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L'autocorrezione è una pratica, una strategia, un modo di vivere l'esperienza scolastica in ogni suo momento...è il passaporto per l'acquisizione di autonomia in ogni campo, così anche quando i bambini sono molto piccoli è fondamentale stimolarla, incentivarla... Nella mia esperienza, ora, in prima elementare, ho approntato numerose attività che la consentano...sì, perchè il problema di poterla far decollare è proprio quello della metodologia in generale che ovviamente deve portare il centro dall'insegnante al bambino. Organizzare giochi di squadra in palestra per l'acquisizione della lettura e della scrittura, per esempio, dà modo ai singoli di misurarsi e confrontarsi con gli altri sia della propria squadra sia di quella "avversaria" per risolvere difficoltà di discriminazione visiva e uditiva e porta alla volontà di "guardare" i grafemi e di "ascoltare" i fonemi fino alla loro identificazione e nel caso essa sia errata alla correzione autonoma con il supporto dei compagni di squadra. In aula, invece, per esempio, dopo un dettato di grafemi, o di sillabe, o di parole, è importante offrire ai bambini materiale strutturato a cui essi possano accedere per confrontare la loro produzione con i modelli e, infine, correggersi attivando l'attenzione visiva e una buona dose di concentrazione sui modelli e sul proprio operato anche con l'aiuto dei partner della coppia (v. lavoro di coppia). Un altro esempio (è solo uno dei tanti) che mi pare utile e che sta dando dei frutti insperati per ciò che riguarda la correzione della lingua parlata (spesso la cenerentola dell'insegnamento) è questo: si lavora a coppie (però sul lavoro a coppie bisognerebbe aprire una finestra perché non significa mettere semplicemente insieme due bambini), i componenti di ogni coppia devono inventare una storiella (da raccontare poi a voce davanti al pubblico dei compagni) in due tempi, due parti, assolutamente non più di due, devono discuterla con il compagno prima di disegnarla; dopo (assolutamente non prima, ciò per stimolare la progettazione orale senza la fretta del disegno) vengono distribuiti due foglietti di dimensioni contenute (per non distogliere l'attenzione e l'energia dal contenuto della storia) a ogni coppia. I bambini della coppia si dividono i compiti: uno disegna la prima parte, l'altro la seconda e ultima (importante dire "l'ultima" per attivare anche il raggiungimento dell'obiettivo del "contenere" la "fantasia" e la "logorrea"). Ogni coppia discute, senza mai chiedere consiglio alla maestra, titolo della storia, colori, dimensioni dei personaggi, elementi dello spazio da evidenziare, ecc...la coppia stessa si corregge per l'uso del colore e per eventuali aggiunte di elementi da rappresentare al fine di rendere chiara la storia con il disegno. Al termine del lavoro grafico, la coppia deve raccontarsi la storia: un bambino una parte, un bambino l'altra, finchè la storia non viene ben chiarita e compresa (è interessante quanto i bambini siano consapevoli di cosa voglia dire parlare in modo chiaro, infatti si sforzano nella correzione del proprio parlato e in quella dell'altro in modo incredibile anche in previsione del fine che è quello della narrazione della storia a tutta la classe). Quando ogni coppia crede di aver raggiunto lo scopo della chiarezza e della "contenutezza" (la storia orale non deve "debordare" dalla fine disegnata nel secondo foglietto!) si propone al "pubblico". A questo punto, tenendo ben in mostra il disegno perchè il pubblico possa verificare la coerenza della storia orale con quella disegnata, la coppia narra: una parte un bambino, una parte l'altro. Qui capita sempre, o quasi, che la coppia, una prima o una seconda volta, chieda di tornare a posto per limare il racconto orale o per "contenere" il finale....oppure succede che sia il pubblico a dire "non si capisce, riprovate", "avete detto così, ma poi non avete continuato a"...! (i salti di passaggi logici vengono immediatamente indicati con stupore!) Nasce un laboratorio di studio e di idee inimmaginabile per risolvere i problemi della comunicazione! La confusione è tanta, ma tutti si danno da fare per "parlare bene", così dicono i bambini...Il tempo impiegato è tanto (anche due giorni), ma le energie mentali e gli obiettivi raggiunti sono innumerevoli (autocorrezione e attenzione alla sintesi, al valore delle parole dette, al significato della preparazione prima della riesposizione, a capire che non basta avere un'idea per saper comunicarla, al significato di studio per socializzare quanto imparato, al valore della ripetizione per chiarire...in ultima analisi si autocorregge anche l'opinione diffusa che basti avere un'idea e lavorarci in fretta per riuscire a comunicarla...più avanti il lavoro servirà anche per molti obiettivi, tra i quali, ma non solo, lo studio delle materie orali e la produzione organizzata logicamente di storie scritte... Alla fine di tutto però si valorizza ogni storia (assicuro che nella quasi totalità si avranno produzioni rispondenti alle caratteristiche della chiarezza, della sinteticità, della logica dei passaggi tra una parte e l'altra...) con gli applausi e con la pubblicazione che per ora è quella di un immenso cartellone su cui campeggiano le storie che sono diventate patrimonio di tutti: personaggi e avventure di ogni coppia sono conosciuti da tutti, così come le difficoltà espressive superate... Claudia Fanti 2003 |
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