno ancora di più.

Vorremmo gridare in uno spot tutto nostro che anche la "matematica e le scienze delle cose" hanno bisogno di spazi e tempi e che pure in questo ambito noi insegnanti abbiamo attivato mille e ancora mille piccole strategie per far fronte alle carenze, in termini di materiali e ambienti dell'istituzione, e aiutare schiere di bambini a superare quelle difficoltà che si celano dietro le finte sicurezze di chi "sa usare" un computer: la mancanza di esperienze con le mani in pasto nella realtà.

Vorremmo gridare in uno spot tutto nostro che esistono ancora i libri da leggere insieme, le storie e la storia da narrare e meditare, da discutere e rielaborare, le poesie di cui assaporare insieme, magari seduti su morbidi divani inesistenti, la forma e il contenuto per poi produrne di belle e intense.

Vorremmo gridare in uno spot tutto nostro quanto sia bello e importante scrivere e correggersi anche con la vecchia penna e che gli sguardi dei bambini, che ragionano, tornano indietro sui periodi e li rileggono per dar forma a un pensiero individuale, sono ancora intensi e si riempiono di soddisfazione quando si riesce nell'intento di comunicare sensazioni ed emozioni.

Vorremmo gridare in uno spot tutto nostro il valore di attività che coinvolgano tutti i bambini di una classe, vero e unico laboratorio permanente, come la musica, l'ed. motoria e all' immagine per far fiorire non solo il corpo, ma anche il pensiero, per unificare tutti i contenuti di ogni materia in una grande, anche se faticosa, festa espressiva dello spirito e del corpo.

Molti di noi vorrebbero una realtà in cui poter essere lasciati a lavorare insieme con i colleghi, alla pari, perché è questo che abbiamo imparato con fatica a fare e questo è la nostra forza didattica che vede le nostre professionalità alla prova nel confronto e nell'integrazione per produrre trovate sempre più forti e significative nella risoluzione dei problemi dei singoli e delle classi.

Vorremmo dire in uno spot tutto nostro:<< W il potenziamento e il rispetto del nostro tempo pieno e dei moduli più saggi per poter consolidare almeno una sola volta nella vita lavorativa qualcosa che vale e che è valso la pena provare>>.

Avremmo voluto uno spot tutto nostro in cui affermare:<< Vi daremo una scuola rispettosa dei bambini e della loro età, che offra a tutti loro ritmi distesi di apprendimento e ambienti adatti>>.

Invece dove andremo a finire?

Rischiamo di finire in una scuola che si farà propaganda a colpi di spot sia ministeriali, sia delle stesse istituzioni scolastiche autonome, le quali, attraverso i loro P.O.F ben confezionati e ridondanti delle "nuove" parole della didattica, tenteranno il tutto e per tutto per incantare (se tale operazione non costasse tempo e denaro si potrebbe perfino accettare per dare un po' di soddisfazione a quelli che, ahi loro, li devono redigere, ma così non è!). Rischiamo di finire in una scuola che si autovaluterà producendo valutazioni il più possibile positive per non soccombere: così saranno contenti tutti, le scuole e il ministero che vedrà la propria riforma comprovata da valutazioni positive, nel gioco del serpente che si mangia la coda!

Che belle prospettive: noi, scuole, ci valuteremo bene e rimanderemo all'esterno la nostra bella immagine patinata di vincenti; io, riforma, uscirò trionfante dalle buone valutazioni che di se stesse daranno le scuole e così dimostrerò che valgo.

Non so cosa dire di più se non che mi piacerebbe riuscire poter credere a coloro i quali (ne stimo sinceramente la forza d'animo e intellettuale) vedono ancora un margine d'azione, per poter scegliere i modelli organizzativi, grazie all' autonomia delle scuole, ma ciò non mi consola particolarmente, perché, se anche così fosse, assisteremmo a uno scenario che vedrebbe tanti microcosmi di scuole divise e diverse sul territorio.

6 aprile '03

Claudia Fanti

 


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